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Panini ai pomodori secchi Soffici panini aromatizzati ai pomodori secchi

I veri amanti del pane dovrebbero sempre avere a disposizione il pane giusto per ogni occasione. Ad esempio, per accompagnare una caprese a regola d’arte, con una succosa mozzarella di bufala che fa colare il suo latte, accanto a pomodorini dolci e piccantissimi, della qualità costoluto di Pachino, il pane giusto per raccogliere il sughetto è fondamentale. Read more

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Sedici: l’alchimia dei sapori – il contest – ep. 7 Carnosi

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Brave-bravissime le due vincitrici di #Sedici questo mese per i Fruttati Fioriti:

La dolce eterea delicatezza di Alexandra con i suoi sablé alla rosa e mandorla:

e la formaggiosità golosa di Simona con il suo risotto ai fichi, taleggio e cannella:

Ed eccoci arrivati ad una nuova puntata di #Sedici…andiamo come treni o forse semplicemente tempus fugit e ci troviamo quasi a metà percorso.

Questa volta, temo, i partecipanti saranno un po’ meno perchè dovremo rinunciare alle ricette vegetariane e vegane, ma non potevamo esimerci dal proporre a tutti gli altri anche questi abbinamenti, perchè ce ne sono alcuni davvero stimolanti.

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ai fornelli, biscotti, contest, dolci, foodblogging, ricette originali

Sedici: l’alchimia dei sapori – il contest – ep. 6 Fruttati Fioriti

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Eccoci, dopo la pausa estiva e con alcuni fedeli scalpitanti che aspettano (grazie @Laura!), alla nuova puntata di #Sedici.

Un minuto per ricordare i vincitori del mese di giugno-luglio, con i Fruttati Cremosi, Chiara e Teresa e le loro splendide creazioni.

Chiara, con la sua Torta mousse al cacao, cocco e barbabietola, ci ha stupito per l’utilizzo della barbabietola in abbinamento con la sontuosità del cocco:

torta-mousse-barbabietola

Ed ecco i Fagottini di albicocche e formaggio di capra con miele e timo di Teresa. è che quando leggiamo formaggio di capra non capiamo proprio più nulla! 😀

fagottino-albicocche-caprino

Veniamo ora alla famiglia del mese: altri fruttati…quelli fioriti questa volta. Non abbiamo trovato niente di più intrigante che proporvi questi frutti dell’estate assieme alla dolcezza di alcuni fiori e del cioccolato bianco che per note aromatiche è vicino a questa famiglia.

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Crema tiepida di zucchine con menta, code di gambero e zeste di limone, per il Besiosa di Crocizia

