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ai fornelli, ricette originali

Strudel salato con broccolo romanesco e pomodori secchi

Niente di più semplice e  veloce.
Di solito per le preparazioni salate utilizzo la brisé, ma per lo strudel salato no, ci vuole la pasta sfoglia che resta ricca e friabile intorno alla verdura.
Non aggiungo mai il formaggio, che trovo appesantisca troppo la composizione. Solo verdure, e tra queste prediligo i broccoli, in particolare il romanesco, dal gusto più delicato, che hanno una consistenza morbida che svolge la stessa funzione legante del formaggio.
Questa volta per insaporire ho aggiunto le acciughe e i pomodori secchi.

La ricetta: Strudel
ingredienti per 2 persone:
1/2 broccolo romanesco lessato
2 filetti di acciuga sott’olio
1 manciata di pomodorini secchi
olio evo
sale
1 spicchio d’aglio
1 peperoncino essiccato
1/2 rotolo di sfoglia rettangolare
Ho messo ad ammorbidire i pomodori secchi in una tazza di acqua tiepida.
In una padella ho fatto scaldare l’olio con lo spicchio d’aglio pelato e il peperoncino schiacciato. Poi ho aggiunto le acciughe, le ho fatte sciogliere battendole con il cucchiaio di legno. Ho messo i broccoli in padella e li ho fatti insaporire con i pomodori secchi, rigirando di tanto in tanto ed aggiungendo qualche goccino d’acqua. 
Quando i broccoli sono più morbidi, ma asciutti, dopo circa 6-8 minuti in padella, li ho fatti raffreddare ed infine ho farcito la sfoglia, arotolandola con l’aiuto di carta da forno.
Ho infornato a 190° per circa 20 minuti, o fino a doratura.

Lasciar intiepidire 5 minuti prima di tagliare a fette e servire.

ai fornelli

Blåbärssoppa, una zuppa di mirtilli dalla Svezia…di corsa…

Finalmente, dopo essermi persa tanti appuntamenti, riprendo a partecipare all’Abbecedario Culinario d’Europa, questo mese ospitato da “Un Uomo dal Bagno alla Cucina“.
Vi accennerò soltanto che nel vedersi approssimare il periodo Svezia ho preparato
un delizioso lax-pudding prima di controllare quale fosse la ricetta
riservata al blog ospitante l’iniziativa…era quella naturalmente, L come lax-pudding, ed ho dovuto cercare un’altra ricetta. Non che fosse difficile, ci sono diversi spunti, soprattutto tra i dolci, profumati di spezie, cardamomo e cannella in particolare.
La scelta però è caduta su una bevanda molto particolare, che ho scelto per il suo ingrediente principale, il mirtillo, che nella ricetta originale svedese è il mirtillo selvatico, più piccolo ed asprigno del suo “collega” coltivato.
La blåbärssoppa è anche la bevanda ufficiale della Vasaloppet, la più antica e lunga gara sciistica della storia. La prima edizione moderna di questo evento si è svolta nel 1922, ma la leggenda dice che la gara si ispiri alla fuga di Gustavo Vasa dai nemici danesi. 
Facciamo un salto temporale fino al 1520, epoca sanguinosa e violenta. 
Cristiano II
Il danese Cristiano II, (non a caso soprannominato Cristiano il Tiranno) appena incoronato sovrano di Svezia, dopo una guerra lunga e sanguinosa, e dopo essersi formalmente impegnato ad avere nella sua amministrazione soltanto funzionari svedesi, voleva eliminare rapidamente e definitivamente i molti oppositori al suo governo e , soprattutto, voleva accaparrarsi il diritto di ereditarietà in una monarchia che fino al quel momento era stata elettiva. 
Cristiano cercava un metodo sbrigativo per togliersi il fastidio e così invitò al suo castello tutti i nobili svedesi, con il pretesto di discutere le condizioni di una pace. Nel bel mezzo del banchetto le truppe fecero irruzione nella sala, prelevando alcuni dei nobili presenti. Poi accadde ancora e ancora, nell’agitazione generale. Il bilancio dei tre giorni di “banchetto” fu di 82 nobili e funzionari decapitati. L’evento passò alla storia come “Il Bagno di Sangue di Stoccolma“.
Insomma Cristiano II aveva un senso dell’umorismo quantomeno discutibile…
Gustavo I Vasa
Nel mentre Gustavo Vasa, i cui parenti si trovavano imprigionati alla “corte” di Cristiano I, fuggì sugli sci, nella neve, attraverso la regione storica della Dalarna, per guadagnare la salvezza e la libertà in Norvegia. A metà del suo percorso riuscì a convincere un gruppo di svedesi ribelli a far partire una rivolta che riportò gli svedesi al potere e Gustavo Vasa sul trono di Svezia nel giugno del 1523. 
La Vasaloppet, gara sciistica di fondo e a lunga percorrenza, tra le città di Sälen e Mora, 90 Km in tutto, vuole proprio ricordare la corsa di Gustavo Vasa verso la Norvegia e l’impennata d’orgoglio degli svedesi contro l’occupazione danese. 
La prima gara moderna si è disputata nel 1922, e la più recente nel 2013, vedendo vincitore lo sciatore norvegese Jørgen Aukland.

