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Millefoglie di cecina con calamaretti e verdure julienne alla cannella

Per la ricetta da proporre al contest “Se avessi un ristorante” del blog Le Pellegrine Artusi ho pensato di combinare un prodotto tradizionale del territorio aretino, la cecina, altrove conosciuta come farinata di ceci, con un compagno insolito.
In queste zone la cecina viene servita come antipasto, chiamata torta di ceci, e insaporita solo con olio, sale e rosmarino.
Per farcirla ho pensato ai calamaretti che cuociono in pochi minuti, semplicemente saltati in padella con verdure estive, carote e zucchine. Il tocco speciale lo dà una punta di cannella che ho imparato ad apprezzare nelle preparazioni salate a partire dalla Carabaccia toscana fino a provarla con la zuppa di ceci. In effetti la cannella attribuisce al tutto una dolcezza insolita e delle note vagamente mediorientali.
 

La ricetta: Millefoglie di cecina con calamaretti alle verdure julienne profumate di cannella
(per 2 porzioni)
65 g di farina di ceci
circa 180 ml di acqua
un pizzico di sale
olio
1 rametto di rosmarino

200 g di ciuffi di calamaretti (già puliti e privati del dentino)
1 carota
1 zucchina
1 cipollotto
1 costa di sedano
1 spicchio d’aglio
cannella in polvere
sale
olio
vino bianco

Ho preparato la farinata di ceci, mescolando insieme farina di ceci e acqua fino a formare una pastella omogenea e priva di grumi, aggiungendo l’acqua a poco a poco. Ho lasciato riposare questa pastella per almeno un’ora o anche di più, con il rametto di rosmarino in infusione. 
Ho poi aggiunto un pizzico di sale e un cucchiaio d’olio e ho mescolato bene. 
Ho fatto scaldare molto bene un padellino da crêpes e, una volta caldo, vi ho versato un mestolo di pastella, distribuendola bene sulla superficie. Ho lasciato che si asciugasse bene, prima di girarla e farla cuocere dall’altro lato. Sarà più sottile di una comune farinata, ma dalle superficie croccante. Ho continuato fino ad esaurimento della pastella.
Con un coppapasta ho ritagliato sei quadrati dalle piccole farinate.
Ho tritato il cipollotto e preparato le verdure tagliandole a julienne. In una padella ho versato un cucchiaio d’olio e ho fatto soffriggere leggermente il cipollotto con l’aglio, poi ho aggiunto il sedano a julienne e poco dopo carote e zucchine. Ho bagnato le verdure con vino bianco e fatto sfumare e poi aggiunto i ciuffetti di calamari, rigirando il tutto velocemente. In pochi minuti sono pronti. Ho aggiustato di sale e aggiunto un’abbondante spolverata di cannella.
Ho messo da parte il sughetto tirato fuori dalle verdure e l’ho fatto raddensare sul fuoco con alcuni pizzichi di farina.
Ho composto il piatto alternando le sfoglie di cecina con i calamaretti e verdure, guarnendo con il sughetto e con un’ulteriore spolverata di cannella.
Con questa ricetta insolita partecipo al contest Se avessi un ristorante di Le Pellegrine Artusi; la inserisco tra le ricette tradizionali italiane.
 
 

ai fornelli, ricette originali, ricette tradizionali

Caprese prêt à porter

Non è colpa mia, le regole parlavano chiaro!
Si trattava di proporre una ricetta stuzzicante, fresca e trasportabile anche per un pranzo all’aria aperta, che richiedesse un tempo di preparazione inferiore ai 30 minuti…
Mica era tanto facile…
Poi ho pensato a questa insalata, un grande classico al quale ho dato una forma un po’ diversa… e sebbene mi vergogni un po’ a chiamarla ricetta, vi assicuro che ce la si fa ampiamente!!! E pure la presentazione è deliziosa, sia che la consumiate a tavola come antipasto sfizioso, sia che chiudiate la scatolina e ve la portiate a spasso.
Vi presento la mia Caprese prêt à porter!!




