ai fornelli, storia & cultura

Perché non si deve seminar zizzania…e il pane veloce da preparare in casa

Maestro dei Jeans – Bambino con tozzo di pane – XVIIsec.
Parliamo di dati raccolti in Piemonte alla fine del ‘700, ma per quanto riguarda i secoli precedenti le condizioni non dovevano essere molto diverse.
Il consumo giornaliero di pane si attestava mediamente sui 500 g pro capite, considerando chi poteva permetterselo, ma poteva raggiungere e superare il chilogrammo a testa.
Il pane, successivamente surclassato dalla pasta, era la base dell’alimentazione e, soprattutto in città, dove la gente non poteva direttamente coltivare un orto, rappresentava la quasi totalità delle derrate alimentari per la popolazione.
Non bisogna però pensare ad un pane simile a quello che conosciamo oggi. Raramente si trattava di pane di frumento, il cosiddetto pane bianco, cibo delle classi abbienti.
Ai poveri del Sud Italia andava meglio, perché i pani popolari erano prodotti con crusca di frumento.
Invece, spostandoci verso nord, per far volume nel macinato venivano aggiunti ghiande, castagne, tutta una serie di cereali meno pregiati e una quantità incredibile di graminacee che oggi sono semisconosciute e non più coltivate neppure per l’alimentazione del bestiame. Si fa l’esempio del miglio o della saggina, in Piemonte chiamata melega, da non confondere con la melia, la farina di mais).
Diffusissima anche la farina di segale, oggi utilizzata per produrre pagnottelle nere, pregiate e più costose del pane comune, che vanno di gran moda sulle tavole colte. Un tempo però il pane nero di segale era tutt’altro che ricercato e decisamente poco appetibile perché più compatto e pesante.
Alcune volte la segale non era affatto sana e portava in sé un rischio.
Era il caso della segale cornuta, dove la spiga veniva attaccata da un fungo molto tossico, la Claviceps Purpurea, contenente dell’acido lisergico (la base dell’LSD!!) che provocava forti allucinazioni, ma anche convulsioni simili all’epilessia e cancrena alle estremità, fino alla mummificazione degli arti. In alcune zone la malattia è indicata come fuoco di Sant’Antonio e assimilata a varie forme di herpes, ma per capirne la gravità basti pensare che a Salem, durante il periodo in cui scoppiò la grande caccia alle streghe e si verificarono numerosissimi casi di allucinazioni e visioni sataniche è dimostrato un enorme consumo di segale molto probabilmente infestata. Si tratta di un vero e proprio evento di storia popolare.
I contadini del Nord Europa, dove si consumava più pane di segale, ammalatisi di questo male si muovevano verso i santuari di Sant’Antonio in Italia per chiedere la grazia ed essere guariti dalla malattia; man mano che si spostavano verso sud cambiavano alimentazione, abbandonando il pane di sola segale infestata e passando a pani con più alta percentuale di frumento, in questo modo i sintomi si attutivano e loro credevano di essere stati miracolati.

Sebbene assai più circoscritto, un fenomeno simile si verificò in Piemonte con il loglio. Si dice “separare il grano dal loglio” intendendo “separare le parti di qualità da quelle dannose”.
Non tutto il loglio è dannoso; si tratta di una pianta erbacea con piccole spighette disposte a formare un’infiorescenza piatta lunga dai 30 ai 50 cm. Comunemente si tratta di una pianta foraggera, spesso impiegata in prati misti per aumentare la produzione di farina, ma anche qui il rischio è a portata di mano.
Un tipo particolare di loglio, il Lolium Temulentum, è anche detto Loglio Ubriacante. Comunemente conosciuto come zizzania, provocava intossicazioni anche di grave entità con vere e proprie alterazioni dello stato di coscienza. 

