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Il Food Revolution Day 2013 e il Panbrioche facile facile con lievito madre

Dopo l’anteprima di domenica, con un pic nic svoltosi sul prato del Valentino a Torino, davanti al Fluido, entriamo nel vivo della settimana che ci porterà al Food Revolution Day del 17 maggio.
Molti di voi conoscono già questa iniziativa; per quelli che invece non ne hanno ancora sentito parlare consiglio di andare a leggere qui e qui e di fare un salto sul blog della promotrice e curatrice dell’evento a Torino: Mangia Che Ti Fa Bene Bimbo di Marcela Senise.
Ci sarà la possibilità di partecipare ad eventi a tema “cibo buono che fa bene” in diverse scuole di cucina Torinesi, e si potrà mangiare nei locali che hanno aderito all’iniziativa. Vi consiglio di guardare ben bene il programma.
 
L’anno scorso avevo partecipato con una ricetta.  Quest’anno sono arrivata tardi per proporre uno dei miei pani al contest organizzato da Marcela
No, rettifico, ho scoperto che il contest è prorogato fino a giovedì  ed ho ugualmente una ricetta da condividere con chi mi legge, all’insegna della buona alimentazione.
Trascinata anch’io nel vortice della panificazione con la pasta madre, (che mi è stata donata da Laura) ho voluto sperimentare questo panbrioche. La ricetta di Francy è a sua volta estratta da altri blog ed è diventata un bellissimo esempio di condivisione.
Io ho ridotto la quantità di impasto perchè, ancora non sicura della forza del mio lievito madre, non volevo rischiare di dover buttare tutto. Il risultato è stato sorprendente: per la mia quantità di impasto ho usato uno stampo da plumcake di 19x10x7,5 cm.
Il pane si conserva a lungo in un sacchettino di carta da pane messo poi all’interno di un altro  di plastica per alimenti: basta riscaldare leggermente le fette, in forno o su una padella antiaderente per ritrovarle soffici e profumate. La quantità di zucchero è tale da far sì che questo pane si possa accompagnare anche a ingredienti salati, ma con burro e marmellata è la fine del mondo!
Se avete già in casa vostra il lievito madre provate questa ricetta, oppure cercate di adottare la vostra pasta madre da uno spacciatore, qui trovate tutto l’elenco: spacciatori di pasta madre.
Oppure…continuate a parlare con le galline… 😉
La ricetta: Panbrioche con lievito madre
200 g di farina 0
70 g di pasta madre (rinfrescata al mattino)
50 g di burro 
50 ml di latte intero
60 g di zucchero semolato (nella ricetta originale ne sono indicati 30 g)
1 uovo
qualche cucchiaio di latte tiepido e zucchero di canna per decorare
La sera ho fatto sciogliere il burro nel latte e ho fatto intiepidire il tutto.
Ho spezzettato il lievito madre in una ciotola capiente e poi l’ho fatto sciogliere con il latte tiepido.
Ho aggiunto la farina setacciata, poi lo zucchero e l’uovo leggermente sbattuto con un pizzichino di sale.
Ho lavorato a mano, aggiungendo una manciata di farina, fino ad ottenere un impasto morbido e liscio.
Ho messo l’impasto a lievitare in una ciotola, coperta da un panno umido, in luogo tiepido, al riparo da correnti, per circa 8 ore.
Al mattino ho ripreso l’impasto, l’ho sgonfiato e diviso in 4 parti uguali.
Per ogni porzione d’impasto ho fatto un giro di pieghe, io per gli impasti burrosi normalmente non faccio le pieghe a libro ma quelle in tondo…appena trovo un video da postarvi lo aggiungerò qui sotto.
Poi ho formato una pallina e l’ho deposta nello stampo imburrato e infarinato, ed ho ripetuto il procedimento per le altre tre porzioni d’impasto.
Ho fatto lievitare il tutto fino a quasi triplicare di volume (4 ore) e poi ho infornato a 180° gradi, in forno ben caldo, dopo aver spennellato la superficie di latte tiepido e spolverato di zucchero di canna integrale.
In 25 minuti il pane sarà cotto e ben dorato, ma controllate picchiettandolo sul fondo il grado di cottura, se suonerà vuoto, sarà cotto.
Ho fatto raffreddare su una gratella, in modo che non si formasse umidità sul fondo della teglia.
Visto che sono ancora in tempo, partecipo con questa ricetta al Web Contest del Pane, lanciato da Marcela per pubblicizzare il Food Revolution Day del prossimo 17 maggio.