La ehm…ricetta: Caprese prêt à porter
12 pomodorini ciliegino
125 g di mozzarella di bufala
olio
sale
origano
insalatina a foglia minuta
1 o 2 contenitori di plastica per uova


1. lavare i pomodorini e l’insalata, avendo cura di non staccare i gambetti dei pomodori: 2 minuti
2. tenere l’insalatina da parte e magari centrifugarla perché si asciughi, intanto tagliare a tutti i pomodorini la calottina superiore con un coltello affilato: 1 minuto
3. con delicatezza svuotare ogni pomodorino dei semi e del sughetto: 1 minuto e mezzo
4. con le mani ben asciutte mettere in ogni pomodoro svuotato un pizzichino di sale e capovolgerlo sul piatto perché perda l’acqua in eccesso: mezzo minuto


5. lasciare i pomodori capovolti per 10 minuti e intanto far scolare per almeno 5 minuti la mozzarella di bufala in un setaccio; lavare accuratamente un contenitore per le uova, con acqua e detersivo per i piatti; poi asciugarlo e disporvi all’interno le foglioline asciutte di insalata; tagliare la bufala ormai scolata a cubetti regolari: 10 minuti
6. disporre in ogni “posto-uovo” un pomodorino e versare in ciascuno un filo d’olio: 1 minuto
7. in ogni pomodoro mettere qualche cubetto di mozzarella e completare con una spolveratina di origano, poi coprire con la calottina. Ripetere l’operazione per tutti i pomodorini. :3 minuti


8. Se si vuole servire come antipasto a tavola disporre 12 pomodori in un solo contenitore per uova, altrimenti metterne 6 per ogni contenitore, coprire con qualche fogliolina d’insalata e chiudere la confezione, avendo cura poi di metterla in un sacchetto a chiusura ermetica: 1 minuto


Tempo totale impiegato: 20 minuti




Con questa ehm…ricetta partecipo al contest della Cuochina SopraffinaSpuntino sopraffino, fallo sveltino”.

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I muffins alle zucchine, ardita metafora…

Questa è tra le canzoni italiane la mia preferita in assoluto, perché parla di una terra che amo, perché con pochi tratti dipinge un mondo che, per chi l’ha conosciuto, risulta inconfondibile. E’ una canzone che parla al mio cuore, prima la musica, soltanto dopo le parole…
Per questa ragione quando ho saputo del contest Songs of food di Questo Soffritto Viola è stata la prima canzone a cui ho pensato e quella su cui avrei voluto scrivere un post.
Non si tratta di una canzone che parla propriamente di cibo, anzi non ne parla affatto e la sfida era quindi alquanto complicata…non si poteva cucinare il piatto narrato dalla canzone, bisognava inventare un piatto che descrivesse le sensazioni che quella canzone mi suscita.
Il primo pensiero è andato a ricette caratteristiche di quella terra, poi  a un piatto dove mare e terra si incontravano. Ma non si può mettere nel piatto il vento e i profumi di mare e terra bagnata, non si può mettere nel piatto neppure il silenzio e i sorrisi di quella gente, neppure i violini e i tamburi che si sentono suonare nella notte, nei paesi della costa occidentale…il verde sì, però!
La terra di cui parlo è l’Irlanda e la canzone è In un giorno di pioggia dei Modena City Ramblers.

Alla fine l’ha avuta vinta questo muffin salato che è un’ardita metafora di quella meravigliosa e magica isola che si erge dal mare ed è coperta dal più bel verde che io abbia visto in vita mia. E’ un cibo semplice e simpatico come la sua gente, un cibo che sa di festa e di quotidianità insieme. Un cibo dove la leggerezza degli zucchini ben si sposa con le punte saporite del pecorino e del formaggio di pecora e capra; dove la morbidezza di quella crema, lassù, fa venir voglia di rotolarcisi sopra. In più, se la dolcezza delle zucchine è accostata al retrogusto amarognolo della Guinness…vabbé, vedete voi se vi ho convinto!