Io non conoscevo i network di acquisto. Avevo sentito parlare dei gruppi di acquisto solidale, ma non avevo mai avuto modo di approfondire il discorso.
Qui in casa ci piace abbinare il vino ai piatti che cucino…è un vizio di famiglia…e quando possiamo visitiamo le cantine di diverse zone del Piemonte per acquistare vini di cui abbiamo modo di approfondire il processo di produzione e dei quali ci è stata raccontata la storia.
Per conoscere i vini di altre zone d’Italia i nostri pochi viaggi non bastano e quindi ci dovremmo affidare a chi ha fatto della scelta dei “buoni produttori” il proprio mestiere.
Goodmakers.it è un network d’acquisto che si basa su un principio semplicissimo: più persone decidono di acquistare un vino, più il prezzo scende, per toccare delle punte di sconto del 20% sul prezzo iniziale. Sulle schede si trovano tutte le informazioni ed ogni curiosità è soddisfatta…manca solo la faccia del produttore, ma chissà che non arrivi presto anche quella!
Le
vendite su Goodmakers.it non fanno concorrenza alla vendita di tipo
tradizionale in quanto ogni prodotto viene proposto per una sola volta e
per periodi di tempo limitati, dando voce ad infinite realtà produttive di qualità.
Alla base c’è il concetto di condivisione sui social
dei propri acquisti, così da stimolare gli amici a fare lo stesso e far
scendere il prezzo. Ogni mese c’è tempo fino al giorno 20, poi si cambiano produttori ed etichette.
Grazie a Goodmakers.it io ho conosciuto un vino della provincia di Parma, dell’azienda vinicola Crocizia: Besiosa, termine che in dialetto indica una donna «pignola, determinata e un po’ pedante, dal
carattere forte, puntiglioso e grintoso, cresciuta tra i boschi
dell’Appennino parmigiano
».
Questo vino è prodotto da uve Malvasia di Candia Aromatica, vinificate in secco. Viene fatto fermentare in bottiglia e nel momento in cui si stappa rivela tutta la sua carica vitale di bollicine, proprio come una donna che ha tenuto la bocca chiusa per un po’ e sbotta, finalmente, inarrestabile. 
Il colore è carico, quasi aranciato e il profumo è fruttato, fresco, quasi tendente al dolce, di albicocca e pesca, con note agrumate.
All’assaggio poi si svela un gusto pieno, secco, ma fresco e potente al tempo stesso, forte anche della carica alcoolica, 12% vol.
Io ho pensato che fosse perfetto per una verdura estiva, grazie alle sue note fruttate, per un piatto fritto, grazie alla sua carica di bollicine, e per i crostacei, grazie alla pulizia delle sue note aromatiche.
Così nasce questo piatto: una crema di zucchine, servita tiepida, delicata ed erbacea, che viene resa più briosa dalle zucchine fritte adagiate in superficie, dalle code di gambero e dalle zeste di limone.
La ricetta: Crema tiepida di zucchine con menta fresca, code di gambero e zeste di limone
(per 2 persone)
2-3 zucchine medio-grandi
un rametto di menta fresca
1/2 cipolla
1 patata (circa 140 g)
1/2 bicchiere di latte
10-12 code di gambero
la buccia (solo il giallo di mezzo limone non trattato)
olio extravergine di oliva
olio di semi per friggere
sale
pepe
Far lessare la patata in un pentolino d’acqua.
Tagliare le zucchine a dadini, tenendo da parte 8-10 rondelle sottili per la decorazione del piatto.
Far ammorbidire le zucchine in padella con la mezza cipolla tritata, aggiungendo poca acqua all’occorrenza. Verso la fine della cottura aggiungere le foglie di menta tritate finemente.
Schiacciare la patata con la forchetta e poi, in un pentolino, amalgamarla ad un po’ di latte e ad un filo d’olio fino a rendere il composto cremoso.
Frullare le zucchine morbide, aggiungendo poca acqua se necessario. Aggiungerle alla crema di patata, regolando poi di sale e pepe macinato al momento. Condire con un cucchiaio di olio evo a crudo e tenere a temperatura ambiente.
Friggere le rondelle di zucchina, le zeste di limone tagliate a fili sottili (solo per pochissimi istanti) e le code di gambero. Io per un fritto più leggero ho infarinato le code di gambero con la buccia, così che la polpa non resti unta, e le ho passate nell’olio bollente per un paio di minuti.
Comporre la fondina con la crema di zucchine tiepida, le rondelle di zucchina e i gamberi fritti ed infine le zeste di limone.
Questo piatto, per i suoi sapori e colori, è delizioso come piatto estivo pur non essendo un piatto freddo. In particolare il Besiosa di Crocizia conferisce all’abbinamento un certo brio, grazie alle sue spumeggianti bollicine, mentre le zeste di limone fanno risaltare particolarmente al palato le caratteristiche note agrumate.
Io vi ho spiegato quanto è particolare  questo vino e vi ho consigliato un abbinamento, voi che aspettate a registrarvi nel gruppo d’acquisto e far scendere il prezzo??? Abbiamo tempo solo fino al 20 luglio!!
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Il Taste & Match di Torino e la mia dolce ricetta

Quando l’oste Fernando di Winexplorer mi ha proposto di partecipare alla seconda edizione torinese del Taste&Match ho fatto un salto di gioia. Mettersi alla prova in cucina, soprattutto misurarsi con il gusto di assaggiatori esigenti è sempre una bella sfida per me. Certo non è semplice far calzare perfettamente un piatto ad un vino, ma quando l’esperimento riesce son gioie per il palato.
Il vino che mi è stato assegnato è un passito molisano DOC, Apianae Di Majo Norante, al 100% Moscato Reale. Ancor prima di assaggiarlo mi sono un po’ documentata sulla storia di questo vino, Apianae altro non è che l’antico nome del vitigno Moscato Reale, coltivato fin dal 200 a.C. e forse ancor prima. Questo vino ha viaggiato nei secoli, passando per le corti papali fino ai giorni nostri e all’assaggio conserva tutto il gusto del sole molisano. Per questo nello studiare un dolce da abbinargli ho pensato subito a qualcosa che richiamasse la tradizione del Meridione: mandorle, miele, acqua di fiori d’arancio, in una gustosa crema di uova.
Così ho ricordato certe tortine di origine medievale, che avevano proprio il miele e l’aroma di fiori d’arancio tra gli ingredienti principali. Dall’idea alla prova pratica il passo è stato breve e sono nati questi dolcini che ho dedicato al mio personaggio medievale preferito, Federico II di Svevia, amante della poesia e delle arti, che scorrazzando per il sud Italia, forse ha anche avuto la possibilità di assaggiare questo pregiato vitigno.
E voi, non siete curiosi di assaggiare questa e le altre ricette degne di un imperatore?
Il Taste&Match si svolgerà il 10 novembre a Torino, nell’elegante cornice del Circolo dei Lettori. Ci saranno 8 vini in degustazione, abbinati ad 8 ricette cucinate da altrettante foodbloggers. La serata ha un costo di 35 € e i posti sono limitati. Acquistando i biglietti online direttamente sul sito di Winexplorer avrete uno sconto del 10%, quindi… prenotatevi subito a questo link!!! 😀