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Arrivano i Digital Food Days

Stanno arrivando i Digital Food Days!! 
All’interno del grande contenitore dedicato al mondo digitale e delle nuove tecnologie, il Digital Festival 2013, un posto d’eccezione è dedicato al mondo del food in tutte le sue sfaccettature digitali.
I Digital Food Days prenderanno ufficialmente il via sabato 11 maggio, nell’ambito di Digital For People, proseguendo con diversi appuntamenti che si snoderanno anche in contemporanea con l’altro appuntamento abituale del maggio torinese, il Salone del Libro 2013. 
Io vorrei invitare tutti i miei lettori a due eventi a cui prenderò parte:
Sabato 11 maggio ci sarà l’evento che darà il via ai Digital Food Days, la conferenza Pane, amore e social media: il turismo enogastronomico e la sfida digitale, che oltre a ricordare il titolo del celebre film, lancia anche un interrogativo: noi, foodblogger e travel blogger, siamo i nuovi narratori della scena enogastronomica italiana, in grado di attirare con i nostri post e live-tweeting nuovi turisti curiosi e golosi? Ovviamente di parte, io ci spero: assisteremmo così alla nascita in diretta di una nuova professionalità, propositivo già abbozzato durante Nice To TwEAT You, e di nuove opportunità di lavoro per i blogger più capaci e meritevoli.
Assieme a me a parlare di digitale, enogastronomia e turismo ci saranno, Maria Elena Rossi, Direttore generale Sviluppo Piemonte Turismo, Marcello Trentini, chef del ristorante Magorabin di Torino (1 stella Michelin), Carlo Vischi, editore e animatore del panorama food&wine italiano, moderati da Paola Tournour-Viron, giornalista per testate del trade turistico, specializzata in trend di consumo e sviluppo delle destinazioni turistiche.
Ci vediamo alla Piazza dei Mestieri in Via Jacopo Durandi 13 a partire dalle ore 11.

Lunedì 13 maggio presso il FitzLab della Fondazione Fitzcarraldo, si terrà Storie di Genio Italiano, un evento targato Gnammo, in cui i partecipanti racconteranno alcune iniziative che stanno mettendo in gioco il provebiale “Genio
Italiano” e le possibilità offerte dal web, per creare nuove attività e
lavoro. A fare gli onori di “casa” Fitzcarraldo ci sarà Laura Cherchi voce istituzionale per Fondazione Fitzcarraldo, ai fornelli troveremo Elisa Mereatur, di Cucina-To, mentre Angelo D’Agostino di Lacumbia Film documenterà con foto e video la serata.
Io mi occuperò delle parole, portando la mia esperienza di foodblogger, moderando la conversazione che sarà naturalmente informale e twittando tutte le storie della serata con l’hashtag #genioitaliano.
Occorre prenotarsi su Gnammo, i posti disponibili sono solo 20!

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Cascina Fontanacervo: la visita al caseificio