La tradizione vuole che all’arrivo i partecipanti alla gara vengano rinfrancati con una blåbärssoppa calda-calda. La stessa bevanda può essere bevuta anche fredda d’estate e vi assicuro, avendo provato entrambe le versioni che risulta davvero dissetante, pur essendo zuccherata.
Per enfatizzarne il gusto ho utilizzato una certa quantità di mirtilli freschi e una parte di succo di mirtillo selvatico, quelloc he trovate in bottigliette. L’ideale sarebbe utilizzare un succo di mirtillo non zuccherato, oppure regolare la quantità di zucchero a vostro piacimento, assaggiando la blåbärssoppa durante la preparazione.
Su alcuni blog stranieri l’ho vista decorata con biscottini o con un ciuffo di panna…a voi la fantasia di renderla speciale.

La ricetta: Blåbärssoppa
375 ml di succo di mirtillo
125 ml di acqua
2 cucchiai di fecola di mais
2 cucchiai di zucchero chiaro di canna
2 fette di limone
100 g di mirtilli freschi
Ho messo in un pentolino il succo di mirtillo con l’acqua e metà dei mirtilli freschi. Ho aggiunto lo zucchero di canna e due fette di limone. Ho portato ad ebollizione e nel mentre ho mescolato in una tazza a parte la fecola con qualche cucchiaio di succo di mirtillo caldo, eliminando ben bene i grumi. Ho aggiunto la fecola sciolta nel pentolino ed ho fatto inspessire un po’ la blåbärssoppa prima di togliere dal fuoco.
Ho eliminato le fette di limone e versato in bicchieri, aggiungendo in superficie i mirtilli restanti, ben lavati e spolverando leggerissimamente di cannella nella versione calda.