La ricetta: Alla corte di Federico II, mini quiches alle mandorle, miele e acqua di fiori d’arancio, con salsa al moscato reale e zafferano.
Per la pasta brisé:
200 g di farina 00
90 g di burro
70 ml d’acqua freddissima
1 cucchiaino di aceto
1 cucchiaio di zucchero
Per il ripieno:
1 uovo
50 g di mandorle pelate e tritate grossolanamente
50 g di miele (di tiglio oppure di fiori di agrumi)
125 ml di panna liquida
acqua di fiori d’arancio
cannella
Per la salsa:
1 uovo
2 cucchiai di miele
1 cucchiaio di maizena (o di farina 00)
150 ml di latte
1/2 bicchiere di moscato reale Apianae Di Majo Norante
zafferano
Ho preparato la brisè: ho mescolato la farina con lo zucchero e versato un cucchiaino di aceto nell’acqua fredda di frigo. Poi ho impastato la farina con il burro freddissimo a cubetti ed aggiunto gradualmente l’acqua fino a formare una palla di impasto. Poi, senza far scaldare l’impasto, l’ho riposta in frigo fino al momento di stenderla.
Ho preparato il ripieno: ho montato le uova con lo zucchero e il miele, aggiungendo l’acqua di fiori d’arancio e la panna liquida e mescolando con cura; ho cosparso il fondo delle tortine di granella di mandorle e poi ho colmato con un mestolino di crema
Ho messo a cuocere in forno caldo a 180° finché la crema non era rassodata e leggermente caramellata.
Ho preparato la salsa di accompagnamento, mescolando 1 uovo con la maizena setacciata e 100 ml di latte intiepidito. Ho aggiunto 1/2 bicchiere di vino e poi, mettendo sul fuoco a bagnomaria, ho dolcificato  con il miele. Ho lasciato rassodare mescolando in continuazione, finché non ha preso un po’ di tono, ma senza che la salsa rassodasse troppo.
Ho composto il piatto con una tortina ed una cucchiaiata di salsa, decorando con un pizzichino di zafferano in polvere.

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L’Infigghiulata, una ricetta per “Io La Mafia Me La Mangio”

E’ stranissimo accorgersi dopo tanti anni come alcuni ricordi personali che credevo avrei portato dentro per sempre si siano persi nella memoria e siano diventati nebulosi e fragili, come una carta troppo vecchia e consumata; mentre altri, che invece  sembravano riguardarmi molto meno da vicino, restano scolpiti dentro, marchiati a fuoco sulla mia pelle.
Ricordo perfettamente dove mi trovavo il 19 luglio 1992 alle 16:58.
Ero in vacanza, in Sardegna, ed era troppo caldo per stare fuori. Il pomeriggio, fin dopo le sei, si stava in casa ed io ero da mia nonna, nell’unica stanzetta al piano superiore di una casa antica che si snoda tutta al piano terra. Ricordo la luce, vivida, dei paesi mediterranei, probabilmente la stessa luce che c’era a Palermo quel giorno. 
Ricordo il caldo e ricordo che vivevo un periodo solitario, in cui amavo chiudermi in me stessa, scrivevo su un diario e ascoltavo canzoni alla radio che fermavo su musicassette, da riascoltare all’infinito.
Tra due giorni saranno passati 20 anni, ma ricordo il preciso istante in cui le trasmissioni si sono interrotte e la notizia dell’attentato si è diffusa. Che tutto si è fermato, anche io. Sono rimasta ad ascoltare, mi sono detta: un altro…e adesso?