Cascina Fontanacervo è un posto speciale vicino a Villastellone. La famiglia Crivello ci vive e ci lavora dal XVII secolo ed io trovo affascinante immaginare questi campi, che sono ora coltivati a foraggio per il bestiame, ancora attraversati dai cervi e dalla selvaggina. 
Il nucleo originario della cascina è quello del ‘600 e molte delle attività vengono svolte con la stessa naturalità e semplicità di un tempo, anche se ora ci sono i macchinari ad alleggerire il lavoro.
Dal semplice allevamento di mucche da latte, la famiglia Crivello è passata alla trasformazione in yogurt negli anni ’90 e successivamente alla produzione di formaggi.
Oggi sono Maestri del Gusto, ciò significa che hanno ottenuto un riconoscimento dalla Camera di Commercio di Torino per aver svolto il loro lavoro in modo sano e genuino.
La filiera produttiva è interamente svolta in cascina e nei campi limitrofi, con un’evidente minimizzazione dei trasporti e dell’inquinamento ambientale.
Proprio davanti alla cascina vengono coltivati erba e granoturco destinati al bestiame, senza l’uso di concime chimico, ma con il solo utilizzo del liquame animale. 
A pochi passi dai campi, le mucche, di razza Frisona e di razza Jersey, vengono foraggiate con alimenti completamente naturali e la media produttiva è tenuta volutamente bassa per dare una migliore qualità della vita all’animale: ogni mucca produce mediamente 20 litri di latte al giorno, contro i 35 degli allevamenti intensivi.
Il latte subito dopo la mungitura viene trasportato senza venire a contatto con l’aria esterna fino ai locali per la lavorazione. Questa è affidata al Mastro Casaro e ad altri specialisti che trasformano il latte in yogurt e formaggi senza utilizzare ingredienti chimici, né addensanti e coloranti, ma solo latte, caglio e sale. 
Anche gli imballaggi sono ridotti al minimo, e si privilegiano quelli riciclabili, come il cartone e il vetro.
I prodotti sono davvero tanti; il latte e la panna, innanzitutto, seguita dal burro, dalle creme-dessert, dagli yogurt, in tanti gusti diversi e nella variante probiotica; poi vengono i formaggi freschi, i tomini e i tomini a rotolo (quelli da fare elettrici o al verde), la freschissima, la crema contadina (che è come lo stracchino), poi il primo sale, la mozzarella, le robiole e poi la ricotta; infine ci sono dei formaggi a media stagionatura: la Turineisa (30 giorni), la Granda (60 giorni), la Sabauda (90 giorni) e poi le mie preferite, le tenere Paglierine con stagionatura di 20 giorni, che un tempo venivano poste a maturare sulla paglia e mentre all’esterno si formava una crosta bianca, su cui restava impresso il reticolo di paglia sul quale erano appoggiate, l’interno si trasformava rapidamente in una crema morbida e delicata.
Infine un tocco di golosità: Fontanacervo produce anche del gelato delizioso…io l’ho assaggiato ed è ricco e cremoso. A proposito di gelato voglio parlarvi di un appuntamento che i golosi e i curiosi non possono farsi scappare: sabato 25 maggio, dalle 11 alle 18, ci sarà l’Open Day di Fontanacervo, durante il quale sarà possibile visitare la cascina e il caseificio, vedere le mucche e i vitellini e capire come vengono prodotti i loro formaggi. Inoltre sarà possibile assaggiare il gelato Fontanacervo ed il ricavato dalla vendita delle coppette sarà interamente devoluto in beneficienza alle Figlie di Maria Ausiliatrice per l’acquisto di un generatore in Congo. 
Trovate ulteriori informazioni sul loro sito e sulla pagina Facebook dell’evento. Occorre registrarsi!!
Spero di avervi suscitato un po’ di curiosità e vi lascio con una ricetta fatta apposta per la deliziosa Paglierina, un flan di asparagi delicatissimo che ben si sposa con la crema dolce del formaggio e con il croccante del pane azimo.
La ricetta: Flan di Asparagi con Paglierina Fontanacervo e Pane Azimo cotto in padella
500 g di asparagi 
1/2 cipolla piccola
erba cipollina
olio
sale
pepe bianco
2 uova
parmigiano grattugiato
Ho lavato gli asparagi e, tenendo le punte da sbollentare a parte, ho tagliato i gambi a rondelline sottili.
In una padella con 2 cucchiai d’olio ho fatto rosolare la cipolla sminuzzata e le rondelline di asparagi, stufandole con acqua finché non sono diventate morbide. Ho regolato di sale e pepe e profumato con dell’erba cipollina.
Ho frullato questo composto finemente, poi ho messo da parte qualche cucchiaio di purea di asparagi e nella restante ho aggiunto le uova e due cucchiai di parmigiano grattugiato.
Ho diviso il composto in pirottini di silicone ed ho infornato a bagnomaria a 190° finchè non sono diventati sodi. 
Nel frattempo ho preparato il pane azimo, la ricetta è questa del blog Cris e Max in cucina.Ho usato 200 g di farina, 50 ml d’acqua, un pizzico di sale e 1 cucchiaio d’olio. L’impasto deve riposare un quarto d’ora e poi può essere cotto in padella.
Ho servito i flan ben caldi deponendoli su una cucchiaiata di purea di asparagi, con sopra le puntine sbollentate in acqua salata, con un’insalatina di valeriana, gli spicchi di Paglierina e il pane azimo.
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EmiliaMonAmour si mette l’abito da sera: martedì 30 aprile a Modena

Il mese di maggio si preannuncia carico di eventi per Ricette di Cultura e si comincia con un giorno di anticipo, il 30 aprile con la presentazione ufficiale di Emilia Mon Amour.
Cosa significa? Significa che l’ebook ideato e curato da Muffin e Dintorni, con tutte le ricette che noi foodblogger abbiamo dedicato all’Emilia, per allontanare lo spauracchio del terremoto del maggio 2012, finalmente si mette l’abito da sera e verrà presentato fuori dalla rete durante un appuntamento speciale.
A Modena, a partire dalle 17,30 al Baluardo dellla Cittadella ci sarà l’evento “Tigella 2.0: rezdore ieri, foodbloggers oggi“.