ai fornelli, ricette tradizionali

Cubetti di polenta farciti con Cögnà all’albese

In estremo ritardo (scade tra 27 ore!!) partecipo anch’io alla seconda raccolta di Valentina di Cucina & Cantina con i prodotti di Mariangela Prunotto.
Questa volta la raccolta era incentrata sulle ricette del Natale, con la libertà di scegliere un qualsiasi prodotto Prunotto e una qualsiasi categoria di ricetta. 
Io ho scelto la cögnà all’albese e, con la scusa, ne parlo a chi non la conosce. 
Si tratta di una salsa, a volte viene definita mostarda, ma non è del tutto esatto; io, da profana, la definirei più simile ad una marmellata.
Comunque la si voglia catalogare è una specialità unica che, manco a dirlo, ha una lunghissima storia. Ho letto che un paio di generazioni fa gli albesi non sapevano neppure cosa fosse la cögnà dei loro antenati…la ricetta si era quasi perduta. Poi qualcuno l’ha riportata in auge ed ora viene sempre proposta tra le salse per i bolliti di carne e tra le confetture d’accompagnamento ai formaggi.
La ricetta non è unica, anzi varia da cascina a cascina, ma il componente principale è sempre il mosto d’uva, di solito uve raccolte tardivamente. 
Al mosto, passato al setaccio per togliere i vinaccioli, venivano aggiunti quei frutti che facilmente si trovavano nelle cascine nel periodo di preparazione della cögnà: mele, mele cotogne e pere; qualche ricetta prevede l’aggiunta di fichi. Il tutto viene fatto cuocere per 14/16 ore a fuoco lento. L’aggiunta di zucchero non è necessaria, perchè il mosto fa da conservante naturale per la frutta. A fine cottura vengono aggiunte anche le noci e le nocciole, che rendono questa conserva ancora più golosa. 
Tradizionalmemte veniva conservata nelle tupine, dei grandi vasi di coccio, tenuti al fresco nelle cantine e coperti semplicemente da un piatto.
La cögnà, come potete immaginare non è molto dolce, ma è una vera sorpresa dal punto di vista dei tanti sapori diversi che ne emergono.
Se oggi è servita coi formaggi e le carni, un tempo rappresentava un insaporitore per la polenta.
Io ho voluto seguire la tradizione e farne un simpatico finger food. I cubetti di polenta sono di per sè già saporiti, ma il contrasto con il dolce delicato della cögnà è sorprendente.
Questa storia di abbinamenti è perfetta per introdurre i pranzi dei giorni di festa.
La ricetta: Cubetti di polenta farciti con Cögnà all’albese di Mariangela Prunotto.
(per 6 cuboni)
75 g di farina di mais precotta per polenta
250 ml d’acqua
1/2 cucchiaino di sale
parmigiano grattugiato 
50 g di gorgonzola
1 cucchiaino di burro
In un pentolino ho portato ad ebollizione l’acqua. L’ho salata e vi ho versato a pioggia la farina di mais, sempre mescolando. Ho continuato a mescolare finchè tutta l’acqua era assorbita, poi ho versato il gorgonzola tagliato a cubetti e il parmigiano grattugiato. Ho inumidito un recipiente quadrato con acqua fredda e vi ho versato la polenta, livellandola con il dorso di un cucchiaio bagnato.
Ho lasciato raffreddare per almeno un’ora, meglio di più.
Ho sformato il parallelepipedo di polenta su una teglia da forno, foderata di carta forno e l’ho tagliato in 6 cubi. Con uno scavino da melone ho scavato i cubi, tenendo da parte la prima semisfera e poi rendendo il buco più profondo, fin quasi in fondo al cubetto. Poi ho riscaldato tutto in forno per qualche minuto.
In ogni cubo ho deposto 2 cucchiaini di cögna Mariangela Prunotto. Ho completato con la calottina tenuta da parte ed ho servito su cavolo rosso affettato finissimamente.
 Come detto sopra con questa ricetta partecipo alla raccolta di Valentina del blog Cucina e Cantina, in collaborazione con Mariangela Prunotto “Raccolta di Natale”.

ai fornelli, ricette tradizionali

Nonnevotten, le frittelle dei Paesi Bassi

Dopo la Rijstevlaai, ancora una ricetta della Limburg per la raccolta Abbecedario Culinario dell’Unione Europea, che questo mese si svolge sul blog di Mony, Gata da Plar, dedicato ai Paesi Bassi, e ancora una ricetta dolce.
Archiviate le feste natalizie già si pensa al Carnevale ed arriva il tempo delle frittelle. I dolci fritti sono simili in ogni parte del mondo e queste frittelle olandesi non sono molto diverse dalle zeppole.
Una simpatica curiosità questa volta riguarda il loro nome: letteralmente nonnevot significa “sedere di monaca”; pare che le monache francescane nel tardo ‘800 avessero in effetti un nodo simile sul di dietro del loro saio e questi dolci sono stati chiamati così per questa ragione.
Ho cercato su
google delle immagini per capire come vengono servite: alcune sono
spolverate di zucchero e altre servite al naturale. Secondo me si
possono anche farcire di crema, come i classici krapfen…l’importante è
farle e gustarle quasi subito, quando sono ancora calde.