La ricetta: Muffins salati alle zucchine e feta con crema al profumo di menta.
per 12 muffins:
250 gr di farina 00
50 gr di pecorino grattugiato
1 cucchiaino di lievito per torte salate
200 ml di latte
50 ml di olio
2 uova
200 gr di zucchine grattugiate
100 gr di feta
sale
pepe
per la crema:
4 cucchiai di formaggio cremoso (il mio era Abitella)
250 g di zucchine grattugiate
olio
sale
menta (la mia era essiccata)
Per i muffins:
Ho mischiato gli ingredienti secchi: farina, lievito, pecorino grattugiato.
Ho mischiato gli ingredienti liquidi: latte, olio, uova con un pizzico di sale.
Ho miscelato i due composti molto rapidamente.
Ho aggiunto le zucchine grattugiate e il formaggio spezzettato grossolanamente. Ho aggiunto anche una spolverata di pepe.
Ho suddiviso l’impasto in 12 stampini da muffins e ho infornato a 175° per circa 25 minuti.
Ho lasciato intiepidire.
Per la crema:
Ho fatto leggermente ammorbidire le zucchine in un cucchiaio d’olio, ho regolato di sale e insaporito con la menta. 
In un recipiente alto ho messo le zucchine preparate, tenendone da parte due cucchiaiate e le ho miscelate al formaggio cremoso con il frullatore ad immersione.
Sui muffins tiepidi ho messo una cucchiata abbondante di crema di zucchine alla menta e un ciuffetto delle zucchine messe da parte.
 
Con questa ardita metafora partecipo al contest di Questo Soffritto Viola: Songs of Food.

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Torta al cacao farcita di crema al lampone, dedicata a te!

Come molti di coloro che mi leggono sanno, domenica scorsa è stato il compleanno di una persona per me molto speciale…
Ci tenevo proprio a fargli una Supertorta e perciò quando il frutto del mio lavoro è rimasto appiccicato, come cemento a presa rapida, al fondo della tortiera che avevo imburrato per benino (non così benino, a quanto pare…) sono rimasta proprio male!!!
Tant’è!!!
Dopo una breve crisi isterica di circa 3 minuti e conseguente fase depressiva, sono andata a ricomprare gli ingredienti che mi servivano, accompagnata dalla SPS (suddetta persona speciale), perchè mi trovavo in luogo a me semi-ignoto…
Insomma, dopo essermi di nuovo rimboccata le maniche – e nel mezzo della preparazione di un pasto decente, caldo e tradizionale a 5 stanchi figuri che rientravano dalle vacanze, ho tirato fuori questa tortina qui:
Avevo pensato a lungo ai sapori che mi sembrano più adatti ad esprimere il mio sentimento… passione del caldo cacao e tenerezza del fresco lampone!
Inutile dire che l’abbinamento è stato uno spettacolo!!!
Ancora Auguri, Amore Mio!!!
La ricetta: Torta al cacao farcita di crema al lampone
Per la base da farcire:
25 g maizena
25 g farina
60 g zucchero
2 uova
1 cucchiaino di lievito per dolci
3 cucchiai colmi di cacao in polvere zuccherato
Ho ben montato i tuorli con lo zucchero finchè non sono diventati chiari.
Ho setacciato insieme farina, maizena, lievito e cacao e li ho aggiunti gradualmente ai tuorli amalgamando bene.
Il composto che si ottiene è molto denso.
Ho montato gli albumi a neve e li ho uniti all’impasto rendendolo di nuovo larabile, ma senza smontarli.
Infine ho trasferito il composto in una teglia di 24 cm di diametro (carta da forno, non rischiate con l’imburratura se non siete fiduciosi nella vostra teglia) e ho infornato a 170° per circa 35 minuti. La torta non deve sgonfiare al centro dopo la cottura, quindi regolatevi con il vostro forno; meglio tenere la temperatura leggermente più bassa e lasciare che la cottura duri un po’ di più!!!
Una volta che la torta era perfettamente fredda l’ho divisa a metà trasversalmente per farcirla.
Per la farcitura e la decorazione:
250 g di lamponi
125 g di mascarpone
100 ml di panna da montare
zucchero (mi sono regolata assaggiando e ho perso il conto dei cucchiai… :-/) 
due cucchiaini di zucchero a velo
Ho messo da parte metà dei lamponi per la decorazione finale. 
Ho scaldato in pentolino i restanti lamponi con un cucchiaio di zucchero e un cucchiaio di acqua. Si disfano subito, senza farli cuocere, schiacciarli con una forchetta e lasciar raffreddare.
Ho lavorato il mascarpone con qualche cucchiaio di zucchero, regolandomi man mano per la dolcezza.
Poi ho montato la panna e l’ho mischiata al mascarpone; infine ho aggiunto la poltiglia di lamponi. Non l’ho passata al setaccio, perchè i semini non risultavano fastidiosi.
Ho messo la crema così preparata in frigo perchè si amalgamassero tutti i gusti e diventasse ben soda.
Sulla metà della torta ho messo circa metà della crema, spalmando bene. Ho messo l’altro disco di torta e ho schiacciato leggermente perchè aderisse.
Sulla cima ho versato l’altra metà della crema , più abbondante verso il bordoo esterno e più bassa al centro, riempendo poi il centro con i lamponi che avevo messo da parte.
Infine ho spolverato i lamponi con lo zucchero a velo.
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Rotolo di sponge-cake al lemon curd