Durante l’incontro verrà presentato il rapporto di Coldiretti/Censis “Crisi: vivere insieme, vivere meglio“.
Interverranno una vera rezdora emiliana, Mirella Fiandri, le ragazze di Muffin e Dintorni, Cecilia e Micol, Federica Barozzi di Campagna Amica e Francesca Barbieri, specialista della comunicazione 2.0.
Dal Piemonte, io ed Anna Bugané prenderemo un treno per raggiungere Modena e saremo lì, per non perderci neppure una virgola e per portare alta la bandiera di tutte le 15 foodbloggers che hanno partecipato alla raccolta.
Al termine del dibattito ci sarà un aperitivo a Km 0 che si preannuncia carico di sorprese.
Io twitterò con l’hashtag #tigella2punto0, ma anche #emiliamonamour e #coldirettimo, quindi, se non potete essere lì con noi a Modena, vi invito a seguirmi su Twitter e a dare la giusta eco all’evento, ritwittando, ma anche dialogando con noi! 
E’ possibile acquistare la raccolta di ricette emiliane Emilia Mon Amour sul sito di Ebook Editore, al prezzo di 5 €. Tutto il ricavato sarà devoluto al fondo Coldiretti per le aziende agricole emiliane colpite dal terremoto dello scorso maggio.

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La Maggiorana, dal biscottificio Maggiora alla Scuola di Cucina di Eccellenza

Come sapete amo i posti ricchi di storia e La Maggiorana è uno di questi: la prima scuola di cucina di Torino è nata nel 1973 in un laboratorio del dismesso biscottificio Maggiora, per l’iniziativa di Elena Chissotti Maggiora. Da allora il percorso si è svolto in famiglia, con grandi successi e progetti sempre più ambiziosi e fulgidi.Dal 1999 Erica Maggiora insegna agli allievi e da qualche anno è supportata dalla figlia Camilla. Questa storia è perciò un esempio di riuscita imprenditoria al femminile, e un bel riscatto per il biscottificio Maggiora che nel tempo era stato fuso con la Talmone ed era scomparso come marchio.

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Il primo #socialchefpiemonte con Walter Ferretto de Il Cascinale Nuovo di Isola d’Asti

#socialchefpiemonte non è solo un hashtag, ma rappresenta un inizio: chef stellati e non che si avvicinano con consapevolezza ai nuovi strumenti social per comunicare la loro idea di cucina e i prodotti che prediligono usare. 
Il primo è stato lo chef stellato Walter Ferretto (su Twitter @FerrettoWalter) del ristorante Il Cascinale Nuovo di Isola d’Asti, grazie all’iniziativa di Carlo Vischi, della BITEG, Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico, e di noi foodblogger che abbiamo amplificato il messaggio su Twitter, Instagram e Facebook
All’inizio Ferretto, che ci ha accolto con grandissima cortesia, era un po’ scettico sull’utilità di questi mezzi di comunicazione. Gli stessi produttori a cui abbiamo fatto visita con grande curiosità e golosità, hanno risposto nello stesso modo alla domanda “avete un profilo Twitter o Facebook?”: <<sì, ma non abbiamo molto tempo per seguirlo>> Come se la comunicazione social non fosse, grazie alla sua intrinseca interattività, un sistema efficacissimo per entrare in contatto con i consumatori.
Durante la due giorni di Isola d’Asti, Walter Ferretto ha avuto modo di ricredersi, vedendo le risposte dei followers, che non aspettavano altro che uno spunto per mettersi in contatto con lui.
Qui, qui e qui trovate gli storify redatti grazie al live-twitting.
Qua sotto parte il riassunto fotografico dell’esperienza del primo #socialchefpiemonte, con tutte le golosità degustate e un percorso delineato che avrà interessantissimi sviluppi per la crescita del turismo enogastronomico nella nostra regione.All’arrivo al Cascinale Nuovo si inizia con il pranzo: una meraviglia di bagna caoda con l’aj ‘d Caraj, il famoso aglio di Caraglio, e tante deliziose verdure fresche.

 
Nel pomeriggio la visita alla torroneria e cioccolateria Davide Barbero, tra torrone, uova di Pasqua e  una storia iniziata nel 1883 e che prosegue ancora oggi con la stessa cura.
 

  

 

 

 
 
 
 

La giornata prosegue da Elio Perrone, una storia che si declina lungo quattro generazioni di viticoltori, dalla fine dell’800 ad oggi. Si produce in massima parte moscato, ma anche Barbera d’Asti. Assolutamente da assaggiare il Gi, da uve Chardonnay e Moscato, un vino dagli aromi freschi, perfetto con un antipasto di pesce o di verdure.

