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Frollini alle mandorle e té matcha, una dedica e due ricette Delicati frollini alle mandorle, con il colore e il gusto del té matcha giapponese

Finalmente li ho fatti anch’io, non una ma ben due volte, ed ogni volta ho ottenuto dei biscottini croccanti e gustosi, di un bel verde intenso e con il sapore distinto del matcha all’interno.
 

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“Agnolotti” ricotta e spinaci, il perfetto comfort food.

Chiedere a un goloso di raccontarti il suo comfort food preferito, può essere una pessima idea, perchè potresti trovarti con un elenco infinito di piatti diversi.
Chiederlo a una foodblogger è diverso! Nella cucina di una foodblogger, lo stesso piatto compare non più di una volta all’anno, anche quando è messo in programma, viene scalzato dall’ultima ricetta scoperta su un libro o sul blog di un’amica, o peggio ancora dal raro ingrediente che ha la stagionalità di soli cinque giorni all’anno! Le persone che quotidianamente si nutrono alla sua tavola già lo sanno e se ne sono fatti una ragione perchè, d’altronde, diciamolo, la foodblogger asseconda i gusti del suo blog, ma si prende anche cura dei palati degli assaggiatori…e quindi non è mai un sacrificio.

Ma…c’è un ma…un piatto – tavolta due – ma mai più di tre, che tornano con più frequenza…e che probabilmente non sono mai stati fotografati. Sono i piatti che preparava la mamma, non sono piatti d’alta cucina e spesso non ricalcano neppure una tradizione specifica, se non quella di casa. Non sono l’asso nella manica per gli ospiti che si vuole stupire, sono la coccola speciale per le persone di casa. E sono il comfort food speciale pure per se stessi!

Nel mio caso sono gli agnolotti. Li chiamo così, pur non avendo ripieno di carne, perchè a casa mia si sono sempre chiamati in questo modo. Sono giganti, come morbidi cuscini su cui posare il capo…la spiegazione è che mia nonna prima, e mia mamma poi, non avevano il tempo e la voglia di farli piccini: soprattutto mia nonna, sempre intenta a cucire, a vedere i minuscoli plin piemontesi, le sarebbe preso un infarto.
Avete presente quando ritrovate un oggetto, magari un giocattolo, che non vedevate da moltissimi anni: lo ricordavate gigante e lo ritrovate piccolino, non perchè abbiate mangiato i funghetti di Alice, ma perchè siete cresciute voi.
Ecco, una cosa non è cambiata: se mia mamma prepara questi “agnolotti”, sono ancora grandi come quando ero piccina…e ancora oggi li devo tagliare in 4 con la forchetta per poterli mangiare! Saranno cresciuti con me? 😀

Il ripieno è di ricotta e spinaci, a volte di sola ricotta, ma con gli spinaci è quello che mangiavo a cucchiaiate mentre mia mamma li preparava, da quando arrivavo appena al tavolo della cucina e sulla sedia mi ci sedevo in ginocchio, a quando l’aiutavo a girare la manovella della macchina per stendere la pasta.
Il sugo è di pomodoro…qualche volta è ragù di carne, ma quello che preferisco è quello di solo pomodoro al basilico, con le foglie spezzettate dentro, che tiravamo fuori dalle bottiglie, quando ancora facevamo la conserva in casa.

Tutti questi profumi e aromi li ho portati ora nella mia, di casa, e devo dire che, quando li preparo, gli agnolotti giganti (che ora sono diventati i miei) hanno ancora la stessa magia.

Per il contest promosso da Elisa de Il Fior Di Cappero
e Enrica di Coccola Time sul comfort food e ispirato a
Pippi Calzelunghe e alla sua cucina, sono davvero il primo piatto che mi è venuto in
mente.
Quando preparo questa pasta per il mio fidanzato, poi gli chiedo “ti piace?”-“ti piace?” con più insistenza delle altre volte, perchè facendogli assaggiare questi sapori lo porto in quella parte della mia vita in cui lui non era ancora accanto a me.
Mi è sembrato il più giocoso dei miei piatti, vicino alla figura di Pippi che io ricordo molto più nel telefilm che nel libro, con il suo faccino simpatico e i suoi capelli arancioni.