Per il mio compleanno, un paio di giorni fa, ho studiato una torta che potesse accogliere il prodigioso lemon curd, preparato la sera prima.
Ho trovato una torta soffice in rete, una versione della sponge-cake, che subito mi è sembrata adatta a quel tipo di farcitura. All’interno ne è bastato uno strato abbastanza sottile, perchè molto aromatico.
La resa anche visiva è ottima! E la torta è talmente soffice e leggera che non se ne possono prendere meno di due fette!!!
La ricetta originale la trovate qui, sul blog The Gingerbread Road
Io ho dimezzato le dosi, modificando leggermente le proporzioni, ed ho usato una teglia rettangolare lunga 30 cm, ne vengono circa 12 fette.
La ricetta: Torta-sponge da arrotolare al lemon curd
2 uova grandi + 1 tuorlo
20 g di farina setacciata
15 g di maizena
50 g + 10 g di zucchero semolato
qualche goccia di succo di limone 
lemon curd, preparato come indicato qui
Ho messo in una ciotola 1 uovo intero e due tuorli e li ho portati a temperatura ambiente, mentre l’albume restava in frigo.
Ho riscaldato il forno a 220° C.
Ho preparato la teglia con la carta forno leggermente inumidita in modo che aderisse bene.
Ho lavorato l’uovo intero e i tuorli con 50g di zucchero e poi ho aggiunto farina e maizena setacciate.
Una volta che il composto era ben amalgamato ho montato a neve l’albume con qualche goccia di limone. Poi ho aggiunto i 10 g di zucchero semolato e montato ancora per qualche istante.
Ho amalgamato l’albume ai tuorli senza smontare il composto ed ho trasferito il tutto nella teglia preparata in precedenza.
Ho infornato per 7 minuti, ad altezza centrale nel forno.
Una volta sfornato si cosparge subito di zucchero semolato, si rovescia sulla stagnola e si cosparge di zucchero anche l’altro lato.
Una volta che la torta era intiepidita, l’ho splamata con il lemon curd e l’ho avvolta a rotolo e fermata con la stagnola.
La torta si conserva in frigo fino al momento di servire, quando si cosparge di zucchero a velo, si taglia a fette e svela il suo ripieno!!!

Con questa ricetta, partecipo al contest “Cucinando… dolcemente” del blog “Io… così come sono” di Pippi.

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Il Cappon Magro dell’estate

Il Cappon Magro è un piatto di origine antica. 
Le leggende sulla sua nascita sono tante ed ognuna sembra raccontare una parte di verità.
Alcuni dicono che una preparazione simile veniva portata dai marinai sulle navi, l’aceto infatti permette la conservazione dei cibi deperibili.
Altri fanno risalire l’origine del nome alla contrapposizione tra il pesce cappone e il cappone da cortile. Per rispettare le regole alimentari del periodo quaresimale e delle altre vigilie, il cappon magro appagava l’occhio e il gusto, senza essere carne.
Altri ancora parlano della composizione scenografica a strati come di un’invenzione rinascimentale o barocca, quando le tavole imbandite davano lustro ad una casata anche con bizzarre sculture di cibo.
Altri ancora dicono che il cappon magro in origine era un cibo tutt’altro che nobile e che si facesse con gli avanzi dei banchetti recuperati dalla servitù.
Tante diverse spiegazioni per un piatto che affascina, innanzitutto per i suoi colori, per la sua struttura che sfida la gravità e infine per la freschezza datagli dall’aceto. 
Cibo tradizionale della vigilia di Natale, ma anche per il periodo quaresimale, recentemente è riproposto in ristoranti raffinati, con bellissime monoporzioni.
La sua preparazione, un po’ lunga, è facilissima e può essere preparato in casa, in anticipo e sfoderato in un battibaleno.
Io ho fatto una versione con verdure estive, quindi non ci sono broccoletti, cavolfiori e rape rosse, ma altre verdure colorate che si trovano in questo periodo.
La decorazione superficiale può essere fatta con qualsiasi frutto di mare voi abbiate a disposizione. Nelle mie monoporzioni c’era una semplice seppiolina infilzata.