 

Al ritorno al Cascinale Nuovo, lo show cooking di Walter Ferretto, tra plin e papi in elezione, turcet e tweet… poi la cena. Piatti deliziosi e curati, frutto dell’esperienza e dell’amore di Walter per i prodotti del territorio.

 
 

 

 

 
 
Il giorno seguente si parte con la visita a Il Tonchese di Agostino Renzo Artuffo, allevatore di galletti e gallinelle in località Tonco d’Asti. Anche qui possiamo sentire la stessa passione per le cose fatte con cura e nel rispetto dei ritmi di natura. 
 
 
 
Concludiamo questa due giorni con un appuntamento dolcissimo presso la pasticceria Daniella di Asti. Un piccolo laboratorio artigiano dove ogni giorno Raffaella e Daniela, amiche da una vita, sfornano delizie. Mi faccio conquistare dalla Nocciolla, sofficissima torta di nocciole, e dai pasticcini con amarena e pasta di mandorle, ma anche il salato è sublime.
 
 
Se volete approfondire ulteriormente il discorso su #socialchefpiemonte ci vediamo al Digital Festival, nell’ambito dei Digital Food Days, qui a Torino dall’11 al 19 maggio!!
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Tra colombe e moscato, a Mango per Dolce di Natura

Travolta da un un trasloco, che si protrarrà tra le mura domestiche ancora per qualche settimana, tra scatoloni da svuotare e mobili da montare, avevo non ho ancora avuto occasione di raccontare cosa è successo a Mango il 10 e 11 marzo.
Si è svolto Dolce di Natura, un gustosissimo incontro tra il Moscato d’Asti DOCG, il re dei vini dolci, e la colomba artigianale preparata con lievito madre. 

Ecco, scordate l’approssimativa parvenza di morbidezza delle colombe prodotte industrialmente: la colomba di pasticceria si scioglie letteralmente in bocca, impossibile resistere!! Quelle che abbiamo potuto assaggiare a Mango, presso l’enoteca regionale Colline del Moscato erano assolutamente superlative, alcune profumate dall’aroma del moscato, altre arricchite dai marroni, un’esperienza da veri golosi.

Dopo la degustazione ho assistito alla conferenza stampa dedicata all’evento, condotta da Maria Bianucci. Il racconto di come il lievito madre vada seguito ed accudito con impegno e pazienza viene fatto da due oratori d’eccezione i pasticceri Achille Brena e Sergio Conti. Dalle loro parole traspare la dedizione con cui hanno sempre svolto il loro lavoro: il lievito madre è vocazione ed Achille Brena ne possiede uno di 130 anni, che lui accudisce da oltre 50 anni. Dall’amore per le cose fatte con cura è nato Pa”lin, una vera e propria scuola del lievito naturale che insegni all’utilizzo della pasta madre nelle creazioni di pasticceria e panetteria.
Parlando di colomba non si può non parlare di Moscato, un giro di 100 milioni di bottiglie prodotte nei 52 comuni del Moscato d’Asti ed esportate in tutto il mondo.

Il moscato un tempo si abbinava a salame cotto, robiola e bagna caoda, perchè quelli erano i cibi consumati in cascina, dunque era un vino strettamente legato al territorio, ora porta l’eccellenza piemontese in giro per il mondo.
Ad affiancare il discorso enogastronomico, la straordinaria mostra di Sandro Chia. L’artista espone all’Enoteca Regionale Colline del Moscato, per tutto il mese di aprile, la serie di dipinti ispirati a La Malora di Beppe Fenoglio, che proprio in queste zone visse e scrisse, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua morte.
La cena dedicata ai produttori si è svolta al ristorante “Campagna Verde” di Castiglione Tinella. Ingredienti della tradizione piemontese hanno trovato un volto nuovo e una presentazione d’eccezione nei piatti preparati per noi dallo chef Massimo Arione. In abbinamento abbiamo potuto assaggiare gli altri vini dei produttori del Moscato, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo ed altri. 