Eccolo, allora, il comfort food del mio cuore: e, credetemi, se vi passo la ricetta è perchè vi voglio proprio bene! 😀

La ricetta: Agnolotti giganti con ricotta e spinaci
-per la pasta:
200g di semola di grano duro
circa 100 g di acqua tiepida
un pizzico di sale
-per il ripieno:
250 g di spinaci freschi
200 g di ricotta ben scolata
1 tuorlo
40 g di pecorino grattugiato
sale
-per il sugo:
300 g di passata di pomodoro
1 spicchio d’aglio
olio evo
foglie di basilico
formaggio grattugiato (pecorino o parmigiano)

Lavare e cuocere gli spinaci senza acqua, coperti, con un pizzico di sale finchè non sono morbidi. Lasciarli raffreddare.
Intanto impastare insieme farina con il pizzico di sale e acqua, fino ad ottenere un panetto asciutto e liscio. Lavorare a mano la pasta per almeno dieci minuti. Coprirla con una ciotola sul piano di lavoro e lasciarla riposare mezz’ora.
Nel frattempo, tritare gli spinaci, aggiungervi la ricotta scolata, il pecorino e il tuorlo. Mescolare bene per ottenere un composto omogeneo e aggiustare di sale, se occorre.
Far dorare in due cucchiai d’olio lo spicchio d’aglio senza l’anima, aggiungere poi la passata e far cuocere, regolando di sale, fino ad ottenere la giusta consistenza (circa mezz’ora). Aggiungere un goccino d’acqua quando occorre, per prolungare la cottura, senza farlo inspessire eccessivamente.
Completare alla fine con qualche foglia di basilico.
Per la pasta, stendere la sfoglia con il mattarello o con la macchinetta in lunghe strisce. Deporre al centro della sfoglia delle palline di ripieno grosse come noci. Ripiegare una metà sull’altra per il lungo, schiacciando prima ai lati di ogni pallina di ripieno per far uscire tutta l’aria e poi salsando bene il bordo lungo. Ritagliare poi i ravioli con la rotellina dentata, uno ad uno; verranno un po’ storti e disuguali, ma è quello il bello.
Ripetere con ogni porzione di pasta.
Portare ad ebollizione una pentola d’acqua, salare e cuocervi i ravioli. Scolarli delicatamente in un piatto, perchè non si rompano e lascino andare un poco dell’acqua che hanno accumulato. Poi servirli nei piatti, intervallando con formaggio grattugiato e il sugo di pomodoro preparato in precedenza.
(E se ve ne avanzano, conditeli già e conservateli, il giorno dopo, riscaldati, saranno ancora buonissimi.)

Con questa ricetta partecipo al contest di Elisa ed Enrica “Benvenuti a Villa Villacolle”.

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Zuppa di miso con noodles e pollo Il classico comfort food giapponese

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La zuppa di miso è il classico comfort food giapponese, una sorta di cibo di casa come per noi potrebbe essere la pasta al forno o la torta di mele.

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Torta soffice di mele, nocciole e avena per Re-Cake 2.0 Un impasto incredibilmente soffice con tutto il gusto di nocciole e mele!

Re-cake è re-iniziato e stavolta siamo alla versione 2.0.
Sei foodbloggers intraprendenti lo guideranno: Sara, Giulia, Silvia, Claudia, Ileana e Carla per la versione gluten free! Ci saranno torte dolci e salate, ma io spero che saranno molte di più le torte rustiche come questa: Read more

Torta soffice di mele, nocciole e avena per Re-Cake 2.0 Un impasto incredibilmente soffice con tutto il gusto di nocciole e mele!" class="facebook-share"> Torta soffice di mele, nocciole e avena per Re-Cake 2.0 Un impasto incredibilmente soffice con tutto il gusto di nocciole e mele!" class="twitter-share"> Torta soffice di mele, nocciole e avena per Re-Cake 2.0 Un impasto incredibilmente soffice con tutto il gusto di nocciole e mele!" class="googleplus-share"> Torta soffice di mele, nocciole e avena per Re-Cake 2.0 Un impasto incredibilmente soffice con tutto il gusto di nocciole e mele!" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2015/02/torta-mele-nocciole-avena_2.jpg" class="pinterest-share">
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Biscotti “Grandissimo Cereale” e la febbre del venerdì sera (il prossimo!)