Il Loglio (a sx) e la Zizzania (a dx) – immagini da Wikimedia Commons

Come nella segale cornuta anche nella zizzania l’intossicazione è dovuta all’infestazione delle spighe da parte di funghi, sempre produttori di alcaloidi tossici, ma un po’ meno della Claviceps Purpurea, che producevano piuttosto effetti simili a quelli dell’alcool.
E’ noto il detto “seminar zizzania” con cui si intende mettere discordia, creare con malizia e cattiveria situazioni di conflitto all’interno di un gruppo.

Da uno dei libri più antichi del mondo si può evincere la parabola della zizzania. 
Un uomo seminò del seme buono nel suo campo ma un nemico di notte  vi sparse la zizzania. I servi ne accorsero solo alla fioritura, poiché la zizzania ha fiori rossi. Ma era difficile a quel punto togliere l’erba cattiva senza rischiare di sradicare il grano. Il padrone allora suggerì ai servi di farlo solo dopo il raccolto, cogliendo prima la zizzania e legandola in fasci per bruciarla, poi il grano da riporre nel suo granaio. Un chiaro riferimento al giorno del giudizio, dove i cattivi saranno separati dai buoni.

Lasciamo ora perdere le erbe cattive e passiamo alla ricetta di oggi:

Pane velocissimo in due ore
Il profumo del pane che si sprigiona dal forno di casa è per me un vero miracolo… tanto più se la ricetta è velocissima e facile, e non impegna più di dieci minuti.
Otterrete delle pagnotte con una crosta croccantina e un po’ umide all’interno, con dei bei buchi di lievitazione grandi grandi.
La ricetta originale l’ho trovata qui, ma a seconda di ciò che volete aggiungere al vostro pane potete modificarla leggermente. Per ora ho fatto del pane bianco con semi di sesamo e con semi di papavero, del pane al finocchio, con i semini nell’impasto e del pane ai cinque cereali.
Per le farine integrali bisogna mischiare la farina con quella bianca ed aggiungere un po’ più di acqua.
Io, rispetto alle dosi originali proposte da Cookaround, ho sempre fatto metà impasto, sufficiente per 2 pagnottelle medie oppure un pagnottone più grande oppure 8 paninetti:

250 g di farina “0” (oppure 150 g di farina ai 5 cereali e 100 g di farina bianca)
185 g acqua (190 g con farine integrali)
1/3 di panetto di lievito
½ cucchiaino di miele
1 cucchiaino di sale

Ho sciolto il lievito nell’acqua tiepida insieme al miele.
Ho messo la farina in uno scodellone largo e ho cominciato ad aggiungere l’acqua e lievito, mescolando velocemente con una forchetta.
Si forma una pastella morbida, quasi fluida e poco lavorata.
Per ultimo ho aggiunto il sale e, se volete, potete aggiungere qualche seme nell’impasto (o le olive, o le noci, o quel che vi pare).
Ho coperto con pellicola trasparente e ho lasciato lievitare al caldo per 2 ore.
Trascorso questo tempo,  ho fatto scaldare il forno a 230° (ma dipende da quale forno avete: il mio è elettrico e ventilato, ma piccolo, quindi tende a surriscaldare).
Ho fatto slittare la pasta nella teglia coperta da un foglio di carta forno; è importante che il lato superiore dell’impasto resti rivolto verso l’alto, perchè si facilita la crescita in forno.
Se volete potete spennellare il pane con olio. Io ho aggiunto solo dei semini in superficie.

Lasciar cuocere per 30 minuti, e poi far raffreddare gradualmente su una gratella.

Pane bianco con semi di sesamo e di papavero
i grandi alveoli di lievitazione
Pane ai 5 cereali
Più compatto ma anche più profumato

Aggiornamento del 8 giugno 2001: pane alle olive.

Aggiornamento del 11 giugno: panini al papavero, semini nell’impasto.

Aggiornamento del 14 giugno: panini alle cipolle rosse di Tropea. (aggiunte a pezzettini nell’impasto prima della lievitazione.
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