Dopo la cena io ho avuto il piacere di pernottare presso l’agriturismo Finestre di Langa, presso l’Azienda Agricola Cerrino, di Sergio Cerrino, uno dei produttori. L’agriturismo si trova nell’assoluta tranquillità di Trezzo Tinella in località Cappelletto, con solo tre ampie e gradevoli stanze e un’atmosfera piacevolmente semplice e familiare. 
Il risveglio è stato allietato da una colazione deliziosa, con la torta di nocciole della padrona di casa, e con lo sciogliersi lento della bruma sull’arco delle colline di Langa.
Il signor Sergio mi ha fatto visitare la cantina, ma è arrivato presto il momento di partire alla volta di Neive, con la speranza di tornare presto per degustare i suoi vini.
Ad aspettarci un’appendice piacevolissima di Dolce di Natura con la lezione tenuta da Achille Brena e Sergio Conti alla Scuola dell’Arte Bianca di Neive, dove i due Maestri hanno parlato ai ragazzi, i pasticceri di domani, trasmettendo loro la propria passione. 
L’evento Dolce di Natura si è rivelato una splendida occasione per approfondire tematiche di grande interesse legate al territorio delle Langhe, anche fuori dai soliti circuiti.
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#Made in To la visita alla Pastiglie Leone

Se vi chiedessero di tornare bambine per un giorno? Poi se questa occasione vi venisse offerta proprio il giorno della Festa della Donna, chi direbbe di no?

E così ho accolto con grandissimo entusiasmo la possibilità di visitare finalmente la Fabbrica delle Pastiglie Leone
Già dall’anno scorso era possibile partecipare ad alcuni tour guidati alla scoperta delle mitiche pastigliette e di altre aziende del teritorio torinese.
Quest’anno Turismo Torino rilancia ed offre, con Made in Torino, un carnet di scelta sempre più ampio per andare a curiosare nei marchi storici della provincia.
Non si poteva che cominciare in dolcezza ed eccoci dunque in partenza, folta schiera di donne curiose (e golose), alla volta di Collegno, dove in un unico stabilimento prendono vita dolcezze indescrivibili. 

 
Fin da subito quel che più balza agli occhi – e al cuore – è l’attaccamento all’azienda e la difesa di una storia di famiglia, in cui Daniela Monero, che ci accompagna nella visita, è la protagonista assieme al suo defilato, ma attentissimo, papà.
Così tra antiche scatole di latta, passate in chissà quali mani di golosi del secolo scorso, Daniela ci racconta la storia delle Pastiglie Leone che comincia ad Alba ad opera di Luigi Leone. Quasi subito l’azienda viene spostata a Torino perchè possa diventare fornitrice della Real Casa. Così accade, e famosa è la storia che vede un pensieroso Cavour prendere le più importanti decisioni politiche gustando la caramella gommosa Leone alla violetta.

Prima di diventare capitale d’Italia, Torino diventa capitale della pasticceria e confetteria, e conserva questo titolo ben più a lungo.
La famiglia Leone, però, dopo alcuni anni di successi, decide, nel 1934, di prendere altre strade e di vendere l’azienda. Chi subentra nella proprietà e nella gestione è Giselda Balla Monero, una delle prime imprenditrici italiane, la nonna di Daniela, detta anche La Leonessa. La Fabbrica delle Pastiglie Leone, nell’antica sede di corso Regina, raggiunge subito un più fulgido splendore e lo mantiene; il merito va a scelte oculate ma ardite, come i primi investimenti in pubblicità e in fidelizzazione della clientela.

Dalla storia alla cura di oggi c’è stato solo un salto temporale. La fabbrica è stata spostata a Collegno per far spazio al sogno del signor Monero di ricominciare la produzione del cioccolato. Il sogno si è realizzato e nella più alta espressione possibile.

Oggi, come all’inizio della storia di questa fabbrica delle meraviglie, vengono utilizzati ingredienti di primissima scelta. Solo gomma arabica e gomma adragante per le pastiglie, tanto zucchero, oli essenziali, estratti direttamente dai frutti e piante, e coloranti naturali.

Il cioccolato viene fatto con il cacao migliore, che viene lavorato a partire dalla fava, proveniente dal Centro America e da Sao Tomé; viene utilizzato solo zucchero di canna e vaniglia proveniente dal Messico. E per il cioccolato al latte si usa il latte fresco, non quello in polvere, e all’assaggio questa scelta, per certi versi faticosa perchè complica la lavorazione, si sente e si gusta!

Vestite di impermeabili di carta bianca, con cuffia e calzari, abbiamo religiosamente sfilato davanti a tutte le macchine in produzione. Daniela ci ha spiegato per filo e per segno ogni momento di ogni diversa produzione. 

Siamo state avvolte dal profumo del ribes e dell’arancia e potuto assaggiare l’impasto ancora caldo delle pastigliette e delle drops. 

Abbiamo visto fare colorate gelatine di frutta con il vero succo di frutta, abbiamo visto nuvole di amido che danno forma ai golosi fondant. 

