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ai fornelli, primi piatti, ricette originali, zuppe e vellutate

Zuppa di zucca al lime, con lenticchie rosse, mazzancolle e arachidi

Completamente trascinata dal viaggio con #Sedici, l’alchimia dei sapori, ho deciso di provare un’altra ricetta con il mio “agrumato”, il lime, ed uno degli abbinamenti consigliati. Ancora una volta è un piatto salato. La protagonista questa volta è la zucca, alla fine della sua lunga stagionalità, giusto in tempo, prima che la primavera ci porti nuovi frutti. Read more

ai fornelli, buffet salato, ricette tradizionali, storia & cultura

Falafel di ceci su insalata mediorientale Le golose polpettine di legumi, facili da fare a casa

Oggi un nuovo viaggio che tocca tutto il Medio Oriente con i falafel di ceci. Read more

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ai fornelli, ricette tradizionali

Mescciüa ligure dal …porto di La Spezia

Amici liguri, perdonatemi a priori per questa ossessione che mi è venuta per la vostra cucina…sarà che ferma e chiusa da confini non riesco a stare e devo fare continue incursioni nelle altre regioni d’Italia. E la Liguria è così vicina! Ed è vicina ai miei gusti in fatto di ingredienti, soprattutto per ciò che riguarda gli ingredienti di terra, ancor più degli ingredienti di mare.
Parliamo ancora una volta di legumi con la mesciua, anzi con la mescciüa, che wikipedia indica anche con mesc-ciüa, come si legge, con la s e la c disgiunte e la ü accentata. Tralasciando le difficoltà di pronuncia (e cercherò di avere ripetizioni in questo campo), la parola significa mescolanza, nello specifico mescolanza di legumi.
Pare che la mesciua sia nata sulle banchine dei porti commerciali di La Spezia, quando gli scaricatori si issavano sulle spalle grossi sacchi di ogni merce alimentare, per portarli a bordo e talvolta qualche sacco si rompeva, lasciando andare a terra parte del contenuto. Altre volte i legumi più piccoli, cadevano dai buchi dei sacchi e rotolavano a terra.
La sera, quando il traffico si era calmato, le donne tornavano alle banchine e raccoglievano pazientemente i chicchi fuggitivi. In gran parte si trattava di fagioli e ceci, poi c’erano il grano e il farro, dal chicco ancora più minuto.
Non so a voi, ma a me questa immagine fa venire in mente questo quadro di Millet:

Qui si raccoglievano le spighe scampate ai rastrelli, lì i chicchi sfuggiti dai sacchi, in entrambi i casi doveva essere un lavoro scomodo e di pazienza. Ma riuscivano a portare in casa questa meraviglia di zuppa.

Altre voci più prosaiche raccontano semplicemente che gli scaricatori venivano pagati in natura con l’aggiunta di tutto ciò che si recuperava dai sacchi andati rotti durante le operazioni di imbarco.
Qualunque sia stata l’origine, questo piatto è davvero un toccasana nelle fredde giornate invernali ed ha il pregio di essere preparato in modo molto essenziale e leggero.

Per i legumi secchi bisogna tener conto dell’ammollo:
per i fagioli è sufficiente una notte, per i ceci anche di più. Se non
volete che i fagioli si rompano in cottura, evitate l’aggiunta di
bicarbonato. Il grano o il farro perlato che di solito compro al
supermercato non ha bisogno d’ammollo. Questa volta io ho usato
dell’orzo per sostituirlo, ma il risultato è lo stesso.

La ricetta: Mescciüa ligure


100 g di ceci
100 g di fagioli cannellini
40 g di farro (o grano, o orzo come nel mio caso)

1/2 cipolla
olio evo
sale
pepe

Cuocere separatamente i legumi: per i ceci ci vogliono 2 ore, per i cannellini 1 ora e mezza, per l’orzo circa 1 ora.
Una volta cotti e scolati ho fatto scaldare 2 cucchiai d’olio in una pentola con la cipolla tagliata finemente; ho poi aggiunto i legumi con una parte dell’acqua di cottura ed ho lasciato insaporire per un quarto d’ora, regolando di sale ed aggiungendo verso la fine l’orzo.
Servire la zuppa in fondine, ben calda, con olio crudo e pepe da macinare direttamente nel piatto.

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La Farinata di ceci su MyTableBlog

Oggi si parla di farinata di ceci, ricetta ligure, ma diffusa con poche varianti anche in altre parti d’Italia.
La ricetta è semplicissima ma ricca di tradizione, a partire dalla teglia in cui viene cotta.
Preparare la farinata nel forno di casa non è semplice, perché essa necessita di una cottura ad alte temperature, però con alcuni accorgimenti si può ottenere un ottimo risultato.
Gli specialisti della farinata impongono di utilizzare un testo, la classica teglia rotonda, di rame stagnato, che deve essere lavato con il detersivo soltanto al primo utilizzo e poi ripulito dagli eventuali resti di farinata solo con acqua tiepida, in modo da non rimuovere lo strato di olio che permette al composto di non attaccarsi. 
Se fate un viaggio a Genova il testo stagnato può rappresentare un utilissimo souvenir da portarsi a casa.
La temperatura del forno deve essere massima al momento di infornare, poi viene abbassata ed infine rialzata poco prima di sfornare la farinata.
La tradizione dice che la farinata canonica dovrebbe essere alta almeno 5mm e meno di 1 cm, ma dato che il forno di casa difficilmente raggiunge i 300°, vi consiglio di fare uno strato leggermente più sottile di impasto, per ottenere una buona consistenza finale.