Il 23 maggio il terribile attentato di Capaci, con cinque quintali di tritolo, aveva falciato il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta; a luglio, neanche due mesi dopo, la stessa sorte era toccata a Paolo Borsellino, sotto casa della madre; con lui persero la vita Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Ai suoi funerali Antonino Caponnetto,
il vecchio giudice che diresse l’ufficio di Falcone e Borsellino, disse: «Caro
Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta
di ciascuno di noi
». 
Ad un’intervista rilasciata nel 1994, disse anche: «Un giudice vero fa quello che ha fatto Borsellino, uno che si trova solo
occasionalmente a fare quel mestiere e non ha la vocazione può
scappare, chiedere un trasferimento se ne ha il tempo e se gli viene
concesso. Borsellino, invece, era di un’altra tempra, andò incontro alla
morte con una serenità e una lucidità incredibili
».

I giudici Falcone e Borsellino sono stati la punta dell’iceberg di una marea di vittime di un sistema  tremendo e crudele che voleva/vuole sostituirsi alla legalità dello Stato. Dopo le morti eclatanti dei due giudici, tanti colpi sono stati segnati dallo Stato ai danni della mafia, ma ancora c’è da combattere. Combattere contro una mentalità ancora radicata in molti, anche nelle nuove generazioni, di coloro che erano davvero troppo piccoli per ricordare il 23 maggio o il 19 luglio 1992.

A me, cresciuta in una grande città del Nord, sembra incredibile che ci possano essere giovani siciliani di meno di trent’anni che  sostengono che almeno il “sistema mafia” fa qualcosa per quel popolo che è stato dimenticato dallo Stato. Mi sembra terribile che un ragazzo possa vedere il proprio motorino, rubato un paio di giorni prima, ora guidato da un altro ragazzo poco più grande di lui, ma con conoscenze in ambienti mafiosi,  e possa dire con una certa indifferenza: «E’ andata così, che posso farci? Niente.»  Eppure questa mentalità è ancora radicata in molte coscienze.
Qualcuno sostiene che per essere liberi  bisogna andarsene dalle terre del sud, che solo al Nord si può costruire un futuro.

Per fortuna ci sono altri, i Coraggiosi, che si rimboccano le maniche e si sporcano le mani per ricavare qualcosa di buono dalla loro terra. 

Dal 2001 dalla volontà di alcuni coraggiosi nasce Libera Terra, fondata da Don Luigi Ciotti e Giancarlo Caselli; il marchio che raggruppa diverse cooperative aderenti a un progetto di recupero delle terre confiscate alle organizzazioni mafiose. L’esperimento pilota è stato quello della cooperativa intitolata a Placido Rizzotto, nel comune di S. Giuseppe Jato, ma poi ne sono sorte tante altre, in Sicilia, in Calabria e in Puglia. 
Le cooperative producono e mettono in vendita prodotti della terra, quali legumi, pasta e farine biologiche, conserve, miele e vino, e organizzano interessantissimi campi di cooperazione per far conoscere a chiunque volesse le realtà del luogo. A 11 anni dal primo esperimento, il cammino è appena iniziato ed ancora in salita, ma è importante che queste realtà di conoscano, per far sì che giunga il mesaggio che un’altra strada è percorribile, non senza difficoltà, per far cambiare le cose.
Valeria di Due Cuori e Una Forchetta ha lanciato l’iniziativa “Io La Mafia Me La Mangio!”. Noi foodblogger sappiamo parlare di cibo ed è con il cibo che comunichiamo, rendendolo veicolo anche di messaggi così importanti. Se volete partecipare, acquistate un prodotto Libera Terra, reperibile alla Coop e sul loro sito e cucinate una ricetta; Valeria le raccoglierà tutte, come tante voci fino a formare un coro di “IO LA MAFIA ME LA MANGIO!”.

Io ho scelto di partecipare a questa raccolta con un vino, il Placido Rizzotto Rosso di Sicilia IGT I Cento Passi, ottenuto da vitigni Nero d’Avola, Perricone e Sirah.
A questo vino ho abbinato una ricetta tipica siciliana, l’Infigghiulata, un pane condito che si preparava nelle case contadine con lo stesso impasto del pane settimanale e veniva farcito con acciughe o con salame, provola o ricotta, e poi tagliato a fette. Per alcuni il nome di questo pane deriva dal fatto che veniva preparato per i figlioli di casa, per gratificarli con qualcosa di goloso.
Mi piace pensare di aver fatto questa ricetta, in passato preparata dalle donne  di casa, per le donne che hanno saputo uscire dal cerchio della mafia, con coraggio e forza; tra le tante: Rita Atria, Serafina Battaglia, Carmela Iuculano, Felicia Bartolotta Impastato…