Abbiamo assaggiato la fava di cacao e ci siamo affacciate nelle macchine per il concaggio, che rendono il cioccolato dolce e aromatico con pochissima aggiunta di burro di cacao, semplicemente cullandolo per più di 60 ore.

Abbiamo guardato con ammirazione le mani di tante donne, che lavorano alla Fabbrica delle Pastiglie Leone, che scelgono, selezionano ed incartano, intimidite dai nostri occhietti curiosi e dalle tante macchine fotografiche.

Siamo uscite con le borse cariche di acquisti, un po’ più felici, ed io ancora più orgogliosa di far da ambasciatrice all’eccellenza torinese.

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La mia #MerendaReale a Palazzo Chiablese

Lo scorso sabato pomeriggio ho avuto l’occasione e l’onore di partecipare ad una sfarzosa merenda a Palazzo Chiablese.
 
Non tutti conoscono questo Palazzo nel centro di Torino, che si affaccia sulla piazza del Duomo ma che risulta di fatto un po’ defilato rispetto a Palazzo Reale, Palazzo Madama e Palazzo Carignano, fulcro della vita della capitale del regno dei Savoia a partire dagli sfarzi seicenteschi.

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Coppette di pastafrolla per il gelato alla frutta Pepino e La Magia Del Bianco

Chissà se capita anche a voi di perdervi su Pinterest, passando da un’immagine all’altra, tra cucine retrò e grandi saloni in bianco, ampiamente finestrati, dove regnano la luce e i colori pastello e tanti oggetti dall’aria piacevolmente vissuta.
Se vi piace l’arredamento shabby chic non potete mancare di conoscere Mari e Cinzia, le simpaticissime padrone di casa dei blog CreaMariCrea e LaGattaSulTetto; sulle loro pagine condividono già da qualche anno, con grandissima eleganza, la loro passione, e dalla loro amicizia e collaborazione è già uscito un libro sull’argomento, La Magia del Bianco, per il quale hanno girato l’Italia alla ricerca dei migliori esempi di arredamento shabby presenti nella nostra penisola.
Dal libro è nata anche l’idea per un nuovo blog, La Magia del Bianco, e una rivista trimestrale, con lo stesso nome, uno spazio comune che diventa atelier virtuale e reale. 

Io ho avuto l’occasione di conoscere Mari e Cinzia il 22 febbraio; ci siamo incontrate alla Gelateria Pepino di piazza Carignano, dove erano intente a fotografare le novità pasquali Pepino, davanti alla consueta clientela, molto incuriosita dalle macchine fotografiche, dai cavalletti e dalle lenzuola bianche, stese per creare un candido sfondo…
Io le ho raggiunte con un’idea semplicissima, delle coppette di pastafrolla da riempire con il gelato Pepino alla frutta. Mari, dopo i suggerimenti e gli ultimi tocchi dati da Cinzia, ha fotografato le mie creazioni e la ricetta dolce-salata di Laura

Le foto delle mie coppette sono finite sul primo numero della loro rivista, ricca di spunti per la Pasqua imminente; la potete scaricare gratuitamente a questo link e rifarvi gli occhi:
Qui sotto, invece, trovate la mia ricetta con le bellissime foto scattate da Mari.
 
La ricetta: Coppette di pasta frolla per il gelato Pepino alla fragola e alla mela verde
Per 6/8 coppette:
200 g di farina 00
85 g di zucchero
85 g di burro
la buccia grattugiata di un limone non trattato
2 tuorli d’uovo
1 pizzico di sale
latte
½ cucchiaino di lievito per dolci
coloranti per alimenti
Mettere la farina in una ciotola, mescolarvi lo zucchero, il lievito e la buccia del limone. Tagliare il burro freddo a cubettini e impastarlo con la farina, ottenendo un composto sabbioso. Aggiungere i tuorli, con un pizzico di sale, e creare un impasto, aggiungendo man mano qualche cucchiaino di latte, fino a riuscire a formare una palla liscia. Non lavorare troppo l’impasto e metterlo a riposare in frigorifero, in una ciotola coperta, per almeno un’ora.
Trascorso questo tempo, imburrare e infarinare alcuni ramequin da soufflé e foderarli con la pasta stesa sottile; formare il bordo pizzicandolo e mettere in ciascuno un foglietto di carta forno con una manciata di fagioli, in modo che la frolla non gonfi e non si deformi.
Infornare per 15 minuti a 170° gradi, poi togliere i fagioli da tutti i ramequin e far proseguire la cottura per altri 5-10 minuti, finchè il bordo non sarà ben dorato.
Far raffreddare le coppette così ottenute, e toglierle dallo stampo con molta delicatezza per non romprerle; poi dipingerle con i colori per alimenti. Si possono disegnare pois, quadretti o quello che suggerisce la fantasia.
Deporre sul fondo di ciascuna coppetta qualche cubetto di frutta, colmare con palline di gelato Pepino dello stesso gusto della frutta e decorare in superficie con fettine di frutta. Si può aggiungere anche un filo di cioccolato fuso, o granella di mandorle o nocciole, o solo un cucchiaino colorato…
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Culurgiones di baccalà con catalogna saltata in padella