La ricetta: Nonnevotten

(per 12 pezzi)
275 g farina manitoba
125 g di latte
10 g di lievito di birra
30 g di burro
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale

olio per friggere

Ho sciolto il lievito di birra nel latte tiepido con mezzo cucchiaino di zucchero.
Ho mescolato 200 g di farina con il sale e lo zucchero.
Ho fatto sciogliere il burro.
Ho cominciato ad impastare versando il latte nella farina, fino a formare una pastella densa. Poi ho aggiunto il burro sciolto, ormai tiepido.
Gradualmente ho aggiunto i restanti 75 g di farina, fino ad ottenere un impasto lavorabile,  morbido ma non appiccicoso.
Ho messo a lievitare in un recipiente coperto da pellicola fino al raddoppio.
Ho diviso l’impasto in 12 porzioni ed ho lavorato ciascuna nel seguente modo: l’ho impastata dolcemente per qualche istante, ne ho ricavato un serpentello cicciotto e da questo ho ricavato un nodo.
Ho messo i nodi a lievitare per circa mezz’ora in un luogo caldo, ben distanziati e coperti da pellicola.
Ho fatto scaldare l’olio di semi e vi ho fritto ogni nodo finché non era dorato e poi l’ho fatto asciugare sulla carta assorbente.
Ho rotolato le frittelle nello zucchero semolato e subito servito.

 E anche questa ricetta finisce nell’Abbecedario Culinario dell’Unione Europea!!

ai fornelli, ricette tradizionali

# 15 – Calendario dell’Avvento – Speculoos

Gli Speculoos sono biscotti tipici natalizi, ancora una volta del Nord Europa, e suggellano direi in modo definitivo il mio amore per le terre del nord. 

Il loro nome, Speculoos/Speculaas, ha un’assonanza con le spezie con cui sono aromatizzati: un tripudio, di cannella, zenzero e chiodi di garofano, ma anche noce moscata e cardamomo. In realtà però il significato del nome è un altro, deriva dal latino speculum, specchio, poiché i biscotti originali a forma di animali, venivano ricavati con degli stampi di legno incisi per l’appunto specularmente.
Un tempo erano i biscotti del 6 dicembre, preparati in terra fiamminga per festeggiare San Nicola, che lassù al nord viene assimilato a Babbo Natale e porta i doni ai bambini. Oggi vengono naturalmente prodotti tutto l’anno.
Certo che preparali in questa stagione, con il gelo fuori e le finestre ben chiuse, quando la casa si riempie magicamente dell’aroma di terre lontane è tutt’altra faccenda.
Perfetti da confezionare e regalare perché si mantengono a lungo croccanti, sono perfetti da accompagnare ad un tè aromatizzato, magari con erbe e spezie, per far durare di più in bocca questo divino sapore.
La ricetta che ho utilizzato è quella di Sigrid del Cavoletto, con leggere variazioni. Io ho aggiunto un velo di deliziosa glassa alle spezie.
La ricetta: Speculoos
150 g di farina 
1 pizzico di sale
1/2 cucchiaino di lievito
100 g di burro
1/2 uovo sbattuto
125 g di zucchero di canna
1 cucchiaino raso di cannella in polvere
1 punta di cucchiaino di chiodi di garofano macinati
1 pizzico di zenzero
1 pizzico di cardamomo
1 spolverata di pepe bianco
1 grattata di noce moscata
5 cucchiai di zucchero a velo
spezie (cannella, garofano e zenzero)
acqua q.b.
Ho mescolato insieme la farina con lo zucchero, il lievito e le spezie.
Ho fatto sciogliere il burro e quando era tiepido l’ho mescolato alla farina, aggiungendo poi il mezzo uovo, sbattuto con un pizzico di sale.
Ho formato un impasto morbido e l’ho fatto riposare in frigo per 1 ora.
Ho steso una sfoglia alta 3 mm e vi ho ricavato i miei biscotti: i miei erano semplicemente tondi di 4 cm di diametro.
Ho fatto cuocere in forno caldo a 180° per 10 minuti.
Quando erano freddi li ho spennellati con una glassa ottenuta con zucchero a velo, le spezie e tanti cucchiaini d’acqua per ottenere un composto spalmabile ma denso.
Lasciar asciugare e confezionare a piacere: la maggior parte dei biscotti dovrebbero finire nel pacchetto, più che in pancia!!!

E ne approfitto per suggerirvi che i grossi vasi di vetro a chiusura ermetica sono un’idea alternativa alla biscottiera in ceramica o in latta!!