 
Qui tutto tace.
La serata del 23 gennaio si avvicina e a costo
di sembrare monotematica non riesco a non sentire il dovere di giustificarmi quando arrivo
sul blog e lo vedo fermo da una settimana. Ogni minuto degli ultimi otto giorni è stato dedicato alla progettazione e realizzazione della serata di venerdì prossimo, in cui, non soltanto cucineremo, ma dovremo anche raccontare il cinema, per introdurre agli spezzoni con le scene di cibo.

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ai fornelli, pasta fresca, primi piatti, ricette originali

Cannelloni di merluzzo con radicchio e pistacchi

Ogni tanto mi viene proprio voglia di una di quelle ricette “a colpo sicuro”; di quelle che si fanno ad occhio, che non serve mettersi a pesare.
I cannelloni al forno è una di queste. La pasta a volte la faccio io, di sola semola e acqua, oppure con la farina di grano tenero e le uova, bella gialla e liscia. A volte invece cuocio in pentola le lasagne già pronte ed essiccate…e poi faccio una gran fatica ad arrotolarle senza far uscire il ripieno, ma la sfida la vinco sempre io!
Dentro quasi sempre ricotta e spinaci, come la ricetta della mia infanzia. Questa volta ho preferito metterci del pesce, insieme a una ricottina feschissima e leggera e giusto un po’ di albume per renderli più consistenti e meno scioglievoli.
Per condirli e farli gratinare in forno, ho preparato una besciamella e del radicchio saltato in padella con aglio e olio. I pistacchi in superficie danno croccantezza e dolcezza. Enjoy!

La ricetta: Cannelloni di merluzzo, con gratinatura di radicchio e pistacchi
8-10 lasagne all’uovo secche
200 g di ricotta vaccina freschissima
2 filetti di merluzzo spinati
1 albume
1 spicchio d’aglio
1 cespo di radicchio tondo (medio piccolo)
100ml di vino bianco
1 noce di burro (circa 20 g)
1 cucchiaio colmo di farina
250 ml di latte tiepido
Parmigiano Reggiano
una manciata di pistacchi sminuzzati
olio extravergine d’oliva
sale

Lessare i filetti di merluzzo. Schiacciarli con una forchetta e condire con un filo d’olio. Aggiungere il merluzzo alla ricotta, con un paio di cucchiai di albume; mescolare con cura fino ad ottenere un composto omogeneo, regolare di sale; aggiungere una macinata di pepe.
Lessare le lasagne in acqua bollente salata e scolarle disponendole su un canovaccio pulito.
su ogni lasagna disporre una porzione di ripieno; arrotolare il cannellone su se stesso e tagliarlo in due metà. Disporre i cannelloni ricavati in una teglia foderata di carta forno sulla quale avrete versato un filo d’olio.
Preparare il radicchio: far rosolare in padella lo spicchio d’aglio ed aggiungervi il radicchio tagliato a striscioline; sfumare con il vino e far ammorbidire, regolando infine di sale.
Preparare la besciamella sciogliendo in un pentolino una noce di burro con un cucchiaio di farina; quando la farina comincia a brunire, versare poco latte, sempre mescolando per non formare grumi. Quando il composto è liscio aggiungere il latte restante e mescolare fino a che raggiunge la giusta consistenza. Versarci dentro il radicchio e disporre il tutto sui cannelloni. Completare cn un’abbondante grattugiata di Parmigiano Reggiano e i pistacchi sminuzzati grossolanamente.
Infornare a 190° per circa 25 minuti o fino a doratura.