Ho ricevuto un bellissimo regalo da Valeria: lei è venuta da me, si è lasciata coccolare, ha assaggiato con molta professionalità, ha fotografato e preso appunti e dopo aver curiosato nella mia piccola dimora ha scritto una bellissima recensione sulla mia cucina, toccando argomenti che non mi sarei aspettata.
Sono tanto felice che abbia notato la mia cura per la resa finale dei miei piatti, un po’ per perfezionismo innato (sono del segno della vergine) un po’ perchè letteralmente adoro vedere un sorriso sulla faccia di chi assaggia i miei piatti.
Questa è una delle ricette che ho preparato per lei. La mia pasta ripiena preferita, che avevate già visto anche qui, nella loro veste più tradizionale, per l’occasione si è riempita di baccalà e si è rotolata in un tuffo gioioso tra l’amaro della catalogna e il dolce dell’uvetta. Un piatto per me perfettamente riuscito per l’equilibrio dei sapori e delle consistenze, che mi farà davvero piacere riproporre in altre cene.

La ricetta: Culurgiones di baccalà con catalogna saltata

Per i culurgiones:
200 g di farina di semola di grano duro
acqua tiepida qb
sale

In una ciotola larga ho messo la semola con un bel pizzico di sale. Ho cominciato ad aggiungere l’acqua tiepida, prima mescolando con la forchetta, poi impastando con una mano, fino a formare un impasto compatto, morbido ma asciutto. L’ho messo a riposare per una mezz’oretta; nel frattempo ho preparato il ripieno.

Per il ripieno:
400 g di baccalà ammollato e dissalato
3/4 cucchiai di latte
aglio in polvere qb
olio extravergine di oliva

Ho messo il baccalà in acqua fredda con il latte e portato a lievissimo bollore a fuoco molto basso. L’acqua non deve mai bollire violentemente, altrimenti il pesce si indurirà. 
Quando i pezzetti di baccalà erano cotti, li vedrete sodi, li ho scolati e lasciati leggermente intiepidire.
In una ciotola dai bordi alti ho messo i pezzi di pesce e li ho pestati con il mestolo di legno fino a ridurli in poltiglia. Sempre battendoli ho aggiunto a filo l’olio extravergine fino a formare un composto morbido e ben amalgamato. Ho aggiunto l’aglio in polvere e mescolato ancora accuratamente.

Ho steso la pasta e creato dei cerchi di 8 cm di diametro. Ho formato i culurgiones deponendo su ogni cerchio una noce di ripieno. Se non vi ricordate come si fanno guardate qui il procedimento.
Per il condimento:
1 cespo di catalogna
1 grosso spicchio d’aglio (o 2 più piccoli)
1 acciuga sott’olio
1 peperoncino secco
1/2 bicchiere di vino bianco
una bella manciata di uva passa
olio
sale
4 cucchiai di pangrattato
1 cucchiaio di pinoli

Ho lavato, tagliato a pezzi e lessato la catalogna in acqua leggermente salata. Una volta morbida l’ho immersa in acqua fredda e poi scolata e tagliata a pezzettini molto più piccoli.

In una padella capiente ho messo lo spicchio d’aglio schiacciato con 4 cucchiai d’olio, un peperoncino sbriciolato e un’acciuga sott’olio. Li ho fatti sfrigolare per qualche istante e poi ho aggiunto la catalogna. Ho sfumato con il vino e poi ho aggiunto l’uva passa ammorbidita in acqua tiepoda e fatto proseguire la cottura.

Da parte, mentre l’acqua per i culurgiones raggiungeva il bollore, ho fatto tostare i pinoli in un padellino antiaderente, aggiungendo poi il pan grattato e abbrustolendo anch’esso.

Ho lessato i culurgiones e poi li ho passati nella catalogna ad insaporire.
Ho composto i piatti ed ho decorato ciascuno con una manciata di pangrattato ai pinoli.

 

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