Con questo post vi segnalo che partecipo ad Anarchy Giveaway de La Banda dei Broccoli.

ai fornelli, ricette tradizionali

# 5 – Calendario dell’Avvento – Carmignanini

La casellina di oggi del calendario dell’avvento è dedicata a Simona’s Kitchen che ha un blog che amo e che l’anno scorso, più o meno in questa stagione, grazie alla scusa del suo contest, mi ha dato la possibilità di andare a spasso per la mia città a fotografare un monumento che adoro, in una giornata freddissima e assolata come quella di oggi!
Al mio post sono poi arrivati dei premi, dei libri graditissimi, e una bellissima lettera dell’editore Claudio Martini, che mi ha commosso, e che mi ha incoraggiato a continuare la bellissima avventura del blog, regalandomi indirettamente tante altre bellissime soddisfazioni.
Il tempo è passato…ma da uno di quei libri ho voluto recuperare una ricetta adattissima a questo periodo. 
Dovete sapere che nel territorio pratese esiste una Strada dei Biscotti. Noi qui in Piemonte abbiamo la Via Francigena e la Via del Sale… loro hanno la Strada dei Biscotti: un percorso (che mi immagino profumato! ;)), che si snoda attraverso la Val di Bisenzio, i comuni di Prato e Montemurlo e poi i territori di Poggio a Caiano e Carmignano. Ognuno di questi luoghi ha i suoi biscotti tipici che sono stati raccolti, con tutte le varianti, in un libricino distribuito anche dalla Provincia di Prato. 
L’arrivo del Natale e la necessità di comporre dei piccoli doni per le persone care, rende questo librino particolarmente prezioso!!
Per questa occasione ho scelto un biscotto tipico di Carmignano, il Carmignanino.
Carmignano un tempo era detta Carmignan de’ fichi e i suoi fichi secchi, diventati prodotto agroalimentare tipico e presidio SlowFood nel 2001, cominciarono ad essere citati ufficialmente già dal XV secolo dal mercante Francesco Datini. Negli anni ’50 la coltivazione di questo prodotto cadde in disuso, come accadde per molti altri prodotti scarsamente produttivi. Oggi vengono valorizzati e fatti conoscere grazie a Benvenuto Fico Secco, la fiera che si svolge a fine ottobre, anche se un tempo la messa in commercio ufficiale avveniva proprio ai primi giorni di dicembre.
I fichi di Carmignano sono un’eccellenza che bisogna assaggiare almeno una volta nella vita, ma anche se in questo momento non li avete a disposizione, nulla vi vieta di provare a fare (e, se volete, regalare)  i Carmignanini che sono semplicissimi e una vera delizia.
La ricetta: I Carmignanini
100 g di burro
100 g di zucchero
2 tuorli d’uovo
200 g di farina
1 pizzico di sale
la punta di un cucchiaino di lievito per dolci
vaniglia (qualche semino schiacciato o qualche goccia di essenza)
marmellata di fichi
250 g di fichi secchi (1/4 di fico per ogni biscotto)
Ho lavorato insieme burro e zucchero. Ho poi aggiunto i tuorli d’uovo.
Quando si era formata una crema omogenea ho amalgamato all’impasto la farina, il sale, il lievito e la vaniglia.
Ho formato una palla di impasto e l’ho lasciata riposare per circa 1 ora.
Ho ricavato una sfoglia alta 3-4 mm e vi ho ritagliato tanti cerchi del diametro di 4 cm. Su ogni cerchio ho spennellato la marmellata di fichi leggermente diluita e poi li ho accoppiati a due a due con 1/4 di fico secco al centro.
Ho fatto cuocere in forno caldo a 180° per circa 10 minuti.
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Pisarei e fasò per Emilia Mon Amour – parte III