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Ciambelline al vino rosso con i fiori di lavanda Le ciambelline al vino della tradizione laziale, rivisitate con la lavanda

Viste e subito amate, le ciambelline al vino sono biscotti friabili della tradizione laziale, della Ciociaria in particolare, ma più o meno diffusi in tutto il centro Italia.

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Scaccia Ragusana con ripieno continentale, per la farina Qb Kronos, Molino Grassi

Per la seconda ricetta per il contest di NonDiSoloPane e Molino Grassi, voliamo in Sicilia.
Per la farina Qb Kronos, semola di grano duro, selezionata a partire dagli anni ’80, corposa e profumata, non ho trovato utilizzo più azzeccato di una ricca e saporita “scaccia”, la tipica focaccia ripiena dell’Altopiano Ibleo. La semplicità di questa ricetta si sposa a meraviglia con la texture ruvida della Kronos: con pochissimi ingredienti si ottiene un gusto eccezionale, proprio grazie alla qualità di questa semola.

La ricetta della scaccia, tradizionale della zona di Ragusa, Modica e di tutti i monti Iblei, nella propaggine sud della Sicilia, è giocata su pochi ingredienti basici: farina di semola di grano duro, acqua, olio extravergine d’oliva, sale e poco lievito di birra. Dopo aver fatto lievitare l’impasto, si stende sottile, si farcisce e si ripiega su se stesso, fino a formare una tasca di bontà. I ripieni tradizionali sono pomodoro e cipolla, pomodoro e melanzane (precedentemente fritte, of course), ricotta e pomodoro, ricotta e salsiccia, salsiccia e prezzemolo come se piovesse…spesso si usa il caciocavallo ragusano, prodotto della zona.
In origine questo cibo povero e nutriente raccoglieva tutte le verdure che l’orto forniva; veniva preparato in casa, con un procedimento tramandato oralmente da made in figlia, e cotto in forno a legna. La chiusura a piccoli pizzicotti era la firma dell’autore, inconfondibile ad un occhio allenato.
Oggi la scaccia rappresenta un apprezzato street food, proprio per la comodità di poterlo mangiare con le mani, senza perdere neanche una goccia del prezioso contenuto. Alcune rosticcerie preparano la scaccitedda, una mini versione della scaccia, che di solito – per restare leggeri – viene accompagnata ad un arancino o arancina (a seconda della zona della Sicilia in cui vi trovate).
Se in passato la scaccia era quasi un cibo quotidiano, oggi lo si ripropone per la cena di magro della vigilia di Natale, accanto a tante altre portate.

Il ricordo che ho di Ragusa è incastonato in un tramonto di fine agosto. La ricordo, assieme al caldo e alla stanchezza, immersa in un’atmosfera silenziosa e surreale. Era l’orario in cui le strade erano già semivuote. Quasi tutta la città era a cena e il nostro scalcagnato gruppetto si aggirava confuso, dal basso verso l’alto, per le stradine di Ragusa Ibla, simili a quelle di antico quadro o di un presepe. Prima di giungere alla chiassosa piazza principale ci abbiamo messo un po’, fotografando ogni scorcio, desiderando di perderci in quel silenzio, inusuale nella frenetica e chiassosa Sicilia che avevamo conosciuto fino a quell’istante.
Guardate qui se non sembra un presepe:
[fonti: http://www.scampomatto.it/post/4543/scaccia-rausana
http://it.wikipedia.org/wiki/Scaccia
http://www.coffeemattarello.com/2013/08/focacce-modicane-con-pomodoro-e-cipolla.html]

Per la scelta del mio ripieno, come al solito, ho viaggiato per l’Italia. Ho usato cavolo nero ed ho veleggiato ancora più a nord per il sapore esplosivo del gorgonzola. Ho messo un po’ di croccante dolcezza con le mandorle intere e una sferzata di energia con il peperoncino. Ne è uscito un capolavoro che non vi farà rimpiangere la classica e deliziosa scaccia con pomodoro e cipolle!

