ai fornelli, ricette tradizionali

Lisbona e il Caldo Verde


Immaginate una coppia che parte per un viaggio – il primo viaggio che fanno solo in due –  i primi giorni di gennaio alla ricerca di un posto caldo, culturalmente stimolante, dove si mangia bene e non troppo affollato di turisti chiassosi.
il famoso electrico 28

La nostra scelta cade su Lisbona, la temperatura a gennaio oscilla fra i 10 e i 15 gradi, di norma piove, ma il vento del vicino oceano spazza in fretta le nubi e noi amiamo il vento e quel clima variabile e imprevedibile. 

Arriviamo la sera con il buio e la pioggia, un acquazzone incredibile che ci accoglie e ci infradicia e ci fa comprare un ombrellino che ci verrà in soccorso nei quattro giorni seguenti.
Largo di Carmo, Chiado
Lisbona con la pioggia assomiglia alla nostra Torino, dove ci siamo conosciuti e innamorati; è lucida e silenziosa, mentre le sagome scure dei passanti frettolosi compaiono sotto i lampioni e scompaiono subito dopo.
Gironzoliamo per il Barrio Alto, senza una vera meta, godendoci quel luccicare discreto e un’incantevole vista notturna della città dal miradouro de Sao Pedro de Alcantara.
la bianca Torre di Belem in stile manuelino

Il mattino seguente Lisbona brilla, il sole splende incredibilmente, tanto da farci girare con il cappotto aperto, e brilla anche la Torre di Belem, bianchissima e cesellata come se fosse di porcellana finissima.
Dopo un pranzo divino a base di açorda de marisco, una zuppa di pane e pesce, affondiamo i denti nei famosi Pasteis de Belem, tartellette di sfoglia ripiene di crema al latte caramellata, acquistate proprio dove si dice che siano nate, all’Antica Confitaria de Belem e ce le pappiamo ancora tiepide e spolverate di cannella.

il ponte 25 de abril e il Tago

Torniamo verso il centro, al Terreiro do Paço, anche detto
Praça do Comercio, sulle rive del Tago, un superbo ed enorme
quadrilatero che si svela in tutta la sua bellezza e che così si svelava
ai mercanti che approdavano dal Tago. 

L’enorme spianata di Praça do Comercio – Terreiro di Paço

io nella Rua Augusta
Lisbona qui mostra il suo lato regale, ai lati della Rua Augusta, che da qui comincia, si vede la collina di Castelo, con in cima il Castelo de Sao Jorge, dall’altro lato la collina de Sao Pedro de Alcantara e al centro si apre la Baixa, reticolo di strade dritte e ortogonali, fatto costruire in tutta fretta dal marchese di Pombal, ministro del re Joao I, dopo il devastante terremoto del 1755 che aveva lasciato in piedi solo il quartiere arabo dell’Alfama. 
Gli elevadores ci portano nei punti più panoramici di Lisbona, ma ce n’è uno particolare, quello de Santa Justa, che fu progettato da un allievo di Gustave Eiffel (quello della torre). Dalla cima di questa struttura neogotica in metallo che ci porta fin dentro il Chiado, vediamo la Baixa illuminata e tutta la Lisbona vecchia fino al Tago. 
L’elevador de Santa Justa
Affacciati sui tetti dell’Alfama

Il giorno dopo saliamo alla Feira de Ladra, il caratteristico mercato delle pulci del sabato, dove si dice che si possa trovare di tutto e dove bisogna stare attenti ai borseggiatori. L’Alfama invece svela a noi il suo lato più gentile, non sembra affatto rischiosa e il tram 28, un’istituzione per i turisti e i lisboneti, ci porta fino in cima e poi ci lascia al Miradouro di Santa Luzia dove c’è una delle più pittoresche viste dei tetti della Lisbona vecchia. 

l’Alfama dal Miradouro di Santa Luzia

Anche qui un acquazzone memorabile ci coglie di sorpresa e noi ci rifugiamo in un ristorantino dall’aria datata, con gli azulejos alle pareti, le caratteristiche piastrelle che rendono ogni locale vagamente anni ’50. Mangiamo strabene anche qui e, con la pancia piena, ritroviamo una città di nuovo illuminata dal sole. 

Estaçao do Rossio

Ripercorriamo la via Augusta fino alle piazze Dom Pedro IV e Restauradores e scopriamo la splendida Stazione del Rossio, un vero miracolo di arte liberty.
Da qui partiamo il mattino seguente per una gita all’incantevole cittadina di Sintra, che fu una delle residenze estive dei sovrani del Portogallo. Ci rimane impresso nel cuore il suo verde e l’arditezza di certe costruzioni, a volte fin troppo marcate e pesanti, ma che portano agli occhi e all’anima il senso di un popolo così antico e variegato. Influenze arabe e moresche, religiosità cristiana portata all’eccesso e mille altri particolari che sembrano essere un libro di decorativismo medievale a cielo aperto. Visitiamo il Castello dos Mouros e il Palacio de Pena costruito nel 1840, denso di tutti gli stili, dal gotico al manuelino, passando per il rinascimentale e il barocco.

Palacio de Pena
A Brasileira

La sera ci immergiamo nelle suggestioni di una Lisbona malinconica. Il solitario Pessoa di bronzo che, seduto su una panchina davanti al caffé A Brasileira, ci invita per una foto, la magia del fado, una cenetta romantica in un posticino delizioso.
Mangiamo il famoso Caldo Verde, una zuppa semplice e deliziosa, del chourizo affumicato, un saporitissimo formaggetto di capra e annaffiamo il tutto con buon vino e un bicchierino di Porto.

l’ultima sera a Lisbona

L’ultimo giorno vediamo Lisbona dal punto più alto del Parque Eduardo VII.

Parque Eduardo VII

L’urbanistica della città ci è ancora più chiara da quassù. Un ultimo veloce saluto alla Praça de Touros e poi via, con un ricordo di viaggio che ci porteremo dentro per sempre.



La ricetta: Il Caldo Verde di Lisbona 
E’ una zuppa semplicissima, ma veramente saporita. Avevo provato a cucinarla prima di partire, senza aver ben chiaro quale potesse essere il risultato finale… Una volta gustata sul posto, ho provato a rifarla ed è venuta quasi uguale all’originale assaggiato a Lisbona.


Io ho usato per due persone:
250 g di patate già sbucciate
7/8 foglie esterne di una verza
mezza cipolla
uno spicchio d’aglio
olio evo


Ho messo in un pentolino, abbondante acqua per lessare le patate, già sbucciate e tagliate a pezzetti. Ho salato l’acqua e vi ho aggiunto tre cucchiai d’olio, la cipolla e lo spicchio d’aglio spezzato.
Mentre le patate cuocevano ho lavato la verza, l’ho arrotolata su se stessa come un sigaro e l’ho tagliata finemente: deve assomigliare ad erba.
Quando le patate erano morbide, le ho tirate fuori dal brodo e le ho schiacciate ben bene con la forchetta, fino a ridurle in purea. Poi ho versato questa purea di nuovo nel brodo, aggiustando di sale. 
Quando la zuppa riprende bollore, si aggiunge la verza a striscioline. Deve cuocere per circa 10 minuti. L’ho lasciata ammorbidire, ma bisogna stare attenti che tutto il Caldo Verde resti verde e non viri verso il giallo, con una cottura eccessiva.
Questa zuppa si serve aggiungendo un filo d’olio nella scodella e fette di pane di miglio (o integrale, come ho fatto io) e talvolta anche olive nere.
Il fiore all’occhiello sono fettine di chourizo affumicato, circa tre per ogni commensale, aggiunte all’ultimo!

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