Quando cercavo una ricetta per il mercoledì social di questa settimana ho scorso l’elenco delle ricette emiliane; servivano primi e secondi piatti ed io, tutto sommato sulle minestre vado forte.
Leggo pisarei e fasò e penso: «mmm… i piselli non mi piacciono molto…» poi però cerco questa ricetta per vederne i dettagli e scopro che i pisarei con i piselli non c’entrano per nulla!! 
La parola pisarei deriva da pigiare, in quanto i pezzetti di pasta si schiacciano sulla spianatoia, un incrocio tra tra orecchiette, cavatelli e gnocchetti sardi, con la particolarità di usare il pangrattato insieme alla farina per l’impasto!
E quindi, subitaneamente, ho deciso: che pisarei e fasò sia!!!
Non è esattamente una ricetta estiva, perché si usano i borlotti e un soffritto di lardo o pancetta, ma la soddisfazione per il palato è davvero superlativa. 
E’ una di quelle minestre quasi asciutte che adoro, che sanno di vecchia cascina, di campagna, di luce di candele e di lavoro…perché fagioli e pisarei mica si tirano su in un attimo. 
Che siano di auspicio a chi subito si rimette in gioco, ai tanti che stanno lavorando sodo per tornare alla normalità!!
E anche con questa ricetta, originaria della zona di Piacenza, lo dico e lo ribadisco: Forza Emilia!!!

La ricetta che ho utilizzato è tratta da Il Grande Manuale della Cucina Italiana a cura di Stella Donati, un libro un po’ datato e che, nel mio caso, cade a pezzi. Prima era di mia mamma, ora ce l’ho io, e anche se non so se la ricetta sia filologicamente corretta, vi assicuro che questa versione è una meraviglia.

La ricetta: Pisarei e fasò
(per 2 persone)
Per i pisarei:
150 g di farina
50 g di pangrattato
acqua

Per i fasò:
150 g di fagioli borlotti lessati
1 pezzettino di burro e 3 cucchiai d’olio (nella ricetta originale tutto burro)
30 g di lardo tagliato fine
3 foglie grosse di basilico
1 ciuffetto di prezzemolo
1 grosso spicchio d’aglio
1 carota
1 costa di sedano
½ cipolla piccola
2-3 pomodori pelati

Per prima cosa si preparano i pisarei: in una ciotola capiente ho mescolato insieme la farina e il pangrattato, aggiungendo un pizzico di sale e tanta acqua da formare un impasto lavorabile ed elastico. Ho impastato bene e ho messo a riposare nella pellicola per almeno mezz’ora.
Nel frattempo ho preparato le verdure, carota, sedano e cipolla,  tritandole a cubettini sottili.
A parte ho preparato un trito con il lardo, il basilico e il prezzemolo e l’aglio e l’ho tenuto al fresco.
Passato il tempo di riposo della pasta ho ricavato dei serpentelli di pasta, lunghi e sottili come una grossa matita. Ogni serpentello va tagliato a pezzettini, sulla spianatoia ed ogni pezzettino va schiacciato con il pollice e poi fatto rotolare come per fare un piccolo gnocchetto.

Eccoli:

Ho continuato così  fino ad esaurire tutta la pasta, poi ho cosparso di farina e ho cominciato a preparare il sugo di fagioli.
In una casseruola con il fondo spesso ho fatto sciogliere il burro e l’olio e vi ho versato il trito di lardo, facendolo rosolare per qualche istante. Poi ho aggiunto le verdure. Ho lasciato cuocere per una decina di minuti, badando che non si attaccasse nulla. Poi ho aggiunto i fagioli. Ho insaporito anche loro per qualche minuti, rigirando spesso ed infine ho aggiunto i pomodori pelati schiacciati con la forchetta. Ho lasciato cuocere, aggiungendo qualche mestolo di brodo vegetale che avevo già pronto per puro caso, ma in mancanza va benissimo anche acqua calda.
Mentre il sugo cuoceva ho messo a bollire l’acqua in una pentola capiente, ho aggiustato di sale sugo e acqua e poi ho versato i pisarei, mescolando con un mestolo per fa sì che non si attaccassero gli uni agli altri. Quando vengono a galla sono cotti. Li ho tirati su con un mestolo forato e deposti in una zuppiera e poi conditi con il sugo di fagioli.
E qui sotto cosparsi con una bella spolverata di Parmigiano!!
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Zuppa di ceci con carciofi in pastella

Queste giornate un po’ uggiose, ma soprattutto freddine, invogliano a  preparare ancora qualche saporita zuppa. In questo caso ho fatto la “solita zuppa” di legumi, che si è rivelata insolitamnte divertente da fotografare… i complici sono stati due carciofi ansiosi di essere mangiati, quasi certamente gli ultimi della stagione!
Ne è venuto fuori un perfetto abbinamento tra la classica zuppa di ceci e le sfiziose frittelline. In più come accompagnamento c’erano questi bei panini cottage, di cui pubblicherò presto la ricetta, una forma classica del pane inglese sconosciuta in Italia, (almeno a me). Si tratta di panini sovrapposti, ritagliati sul bordo con le forbici, fino a formare un ricamo che sembra quasi un pizzo.