Per conoscere altre curiosità sulla farinata e la ricetta potete fare un salto sul blog di MyTable.

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Zuppa di ceci con carciofi in pastella

Queste giornate un po’ uggiose, ma soprattutto freddine, invogliano a  preparare ancora qualche saporita zuppa. In questo caso ho fatto la “solita zuppa” di legumi, che si è rivelata insolitamnte divertente da fotografare… i complici sono stati due carciofi ansiosi di essere mangiati, quasi certamente gli ultimi della stagione!
Ne è venuto fuori un perfetto abbinamento tra la classica zuppa di ceci e le sfiziose frittelline. In più come accompagnamento c’erano questi bei panini cottage, di cui pubblicherò presto la ricetta, una forma classica del pane inglese sconosciuta in Italia, (almeno a me). Si tratta di panini sovrapposti, ritagliati sul bordo con le forbici, fino a formare un ricamo che sembra quasi un pizzo.

La ricetta: Zuppa di ceci con carciofi in pastella
350 g di ceci già lessati
vino bianco
500 ml di brodo di verdure (carota, porro, cipolla, aglio, patata, lauro, maggiorana, olio e sale)
olio
sale
pepe

Ho preparato la zuppa semplicemente facendo rosolare per qualche minuto i ceci  in olio, aglio e cipolla tritata. Ho poi aggiunto un dito di vino bianco e ho fatto sfumare, poi ho versato 3 mestoli di brodo e fatto proseguire la cottura fino a completo insaporimento, aggiungendo brodo quando occorre, e a piacere, e aggiustando solo alla fine di sale e pepe.

Nel frattempo ho pulito i carciofi e li ho messi in acqua acidulata con limone.

Per la pastella ho mescolato insieme 100 g di farina e acqua fredda con un pizzico di sale fino a formare un impasto fluido e abbastanza denso.
Ho fritto i carciofi  immersi in pastella in abbondante olio di arachidi bollente e li ho poi spolverati con qualche granello di sale rosa.
Ho riscaldato la zuppa per un paio di minuti e via a tavola!!
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Pasta fagioli e castagne

 

Gennaio,
come novembre, è il mese delle zuppe e delle paste brodose. Dopo
Natale, e prima del Carnevale, ci si dà dentro con piatti caldi,
sani e verdurosi… e la lista dei post “zupposi” da pubblicare
si allunga.

L’idea
della pasta e fagioli con le castagne mi è venuta dal classico
piatto napoletano che pare sia diffuso in tutta l’Italia meridionale. In Sicilia si chiama pasta con fasuoli e cruzzitieddi  e si prepara con i borlotti e le castagne secche.
Nel Cilento fin dall’antichità si prepara una zuppa sempre con le castagne secche, rinvenute in acqua per una notte, ma
in abbinamento ai fagioli di quella zona, di preferenza i
bianchi di Controne, coltivati verso l’interno, nelle zone più ricche
d’acqua.

Io
ho usato delle castagne fresche semplicemente lessate e aggiunte alla
pasta alla fine. L’accostamento del sapore sapido del fagiolo con la
dolcezza vellutata della castagna è veramente qualcosa da provare, la
prossima volta senza l’aggiunta della pasta, semplicemente come calda e 
profumata zuppa.

La ricetta: Pasta fagioli e castagne
(per 2 persone)
250 g di fagioli lessati
6-8 castagne (le mie fresche)
1 bicchiere di brodo di verdure (preparato con acqua, olio, patata, cipolla, aglio, sedano, carota)
1 scalogno piccolo
3 pomodori secchi
1 spolverata di foglioline di timo
1 peperoncino spezzettato
sale 
pasta (5 cucchiai di maltagliati)

Ho
lavato le castagne e le ho incise con la punta di un coltello sul lato
piatto e poi private della buccia marrone. Le ho messe a cuocere in un pentolino d’acqua per circa un’ora con un pizzico di sale, una foglia di lauro e un cucchiaino di semini di finocchio.
Le ho fatte raffreddare nella loro acqua e poi sbucciate dalla pellicina più sottile.
In una casseruola ho fatto soffriggere uno scalogno tagliato fine in due cucchiai d’olio. Ho aggiunto il peperoncino, i fagioli e i pomodori secchi, facendoli rosolare. Poi ho aggiunto il timo per profumare e un bicchiere di brodo filtrato e due bicchieri colmi d’acqua ed ho portato ad ebollizione. Poi ho aggiunto a cuocere la pasta, nel mio caso 5 cucchiai di maltagliati.
Ho sbriciolato grossolanamente le castagne e ne ho tenute da parte due intere.
Quando la pasta era cotta ho regolato di sale e suddiviso nelle scodelle ed ho aggiunto le castagne sbriciolate e quella intera per decorare.