La ricetta: Cappon Magro estivo
ingredienti (per 4 monoporzioni – le coppette erano di 10 cm di diametro)
4 rapanelli (più qualcuno per decorare)
una manciata di fagiolini
2 carote
2 patate medie
1 peperone
3 nasellini (piccoli, va bene qualsiasi pesce a carne bianca, quello che trovate o che vi fa più comodo utilizzare; anche avanzato, purchè sia sufficiente per fare un bello strato)
gallette del marinaio (io non sapevo dove andare a pescarle e ho usato delle gallette integrali, vanno bene anche sottili fette di pane raffermo a mollica fitta) 

per intervallare ogni strato: salsa verde alla ligure preparata almeno 24 ore prima
Ho fatto lessare in acqua salata le verdure separatamente, in modo che fossero al dente, le ho affettate e condite in tanti piattini separati con olio e qualche goccia di aceto. Man mano che si raffreddano si possono mettere in frigo, in attesa che tutte le verdure siano pronte.
Ho lessato il pesce e l’ho condito con olio e limone.
Ho rivestito le ciotole con pellicola per alimenti, poi ho cominciato a mettere gli strati di verdurine.
Prima le fettine di ravanello, poi fagiolini, rondelle di carota, fette sottili di patata, listarelle di peperone, uno strato spesso di pesce a filetti. Ogni strato deve essere intervallato dalla salsa verde alla ligure.
Sopra il pesce ho messo la galletta, pressando bene e poi spruzzandola di aceto.
Ho ripiegato i lembi di pellicola sulla galletta, richiudendo il tutto e mettendo le ciotole in frigo.
Io ho lasciato in frigo una notte intera, tutti gli ingredienti si compattano ben bene e si insaporiscono di salsa.
Al momento di servire, ho capovolto le ciotole nel piatto e decorato con una seppiolina sbollentata e portato in tavola con focaccia genovese ancora tiepida fatta con questa ricetta di Vittorio Viarengo.

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Cioccolato + Albicocca = Torta AlbiCioccola

Per i romani era la mela armena, perchè in Armenia venne scoperta da Alessandro Magno. Ma le origini dell’albicocca sono geograficamente più lontane, nella Cina Settentrionale, al confine con la Russia e risalenti a 2000 anni prima di Cristo.
Nel suo nome è nascosto il significato di primizia: praecocum la chiamavano i latini, letteralmente “precoce”. Ed è come primizia che va consumata quando è matura e succosa ma non molliccia, perchè l’albicocca troppo matura diventa pastosa. 
Sulla bocca degli arabi diventa al-berquq e di qua alla nostrana albicocca il passo è breve.
Il periodo più adatto per consumare le albicocche è giugno-luglio ma io, ancora al 12 agosto avevo delle albicocche da salvare prima che facessero fagotto e migrassero sconsolate dal frigo, però non volevo farne marmellata e quindi ho pensato al modo più veloce per utilizzarle a pezzetti. Ne è uscita una ricetta-lampo, una specie di clafoutis, ma al cacao, quindi con una nota golosa in più.
Devo dire che è venuto benissimo, bello soffice, e che il sapore del cacao si sposa benissimo con l’asprigno dell’albicocca.
La ricetta: Torta AlbiCioccola 
Ingredienti:
6-7 albicocche grandi
3 uova
140 g di zucchero
100 g di farina
4 cucchiai di cacao zuccherato in polvere
Ho lavato le albicocche e le ho tagliate a spicchi sottili, spruzzandole di qualche goccia di limone, giusto per non farle annerire.
Ho montato le uova con lo zucchero e ho aggiunto poi la farina, mescolando bene, ed infine il cacao setacciato.
In una teglia rettangolare coperta da carta forno, ho disposto gli spicchi di albicocca, fitti-fitti, fino a riempire tutta la superficie. Poi sopra ho versato  il composto al cacao in uno strato uniforme.
Poi ho messo subito in forno già caldo a 175° per circa 25 minuti.
Quando la torta era fredda l’ho capovolta e ho staccato la carta forno in modo da scoprire le albicocche che si erano saldate nell’impasto.
Questa torta è in superficie quasi cremosa, per l’umidità rilasciata dai frutti; il giorno dopo è rimasta sofficissima e la nota acidulina è proprio piacevole!!! Al terzo giorno non arriverà!!! 😀
ai fornelli