La ricetta: Zuppa di ceci con carciofi in pastella
350 g di ceci già lessati
vino bianco
500 ml di brodo di verdure (carota, porro, cipolla, aglio, patata, lauro, maggiorana, olio e sale)
olio
sale
pepe

Ho preparato la zuppa semplicemente facendo rosolare per qualche minuto i ceci  in olio, aglio e cipolla tritata. Ho poi aggiunto un dito di vino bianco e ho fatto sfumare, poi ho versato 3 mestoli di brodo e fatto proseguire la cottura fino a completo insaporimento, aggiungendo brodo quando occorre, e a piacere, e aggiustando solo alla fine di sale e pepe.

Nel frattempo ho pulito i carciofi e li ho messi in acqua acidulata con limone.

Per la pastella ho mescolato insieme 100 g di farina e acqua fredda con un pizzico di sale fino a formare un impasto fluido e abbastanza denso.
Ho fritto i carciofi  immersi in pastella in abbondante olio di arachidi bollente e li ho poi spolverati con qualche granello di sale rosa.
Ho riscaldato la zuppa per un paio di minuti e via a tavola!!
al cucchiaio, dolci

Le pere al Porto Le pere al vino, semplici e deliziose

Trattasi non di pere giramondo sul punto di intraprendere un viaggio per mare, ma di una ricetta tradizionale ai limiti della banalità: semplicemente frutta cotta in uno sciroppo di vino, anzi “divino” che piace a tutti e che sazia la voglia di dolce, senza uova, né latte, né burro.
Quando poi il vino è il Porto, si riduce la quantità di zucchero e si ottiene uno sciroppo vagamente liquoroso con una consistenza ed un colore incantevole.

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ai fornelli

Torta frolla ricoperta con ripieno di crema e mele per Francesca

Ricomincio a scrivere sul blog dopo una lunga pausa ed è un po’ difficile riprendere il filo del discorso…
Ripesco, fra le tante ricette che ho da mettere a posto per essere pubblicate, una bella torta di mele. Non c’è, credo, una torta più classica di queste, e per questo farla è sempre un piacere perché permette di fare piccole variazioni che la rendono sempre una sorpresa ben riuscita.
In particolare questa torta l’ho preparata il 17 dicembre per il compleanno della mia quasi cognata e amica Francesca, ed è passata al vaglio di una quindicina di assaggiatori esigenti che hanno detto: promossa! 😀
E’ semplice semplice, ma con tanti gusti diversi: una base di frolla morbida, cotta in bianco, un ripieno di crema al latte senza uova, mele appena rosolate nel burro e cannella ed infine una copertura di sfoglia croccante tutta luccicante di cristalli di zucchero di canna. L’effetto voluto è quello del contrasto fra il croccante della sfoglia e il morbido della frolla con il soffice vellutato del ripieno.
Poche foto, purtroppo, come ogni volta che porto un dolce da qualche parte…ma mi è rimasta la voglia di riproporla al più presto!!!

La ricetta: Torta frolla con crema e mele per Fra
Base di pasta frolla:
300 g di farina
125 g di burro
125 g di zucchero
3 tuorli con un pizzico di sale
1 cucchiaino di lievito in polvere per dolci
qualche cucchiaino di latte

Crema senza uova:
300 ml latte intero
85 g zucchero semolato
25g farina
cannella in polvere

Mele:
4 mele medie (2 golden e 2 fuji per avere diverse consistenze)
1 cucchiaio di burro
4 cucchiai di zucchero semolato
vino bianco
cannella in polvere

Copertura:
1 pasta sfoglia pronta già stesa
zucchero di canna
albume avanzato dalla frolla

Per la frolla di base, ho mischiato farina, zucchero e lievito. Ho ottenuto delle briciole di impasto aggiungendo il burro tagliato a cubetti e poi ho aggiunto velocemente i tuorli, fino ad ottenere l’impasto. Ho aiutato la presa con qualche cucchiaino di latte freddo.
Poi ho messo a riposare la frolla per 30 minuti in frigo.