Un messaggio per qualche siciliano che detesta le verdure a foglia: <<scusa per la mia interpretazione sopra le righe, ma ti assicuro che è buonissima anche così! ;)>>

La ricetta: Scaccia ragusana con ripieno continentale

250 g di farina di semola Kronos Molino Grassi
130-140 g di acqua leggermente intiepidita
6 g di lievito di birra fresco (un pizzicotto)
1 cucchiaio colmo di olio extravergine d’oliva
1 cucchiaino di sale

3-4 cespi di cavolo nero freschissimo
1 grosso spicchio d’aglio
1 piccolo peperoncino
2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
1 manciata di mandorle
100 g di gorgonzola

olio extravergine d’oliva per irrorare

Preparare l’impasto della scaccia. Sciogliere il lievito nell’acqua e poi cominciare ad aggiungerlo alla farina setacciata in una grossa ciotola. Avviare l’impasto ed aggiungere poi l’olio e il sale. Lavorare l’impasto finché non risulta perfettamente omogeneo. Metterlo a lievitare coperto e al tiepido.
Nel frattempo dedicarsi alla preparazione del ripieno.
Lavare il cavolo nero e liberare i cespi dalle parti più dure del gambo.
In una pentola capiente, rosolare per qualche istante l’aglio e il peperoncino in due cucchiai d’olio. Aggiungere le foglie di cavolo nero e saltarle, seguendole per un paio di minuti. Sfumare con acqua e stufare, regolando di sale, finchè non si abbasseranno e risulteranno morbide. Lasciare raffreddare altrimenti il ripieno tenderà a bucare l’impasto.

Quando l’impasto risulterà raddoppiato, sgonfiarlo e dividerlo in due panetti.
Scaldare il forno a 250°C.
Stendere ogni porzione di impasto in una sfoglia rettangolare sottile, spessa circa 2 mm. Disporre sulla sfoglia il cavolo nero, le mandorle intere, e il gorgonzola a pezzettini, lasciando un bordo di circa 2 cm tutto intorno. Irrorare con un filo d’olio.
Ripiegare i due lati lunghi del rettangolo verso l’interno, fino a circa metà della sfoglia. Poi ripiegare ancora uno di questi lati, fino a coprire totalmente l’altro. (qui le foto del procedimento).
Sigillare i lati corti con dei piccoli pizzicotti e pungere la superficie della scaccia con una forchetta perchè non si gonfi in cottura; la mia si è gonfiata ugualmente, quindi verificate che i buchi siano ben fatti e non richiudano immediatamente.
Ripetere l’operazione per la seconda scaccia.
Infornare per circa 20 minuti. Una volta sfornato lasciar riposare 5 minuti prima di affettare. Tiepida è ancora più buona e sprigiona tutto il suo sapore.

Con questa prima ricetta partecipo al contest Blogger Love Qb di Impastando S’Impara con Molino Grassi nella categoria Kronos.

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Biscotti-bottoncini al profumo di arancia e cardamomo Arancia e cardamomo, abbinamento perfetto per biscottini divertenti

Una volta era una grande scatola di latta, piena di rocchetti e di bottoni; molto spesso vi si formavano garbugli indistricabili tra i fili colorati.

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Le mie Tiriccas, con ripieno di ficotto e mandorle e farine Qb Kronos e Kamut