Confettura verde di zucchine, mandorle e menta e il contest di Dolcezze di Nonna Papera

Cucurbita pepo, ovvero la zucchina! O lo zucchino…perché è un frutto neutro di nome e di fatto. Anche il suo sapore è delicato e quasi acerbo, immaturo, perché la zucchina se colta troppo matura fa i semi – tanti semi – e non è più commestibile.
Questo frutto proviene dagli Altopiani del Messico e i primi a cucinarlo furono gli Atzechi, ma una volta giuntoa qui in Italia non l’ha più abbandonata trovando il terreno ideale per esprimersi in tantissime preparazioni, offrendosi come contenitore dal sapore lieve per un gustoso ripieno o come generoso sostituto delle melanzane nella parmigiana. Ma è nel fritto che ha ottenuto maggior successo, diventando con lo scapece una vera base della cucina italiana.
Poi è decollata verso l’estero dove la parola “zucchini” è sinonimo di verdura ed è rimbalzata, rinnovata, di nuovo in Italia ed ora non più solo con il salato, ma anche nelle preparazioni dolci, fa bella mostra della sua timida delicatezza.

Una confettura alla zucchina vi sembra azzardata? Provate a farla e scoprirete quanto è deliziosa.
L’avevo già vista in rete tempo prima, ma solo di zucchine e zucchero. 
Pensando ad un qualche abbinamento sensato mi sono venute in mente le mandorle, che ben si sposano con la freschezza dell’ortaggio, e le foglie di menta, reminescenza dello scapece!!!

La ricetta: Confettura verde di zucchine, mandorle e menta
500 g di zucchine freschissime
350 g di zucchero semolato
90 g di mandorle sminuzzate a pezzetti grossi (io, velocemente nel frullatore)
succo di mezzo limone (o uno intero, se è piccino)
30/40 foglioline di menta (se possibile appena colte, che mantengano il loro profumo)

Ho grattugiato le zucchine a julienne.
Ho sminuzzato grossolanamente le mandorle.
Ho messo tutto in una pentola con lo zucchero e ho cominciato la cottura, mescolando fin quando lo zucchero non era completamente sciolto.
Ho lasciato cuocere e quando ha cominciato a bollire ho aggiunto il succo di mezzo limone.
A questo punto ho proseguito la cottura mescolando, e quando la marmellata ha cominciato a rassodarsi (per verificare fare la prova su un piattino, deve fare il velo) ho aggiunto le foglie di menta.
Ho lasciato sul fuoco ancora per un paio di minuti, poi ho riempito i barattoli, li ho chiusi e capovolti, finche non si è formato il sottovuoto.

Con questa ricetta partecipo al contest di Dolcezze di Nonna Papera ” Metti la Natura sotto vetro” 

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Le melanzane marinate di Stefania di Food for the Soul

Di nuovo melanzane direte voi!!! 😀
Ho trovato questa ricettina sul blog Food for the Soul  e ho subito provato a rifarla per due motivi:
– adoro le melanzane con quella puntina di aceto, magari anche un po’ piccantine e questo procedimento è veramente veloce e pratico a confronto con la procedura classica;
– non bisogna accendere i fornelli, perché le melanzane cuociono nell’aceto e quindi d’estate sono veramente ideali da preparare così;

Il procedimento è davvero semplice:

Si prende una bella melanzana fresca e liscia, si lava e si sbuccia e si taglia a fette sottili; ogni fetta viene poi tagliata a striscioline di mezzo cm.
La melanzana così affettata viene messa in un colapasta e cosparsa di sale, affinché perda tutta l’acqua e l’amaro.
Dopo circa due ore, le fettine di melanzana vanno strizzate, messe in un recipiente con l’aceto bianco, e lasciate macerare lì per altre due ore, rigirandole di tanto in tanto, in modo che si “cuociano” uniformemente.
Infine si condiscono con olio extravergine, menta e spicchietti d’aglio.
Io, per farle insaporire più in fretta, ho fatto scaldare leggermente l’olio in un padellino con l’aglio, le foglie di menta e un pezzetto di peperoncino. Scaldandosi, ma attenzione perchè non deve diventare bollente, l’olio si insaporisce più rapidamente dei vari aromi e trasmette alle melanzane il sapore più in fretta.
Infine ho messo la ciotola in frigo a raffreddare.
Si possono preparare la sera prima e si conservano in frigo per 3/4 giorni.