La ricetta: Infigghiulata
300 g di farina (meglio 100 g di semola di grano duro e 200 di farina 00)
1/3 di cubetto di lievito
½ cucchiaino di miele
1 cucchiaino colmo di sale
Acqua
Per il ripieno:
acciughe sott’olio
pomodori secchi sott’olio
provolone semistagionato dei Nebrodi (si possono usare anche ricotta, lasciata scolare dall’acqua per una notte, oppure salame stagionato, o anche sugo, se si vuole un risultato più umido e “rosso”)

In abbinamento il vino Placido Rizzotto Rosso di Sicilia IGT “I Cento Passi”

Ho preparato l’impasto sciogliendo il lievito in un bicchiere con poca acqua tiepida, il miele e un cucchiaio di farina 00. Ho lasciato riposare per 10 minuti, finchè non era ben gonfio.
Ho mescolato la farina con il sale ed ho aggiunto la miscela di lievito, cominciando ad impastare, aggiungendo man mano l’acqua tiepida fino a formare un impasto morbido e liscio.
Ho messo a lievitare in una grossa ciotola coperta con pellicola unta e ben al riparo dalle correnti, per circa 3 ore.
Ho diviso in due l’impasto e ho ricavato due ovali spessi circa un centimetro, con il mattarello. Su ogni ovale di pasta ho disposto il provolone, i pomodori secchi tagliati a striscioline e le acciughe a pezzetti.
Ho arrotolato ogni ovale, partendo da uno dei due lati lunghi ed ho ricavato due salsicciotti che ho deposto sulla teglia, spennellandoli di olio.
Ho fatto cuocere in forno caldo a 220° per dieci minuti e poi a 200° per altri 10 minuti.
I sapori decisi delle acciughe e dei pomodori secchi si sposano a meraviglia con il vino Placido Rizzotto Rosso.
 

ai fornelli

Il calamaro che scoppia di sapore!!!

Ahimé, oltre a scoppiare di sapore, grazie al gusto avvolgente della mozzarella di bufala, i miei calamaretti sono proprio esplosi durante la cottura!!!
Forse li ho riempiti troppo… Così, però hanno dato un ottimo sapore anche al sughino sottostante. 
Avrei potuto scegliere dei calamari più grandi, anche più facili da farcire… però questi cuociono veramente in pochissimo tempo, restando teneri, e per il tipo di ripieno erano i più adatti. 
La ricetta: Calamari ripieni di mozzarella di bufala su una stuoia di fagiolini
ingredienti (per 2 persone)
500 g circa di calamaretti
100 g circa di mozzarella di bufala
200 g di fagiolini
2 grossi spicchio d’aglio
1 cucchiaino di capperi
prezzemolo e basilico
1 fetta di pane (la mollica)
vino bianco
Per prima cosa ho lessato al dente i fagiolini. Li ho divisi in due parti, una per il ripieno, l’altra per decorare il piatto.
Nel frattempo ho pulito i calamari, mettendo da parte le sacche.
Ho messo la fetta di pane ad ammollare in un dito di vino, e poi l’ho strizzata e sbriciolata.
Ho tritato i tentacolini e li ho messi a rosolare in due cucchiai d’olio con un grosso spicchio d’aglio.
Dopo qualche minuto ho aggiunto una parte dei fagiolini lessati, tagliati a pezzettini lunghi un cm. Ho rigirato per qualche minuto. Ho sfumato con il vino bianco e poi ho aggiunto prezzemolo e basilico tritati e i capperi, sciacquati ben bene. Infine ho aggiunto la fetta di pane sbriciolata.
Prima di spegnere, eliminare l’aglio, assaggiare ed eventualmente regolare di sale.
Ed ora, Calamaro, a me! 
Armata di santa pazienza, perchè erano piccolini, ho riempito le sacche dei calamari con il ripieno, aggiungendo in ciascuno qualche pezzettino di mozzarella di bufala, lasciata a scolare dal latte per una decina di minuti.
Fatto ciò occorre chiudere i calamari con uno stecchino.
Io li avevo dimenticati e quindi ne ho fatto a meno, anche perchè in cottura il calamaro si restringe e quindi il ripieno esce difficilmente con una cottura così breve.
I miei, purtroppo, hanno avuto un altro genere di incidente e si sono aperti in lunghezza. Dalla foto sembrano quasi più belli così!!!
Li ho fatti rosolare velocemente in olio e aglio, aggiustando di sale e di pepe.
Una volta cotti ho messo in fila una manciata di fagiolini sul piatto e sopra ho fatto sdraiare i miei calamaretti, che sono velocemente finiti in pancia!!
E sopra ci abbiamo bevuto un Gavi del 2009, dell’azienda agricola di Cinzia Bergaglio, acquistato personalmente in cantina!
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