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Lagane e ceci tra Puglia e Cilento

Le lagane sono delle strisce di pasta larghe circa 4 cm e dalla sfoglia piuttosto spessa, fatte con farina e acqua, senza uova. L’origine etimologica della parola si perde nel greco antico: indicava un disco di pasta fatta con acqua e farina, già arrostito su una pietra rovente e successivamente tagliato a strisce; queste venivano unite a legumi o granaglie e di solito consumate a zuppa.
Più larghe delle tagliatelle ma più strette delle lasagne, passarono dalla Magna Grecia fino alla Roma Imperiale: anche il poeta Orazio nelle sue Satire metteva in versi la sua cena a base di lagani, ceci e porri. 
Il celebre gastronomo Apicio, nel suo “De re coquinaria” designa con il nome di lagani delle sfoglie di pasta, condite con il garum* o con la carne, e sovrapposte a strati, una versione antenata delle nostre lasagne.
In Campania e in particolare nel Cilento, le lagane sopravvivono ancora oggi e vengono cotte direttamente nelle zuppe di legumi. Danno vita a piatti come “lagani e ciciari” o “lagani e fasuoli“, detti anche, in dialetto, lamp’ e tuon’. Di solito le minestre di legumi campane contengono anche del pomodoro, passato o a pezzetti, che colora il piatto.
In Puglia, precisamente in Salento, le stesse strisce di pasta di grano duro vengono prima lessate e poi aggiunte alle minestre, e talvolta accompagnate da altre strisce dello stesso impasto, fritte in olio bollente fino a diventare gonfie e croccanti.

 
Io ho voluto mediare tra le due tradizioni, creando un terzo piatto, semplice e dal sapore speciale, adattissimo per il clima invernale.

La ricetta: Lagane e ceci

(Ingredienti per 2/3 persone)

Per le lagane:
75 g di farina 00
75 g di semola di grano duro
acqua tiepida per impastare
olio di semi per friggere alcuni lagani

Per i ceci:
250 di ceci già lessati (conservando la loro acqua)
olio extravergine d’oliva
uno spicchio d’aglio
2 foglie di lauro
1 peperoncino secco
1 acciughina
mezzo bicchiere di vino bianco


Per preparare le lagane occorre impastare le due farine e un pizzico di sale con acqua sufficiente ad ottenere un impasto elastico ed asciutto. Ho fatto riposare l’impasto avvolto in pellicola per mezz’ora e poi l’ho steso con il matterello. Occorre ottenere una sfoglia spessa circa 3 mm. Poi si arrotola su se stessa, come per fare le tagliatelle e da questi rotoli vengono ritagliate delle semplici strisce di pasta. Una metà andrà lessata nei ceci, le altre strisce si friggeranno velocemente nell’olio di semi e faranno da croccante accompagnamento.

Avevo già dei ceci pronti da insaporire, che avevo precedentemente lessato in pentola a pressione.
In un pentolino ho messo 3 cucchiai d’olio evo, lo spicchio d’aglio, un peperoncino secco spezzato e l’acciughina. Ho fatto soffriggere leggermente l’aglio e poi ho aggiunto i ceci. Ho fatto insaporire per bene, bagnando con il succo di cottura dei ceci e due dita di vino bianco e aggiungendo le foglie di lauro spezzate in due.
Quando i ceci erano insaporiti ne ho prelevato due cucchiai che ho passato al frullatore. Dal resto ho tolto l’aglio, aggiungendo acqua sufficiente a cuocere i lagani e portato a bollore. Occorre regolare di sale, poi si versano le strisce di pasta per farle lessare, avendo cura di coprire così che la minestra non si asciughi troppo.
Nel frattempo ho fritto in una padella le strisce che avevo tenuto da parte: si gonfiano e diventano in fretta belle dorate.
Quando le lagane saranno cotte – e bisogna assaggiarle, perché lo spessore e il grano duro fanno sì che tengano molto bene la cottura – ho aggiunto la purea di ceci e ho dato una rimescolata prima di spegnere.
Servire caldo e fumante, con le lagane fritte e un filo d’olio crudo per accompagnamento.

*garum: Apicio nel De re coquinaria condisce con il garum almeno 20 piatti diversi. Questo condimento
era così comune che Apicio dà per scontata la ricetta e nel suo libro
non ce l’ha tramandata; accenna soltanto che è un prodotto della
fermentazione delle interiora di pesce e pesce al sole, senza neanche
dire che erano preventivamente salate. Dice che dalla fermentazione di
queste interiora, si separa un solido e un liquido che chiama liquamen.
Marziale ne dà una ricetta più dettagliata citando, tra gli ingredienti
della salamoia, aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe,
zafferano, origano. [da wikipedia]

[le informazioni sulla storia delle Lagane, sono prese in parte dal testo di Raffaele Riccio – La Cucina del Cilento]

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