Sono veramente deliziose!!! 😉
ai fornelli, buffet salato, insalate e piatti freddi, storia & cultura

Prosciutto e melone nel cestino di sfoglia

In Italia si usa servire il prosciutto crudo con il melone, come antipasto estivo o come piatto leggero.
Questo accostamento è in realtà frutto di un tramandare secolare di abitudini che affondano le radici in una cultura antica.
Già dal medico e filosofo greco Ippocrate nasce la visione del mondo basata su coppie di contrari: caldo-freddo, secco-umido… così come accade con le filosofie orientali, ad esempio con lo yin e yang taoista, su cui si fonda l’armonia universale.
Dall’antica Grecia quindi deriva anche l’uso di associare ogni cibo con il suo contrario, anche il melone, cibo freddo, con il prosciutto, cibo caldo, ma si veda anche in Vietnam l’abitudine di accostare frutti come meloni o cocomeri, ad un misto di sale e peperoncino. Più vicino a noi, in Francia, il melone viene servito con il sale o a volte, per lo stesso principio, con un vino dolce e forte. Il viaggio nell’antichità trova quindi riscontro anche in un viaggio spaziale, dall’estremo Oriente ai nostri vicini di casa.
 
Dal Medioevo in avanti, per molti secoli, la frigidità del melone, che lo porta oggi ad essere un cibo estremamente desiderabile per trovare ristoro dalla calura, era considerata non solo negativa ma addirittura pericolosa. Teniamo conto che i frutti dell’epoca erano molto vicini allo stato selvatico e quindi maturavano più difficilmente ed erano di sicuro più indigesti. Fatto sta che mangiare un frutto freddo come il melone senza stemperarlo con un cibo caldo, poteva essere la causa di spiacevoli indigestioni.
In particolare è famosa la triste sorte toccata al Papa Paolo II, morto all’improvviso nella notte del 26 luglio 1471. Il colpo apoplettico che lo colpì fu subito attribuito, dai medici che lo avevano in cura, ad una sorprendente scorpacciata di meloni che il Papa si era fatto subito prima di andare a dormire. La testimonianza  di Nicodemo da Pontremoli, parla di «tre poponi non molto grandi» ed «altre cose di triste substantia» verso le dieci di sera; ne parla anche Platina, che scrisse la biografia del Papa, dicendo che «si dilettava moltissimo a mangiare meloni, e da ciò si crede che sia stata provocata l’apoplessia da cui fu strappato alla vita. Infatti la sera prima di morire aveva mangiato due meloni, per giunta assai grandi». Che i meloni fossero tre piccoli o due grandi ha poca importanza, di certo ne mangiò abbastanza perché gli restassero sullo stomaco…anche se a guardare il suo ritratto viene il dubbio che non mangiasse soltanto meloni!!! 🙂
[fonti: 
http://it.wikipedia.org/
M. Montanari, Il riposo della polpetta, Laterza 2011.]
 
Con qualche fetta di melone al pasto non si rischia come con tre meloni interi, però l’abbinamento con il “caldo” prosciutto crudo rimane uno dei migliori, soprattutto per il contrasto di dolce e sapido che personalmente adoro.
 
La ricetta-non ricetta: Insalata nel cestino con prosciutto e melone.
 
Di fatto è una ricetta molto semplice, ma con una presentazione speciale che ho spesso preparato per una cena tra amici.
Ho creato un cestino di pastasfoglia, aiutandomi con degli stampini di alluminio, formato-muffin. Basta ritagliare la pastasfoglia pronta a forma di quadrati e adagiarla sugli stampini, infornando per un quarto d’ora a 170°.
All’interno del cestino, una volta raffreddato, ho messo della valeriana condita con qualche goccia di crema di aceto balsamico, delle roselline di prosciutto crudo (per 4 cestini vanno bene circa 2 etti) e delle palline di melone, ricavate con l’apposito scavino e rotolate nei semini di papavero. Ho completato con la croccantezza di una manciata di anacardi salati.
 
Unica accortezza, riempire i cestini subito prima di portare in tavola per far restare croccante la pasta sfoglia.
 