Nel frattempo ho preparato la crema: ho messo a scaldare il latte e intanto mischiato farina e zucchero; ho iniziato ad aggiungere poco latte, mescolando per amalgamare. Poi ho aggiunto gradualmente il resto del latte ormai caldo, ma non bollente. Ho messo sul fuoco il pentolino e, continuando a mescolare, ho fatto addensare, aggiungendo la cannella secondo il gusto personale. Poi ho tolto dal fuoco e lasciato intiepidire.

Ho steso la frolla sulla carta da forno nello spessore di 5 mm e l’ho poi posizionata in una teglia dal bordo alto. Tutt’intorno ho ricavato un cordone di pasta un po’cicciottello. Ho coperto con un foglio d’alluminio su cui ho messo dei fagioli secchi che uso per la cottura in bianco.
Ho fatto cuocere per circa 20 minuti a 175°. La torta ritornerà in forno per la cottura della sfoglia superiore e quindi non bisogna esagerare con il primo passaggio.

Mentre la base cuoceva ho sbucciato le mele e le ho tagliate a cubetti abbastanza grossi. In una padella larga ho messo un cucchiaio di burro e l’ho fatto sciogliere. Ho versato i cubetti di mela e aggiunto lo zucchero. Ho fatto rosolare le mele, aggiungendo un goccino di vino bianco e poi eliminando il liquido in eccesso. Le mele devono ammorbidirsi ma restare abbastanza sode. Ho completato con una spolverata leggera di cannella.

Nella frolla, ormai cotta ma non dorata, ho messo uno strato uniforme di crema tiepida, poi ho aggiunto le mele a cubetti, abbondando di più verso il centro della torta.
Ho coperto le mele con la sfoglia pronta, rimboccando la pasta all’interno del cordone di frolla che deve restare esterno. Con la punta di un coltello ho ricavato dei taglietti nella sfoglia, poi l’ho ben spennellata di albume e ricoperta di cristalli di zucchero di canna.
Ho infornato per circa 20 minuti, a 175° facendo attenzione che dorasse ma non scurisse troppo.

dolci, Natale

Preparato homemade per cioccolata calda all’amaretto

Questa è una di quelle idee di cui ho letto spesso in molti altri blog. Io sono partita dalla ricetta pubblicata sul blog di Cindystar, ma in rete ne esistono altre centomila…
E’ una di quelle ricette semplicissime ma d’effetto ed è ideale da regalare, ma anche da tenere in casa come coccola personale. Io ho pensato di aromatizzarla con amaretti secchi ridotti in polvere. Al contatto con il latte l’amaretto si scioglie insieme a tutti gli altri ingredienti e dona alla cioccolata in tazza un’irresistibile profumo di mandorla.
Come pensiero natalizio l’ideale è abbinare il vasetto di preparato ad una coppia di mug da cioccolata!! 😉
 
 
 
La ricetta: Preparato homemade per cioccolata calda all’amarettoPer un barattolo:

70 g di cioccolato fondente al 70%
50 g di cacao amaro 

35 g di zucchero di canna
45 g di zucchero bianco
50 g di maizena
10 amarettini secchi sbriciolatiPer la preparazione è sufficiente tritare nel mixer tutti gli ingredienti finissimamente, avendo cura che il cioccolato non si sciolga. Io l’ho tenuto in frigo fino al momento di tritarlo e poi ho usato le lame ad intermittenza perché non si scaldassero.

Attaccato al barattolo ho messo un bigliettino con le istruzioni per preparare la cioccolata:
Per 170 ml di latte, 3 cucchiai rasi di preparato. Sciogliere il preparato in un paio di cucchiai di latte, per non formare grumi, poi aggiungere il latte restante e portare ad ebollizione, mescolando fino a raggiungere la densità desiderata.

 

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