Arriva una ricetta antica; antica perchè si tratta di un dolce tradizionale, ma anche perchè ha davvero un gusto d’antan, poco dolce, anzi con una punta di amaro, e senza un solo granellino di zucchero.
Più che una ricetta ecco la cronaca di una ricerca, ricerca che è partita pensando a cosa elaborare per il contest di Valentina e del Molino Grassi, con le sue farine biologiche della linea Qb, quelle di grano duro, Kronos e Kamut da grano Khorasan Kamut.
Il pensiero è andato quasi subito alle tiriccas sarde, dolcini tipici del periodo pasquale o, secondo alcune tradizioni, che variano di zona in zona, del periodo di
Sant’Antonio Abate, a gennaio, e regalati ritualmente anche alle famiglie in
lutto.
A seconda della zona in cui si preparano sono detti pani e saba, ovvero dolci di mosto, oppure caschettas nella zona di Alghero o ancora tiriccas o tilliccas, pizzicando la t nella pronuncia, ma anche cocciuleddi in Gallura. Il
significato del nome per me è ancora un mistero: non sono riuscita a
trovare una spiegazione esauriente, anzi l’unica presente online è che
pare che derivi da alcuni riti quaresimali del culto greco (sic!)
Oggi, abbandonata la ritualità religiosa, si trovano in vendita tutto l’anno, in diverse zone della Sardegna, ed attirano l’occhio per la caratteristica forma a spirale o quella più simile a un ferro di cavallo chiuso ad entambe le estremità; sono preparati con un involucro di pasta molto sottile, bianchissima e finemente cesellata, e farciti solitamente di sapa, mosto cotto, oppure di miele e mandorle o di marmellata molto densa.
Alcune ricette fanno riferimento per il guscio di pasta ad una farina di tipo granito, ovvero finissima di grano tenero, ma visto che nella mia famiglia le ho sempre viste fare di grano duro, molto più usato in tutta la cucina sarda, ho usato la farina Molino Grassi Qb Kamut da grano Khorasan, ricca di proteine nobili, acidi grassi insaturi, sali minerali e oligominerali.
Per il ripieno invece si usa una semola grossa, che permette di far inspessire il mosto d’uva; si è rivelato perfetto l’utilizzo della farina Qb Kronos, dalla grana ricca e rustica. Si tratta di un grano duro che venne selezionato a partire dagli anni ’80 nel deserto dell’Arizona; oggi è prodotto e lavorato integralmente in Italia.
Approfondendo la ricerca per essere ancora più certa che il grano duro fosse la scelta corretta, ho scoperto che il nome dell’impasto per il guscio sottile di questi dolci è pasta violata, o violada in lingua sarda. Per alcuni significa “violentata”, e il violentatore sarebbe lo strutto che va a modificarne la fibra, rendola bianchissima e molto più plastica. Ora, siccome lo strutto ha un cuore tenero, non potevo credere che arrivasse a violentare alcunché, e quindi ho cercato ancora l’origine di questa parola:

violà re, vrb: fiolare
ammodhigare, nà ¢du de sa pasta pro fagher pane; fagher carchi cosa
chentza fagher contu de sas lezes, diferente e in contrà riu de su ’e sa
leze s’atelat sa cariadura de sa sà *mula annanghendhe ozu porchinu in cantidade pro chi ndh’inciumat fintz’a violare.


Fiolare
o violare significa quindi ammodhigare, cioè ammorbidire; in questo caso si ammorbidisce con lo strutto: dopo aver ottenuto un impasto molto asciutto con farina di grano duro, macinata finissima, e acqua, si ammorbidisce pian piano l’impasto, aggiungendo gradualmente piccole dosi di strutto.
Come dicevo più sopra, il ripieno dei dolci è tradizionalmente a base di mosto d’uva cotto e semola grossa. Talvolta la saba utilizzata, soprattutto nella zona di Oristano, è quella di fico d’India, saba de figu morisca. Così, per la mia abitudine di voler unificare l’Italia e di fare intersezioni tra le cucine delle diverse regioni, ho pensato di utilizzare nella mia ricetta il ficotto, mosto cotto ottenuto dal fico rosa di Pisticci, paese lucano in provincia di Matera.
[fonti:
-http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2005/08/18/STEPO_STE04.html
-http://it.wikipedia.org/wiki/Saba_%28gastronomia%29 
http://www.coquinaria.it/forum-tavola-rotonda/]
La ricetta: Tiriccas, dolci sardi ripieni di saba, rivisitati con il Ficotto.
per il guscio:
250 g di farina Kamut Qb Molino Grassi
60 g di strutto
per il ripieno:
70 g di farina Kronos Qb Molino Grassi
40 g di mandorle spellate e tritate
250 ml di ficotto di Pisticci
2 cucchiai di miele di corbezzolo
la buccia grattugiata di un’arancia
Preparare il ripieno: in un pentolino mettere il ficotto, sciogliervi il miele e poi versarvi le mandorle tritate finemente. Scaldare fin quasi ad ebollizione. Versare a pioggia la farina di semola e mescolare ininterrottamenre finché il composto non si addensa. Deve diventare pastoso e lavorabile. Lasciar raffreddare.
Preparare l’impasto del guscio: mettere in una ciotola la farina Kamut, aggiungervi poca acqua tiepida fino ad ottenere un composto farinoso. Aggiungere lo strutto freddo, poco alla volta, facendolo assorbire all’impasto. La lavorazione prosegue per una decina di minuti, aggiungendo poco strutto alla volta, fino ad ottenere una pasta molto liscia e morbidissima.