Con questa insalata nel cestino partecipo alla raccolta di Burro e Miele “Chi mi aiuta a raccogliere l’insalata?”.
 
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Torta Delicata allo Stracchino e Zucchine al Profumo di Menta

Felice Casorati – Scodella e zucchini
È un’invenzione medievale quella della torta (o pasticcio, pastello o coppo…) con cui si indicava un recipiente di pasta, messo al forno, al duplice scopo di contenere e cuocere un ripieno.
Questo tipo di preparazione era conosciuto anche nella cucina romana, ma non era stato adeguatamente valorizzato. 
A partire dal Medioevo i libri di cucina iniziano a fiorire rigogliosamente di torte, con una preparazione ben più complessa dell’adattabile prodotto da forno in pastasfoglia (o in pasta brisé!!!) che ci è familiare.
Il Liber de Coquina trecentesco prevede per la Torta Parmesana, almeno sei differenti strati di ripieno dentro l’involucro di pasta:
  • pezzi di pollo fritto con cipolla e spezie
  • ravioli al formaggio bianchi e verdi
  • salsicce di carne e prosciutto
  • fette di carne di maiale con formaggio e uova
  • salsicce di interiora
  • ravioli insaporiti con mandorle e zucchero
…e via dicendo altri strati.
Il tutto veniva richiuso con un altro strato di pasta, decorato di prugne e cotto aggiungendo lardo. Il tutto viene poi presentato al signore del castello con “gran pompa”.
Questa ricercata presentazione ha fatto supporre che parmesana derivi, non dalla città di Parma, ma da torta a forma di torre.
Ora più che della derivazione del nome mi preoccuperei del sopraggiungere di ipertensione a coloro che si avventuravano nell’assaggio di questa bomba!!!
A parte questa mostruosità della Parmesana, la cultura medievale associa le torte soprattutto alle verdure.
Il Platina, l’umanista rinascimentale che tradusse in latino tutte le ricette del Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino, scrisse «la pietanza che chiamiamo comunemente torta, credo prenda il nome dal fatto che le verdure, di solito usate per confezionarla, vengono tagliate e tòrte, cioè strizzate».
Chi poteva ci metteva dentro anche pasticci di carne, soprattutto di pollame o cacciagione da piuma.
Chi non poteva si mangiava la buccia, come i cittadini di Parma (sempre Parma!!!) che durante la carestia del 1246 si accontentavano di cuocere torte senza ripieno, ed è drammatico se si pensa che spesso l’involucro di pasta non era fatto per essere mangiato, ma era una vera e propria imitazione del recipiente di cottura, durissimo – durior et forcior – e bruciacchiato.
Il cuoco rinascimentale Bartolomeo Scappi ci illustra tre diverse tipologie di fondo: pasticci, crostate e torte.
Il pasticcio era l’involucro alla medievale, di pasta dura, non necessariamente da mangiare; le crostate e le torte avevano il fondo di pasta a strato sottile, simile alla nostra pasta sfoglia e condita con il burro o con lo strutto. Le crostate avevano nel ripieno pezzi interi di carne, pesce, verdura o frutta; le torte, invece,erano riempite con un impasto amalgamato.
Alla luce di ciò quella che ho preparato oggi è più una crostata che una torta…sicuramente è più leggera della Parmesana medievale…
La ricetta: Torta delicata allo stracchino e zucchine al profumo di menta
Ingredienti (per 2 porzioni abbondanti da piatto unico, per intenderci)
1 zucchina grossa di circa 300 g
150 g di stracchino allo yogurt
12-15 foglie di menta fresca
2 cipollotti freschi
sale, olio
un dito di vino bianco
1 pasta sfoglia già pronta
Preparazione:
Ho affettato il cipollotto e l’ho messo a soffriggere leggermente in un filo d’olio, quando era ammorbidito, prima che colorasse ho aggiunto le zucchine, tritate a julienne. Ho lasciato insaporire qualche minuto, poi ho aggiunto il vino, lasciato sfumare, aggiustato di sale.
Quando le zucchine avevano perso un po’ di croccantezza le ho tolte dal fuoco. Devono essere asciutte.
Sulla sfoglia stesa ho messo lo stracchino a tocchetti e completato con il trito di zucchine, ripiegato gli angoli di pasta in eccesso e messo in forno già caldo a 170° finchè non mi è sembrata cotta.

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