Stendere una porzione di pasta con la macchinetta (spessore alla tacca più sottile) o con il mattarello. Ritagliare dei rettangoli di impasto con l’apposita rotella, di lunghezze diverse e della larghezza di circa 4 cm.

Ricavare dal ripieno tanti rotolini del diametro di 1 cm. Ogni rotolino va messo al centro del rettangolo di sfoglia che va poi ripiegato verso l’alto e poi arrotolato a spirale o fermato a ferro di cavallo.

Procedere con tutta la pasta e il ripieno. Far asciugare, senza far colorire, in forno già caldo ventilato a 120-130°C per 20-25 minuti ed infine far raffreddare completamente prima di assaggiare.
Con questa prima ricetta partecipo al contest Blogger Love Qb di Impastando S’Impara con Molino Grassi.
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Gnocchi ripieni di scamorza affumicata e porro

Oggi una ricetta di transizione, prima di avviarci a grandi passi verso il Natale. Questa è una ricetta che riposa lì da un po’…in attesa che le foto siano aggiustate e in attesa di trovare il giorno giusto per pubblicare.
Oggi è il giorno giusto. Fuori è buio, non perchè sia presto, ma perchè il sole non sorge da un po’ di giorni, completamente schermato da una spessa coltre di nuvole. La luce è fredda, come lo era il giorno che ho scattato queste foto. Il clima è umido, è un soffice boccone di patate che nasconde dentro di sé la sorpresa di formaggio e porri saltati, è proprio quello che ci vuole. 
Le foto non sono al top, ma a me fanno venire fame.
Arrivano, semplicissimi e golosi, i miei gnocchi ripieni!

La ricetta: Gnocchi ripieni di scamorza affumicata e porro
per gli gnocchi:
circa 300 g patate lessate, sbucciate tiepide e schiacciate (per me patate di montagna, viola ma non troppo)
circa 100 g di farina
tuorlo d’uovo
fecola di patate

per il ripieno:
50 g di scamorza affumicata
2 porri (solo la parte bianca tenero)
olio extravergine d’oliva
sale, pepe

per il condimento:
burro di montagna
timo

Preparare il ripieno, tritando finemente il porro e rosolandolo in una padella con due cucchiai d’olio, finché non diventa morbido. Quando occorre, sfumare con un goccino d’acqua e regolare poi di sale e pepe.
Tagliare la scamorza a cubettini di 1,5cm e lasciare fuori frigo.
Preparare l’impasto degli gnocchi,mescolando la purea di patate con la farina e un tuorlo d’uovo, sbattuto. Aggiungere il sale ed impastare, aiutandosi con un poco di fecola di patate se l’impasto risultasse troppo appiccicoso. 
Ricavare delle porzioni d’impasto della grandezza di una grossa noce. schiacciarla nel palmo della mano e ricavare una fossetta dove si metterà un poco di porri tritati e un cubetto di scamorza. Richiudere l’impasto sul ripieno, sigillando bene.
Formare tutti gli gnocchi e intanto portare ad ebollizione una pentola d’acqua. Quando l’acqua bolle, salarla e lessarvi gli gnocchi finché non vengono a galla. 
Intanto sciogliere il burro in una padella capiente, e insaporirlo con foglioline di timo. Scolare gli gnocchi, passarli nel burro al timo e servire.
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