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Il Taste & Match di Torino e la mia dolce ricetta

Quando l’oste Fernando di Winexplorer mi ha proposto di partecipare alla seconda edizione torinese del Taste&Match ho fatto un salto di gioia. Mettersi alla prova in cucina, soprattutto misurarsi con il gusto di assaggiatori esigenti è sempre una bella sfida per me. Certo non è semplice far calzare perfettamente un piatto ad un vino, ma quando l’esperimento riesce son gioie per il palato.
Il vino che mi è stato assegnato è un passito molisano DOC, Apianae Di Majo Norante, al 100% Moscato Reale. Ancor prima di assaggiarlo mi sono un po’ documentata sulla storia di questo vino, Apianae altro non è che l’antico nome del vitigno Moscato Reale, coltivato fin dal 200 a.C. e forse ancor prima. Questo vino ha viaggiato nei secoli, passando per le corti papali fino ai giorni nostri e all’assaggio conserva tutto il gusto del sole molisano. Per questo nello studiare un dolce da abbinargli ho pensato subito a qualcosa che richiamasse la tradizione del Meridione: mandorle, miele, acqua di fiori d’arancio, in una gustosa crema di uova.
Così ho ricordato certe tortine di origine medievale, che avevano proprio il miele e l’aroma di fiori d’arancio tra gli ingredienti principali. Dall’idea alla prova pratica il passo è stato breve e sono nati questi dolcini che ho dedicato al mio personaggio medievale preferito, Federico II di Svevia, amante della poesia e delle arti, che scorrazzando per il sud Italia, forse ha anche avuto la possibilità di assaggiare questo pregiato vitigno.
E voi, non siete curiosi di assaggiare questa e le altre ricette degne di un imperatore?
Il Taste&Match si svolgerà il 10 novembre a Torino, nell’elegante cornice del Circolo dei Lettori. Ci saranno 8 vini in degustazione, abbinati ad 8 ricette cucinate da altrettante foodbloggers. La serata ha un costo di 35 € e i posti sono limitati. Acquistando i biglietti online direttamente sul sito di Winexplorer avrete uno sconto del 10%, quindi… prenotatevi subito a questo link!!! 😀

La ricetta: Alla corte di Federico II, mini quiches alle mandorle, miele e acqua di fiori d’arancio, con salsa al moscato reale e zafferano.
Per la pasta brisé:
200 g di farina 00
90 g di burro
70 ml d’acqua freddissima
1 cucchiaino di aceto
1 cucchiaio di zucchero
Per il ripieno:
1 uovo
50 g di mandorle pelate e tritate grossolanamente
50 g di miele (di tiglio oppure di fiori di agrumi)
125 ml di panna liquida
acqua di fiori d’arancio
cannella
Per la salsa:
1 uovo
2 cucchiai di miele
1 cucchiaio di maizena (o di farina 00)
150 ml di latte
1/2 bicchiere di moscato reale Apianae Di Majo Norante
zafferano
Ho preparato la brisè: ho mescolato la farina con lo zucchero e versato un cucchiaino di aceto nell’acqua fredda di frigo. Poi ho impastato la farina con il burro freddissimo a cubetti ed aggiunto gradualmente l’acqua fino a formare una palla di impasto. Poi, senza far scaldare l’impasto, l’ho riposta in frigo fino al momento di stenderla.
Ho preparato il ripieno: ho montato le uova con lo zucchero e il miele, aggiungendo l’acqua di fiori d’arancio e la panna liquida e mescolando con cura; ho cosparso il fondo delle tortine di granella di mandorle e poi ho colmato con un mestolino di crema
Ho messo a cuocere in forno caldo a 180° finché la crema non era rassodata e leggermente caramellata.
Ho preparato la salsa di accompagnamento, mescolando 1 uovo con la maizena setacciata e 100 ml di latte intiepidito. Ho aggiunto 1/2 bicchiere di vino e poi, mettendo sul fuoco a bagnomaria, ho dolcificato  con il miele. Ho lasciato rassodare mescolando in continuazione, finché non ha preso un po’ di tono, ma senza che la salsa rassodasse troppo.
Ho composto il piatto con una tortina ed una cucchiaiata di salsa, decorando con un pizzichino di zafferano in polvere.

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Nasce #SaporiTorinesi

Cosa è successo martedì 16 ottobre a Torino?
8 foodbloggers  si sono ritrovate nella prestigiosa cornice della scuola di cucina Maison Massena, hanno indossato il grembiule e si sono messe ai fornelli sotto la direzione dello chef stellato Carlo Bagatin, per attirare l’attenzione sull’eccellenza della cucina torinese.
Torino è bella, forse è la più europea delle città italiane per il suo stile architettonico rigoroso e severo; Torino è stata capitale, non solo nel 1861 ma anche città capitale, simbolo della magnificenza del ducato e poi del regno di Savoia. Parlano di questa storia recente e passata le sue piazze ampie, i suoi palazzi imponenti e le sue strade dritte. 
Martedì però il riflettore era puntato su  un aspetto spesso trascurato: la nostra cucina tipica è eccellente e porta la traccia nei suoi piatti della storia di secoli, di case reali, di influenze dell’alta gastronomia francese e russa.  Quale altra cucina regionale italiana ha così tanti antipasti all’attivo? E vogliamo parlare della pasticceria? O degli squisiti piatti di carne che la domenica che facevano la felicità delle cascine e delle case benestanti?
Questo aspetto ritorna a splendere e nasce #saporitorinesi. Dal 25 ottobre in concomitanza con l’apertura del Salone del Gusto 23 ristoranti di Torino e dintorni metteranno nei loro menù i piatti più significativi della tradizione culinaria piemontese. I menù promuoveranno la riscoperta di ricette tipiche e di prodotti agroalimentari del territorio torinese e piemontese e verranno accompagnati da almeno 2 vini e 1 liquore della provincia di Torino.
E noi foodblogger cosa abbiamo fatto? Intanto con i nostri tweet abbiamo fatto balzare il tag #saporitorinesi al primo posto tra i trend topic di martedì mattina e poi abbiamo fatto la cosa che ci piace più fare, ovvero cucinare golosissimi piatti.
La ricetta scelta da me è il vitello tonnato. 
Questo piatto ha una storia antica e si trova nella raccolta di Artusi, la Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene al numero 363. Artusi lo situa tra i “rifreddi”, le carni servite fredde, e nella ricetta che propone il pezzo di vitello viene steccato con le acciughe e fatto lessare lentamente con cipolla, chiodi di garofano, alloro, prezzemolo, sedano e carota. Poi, nel suo brodo, viene fatto riposare per una notte. La salsa di accompagnamento che indica Artusi, la salsa tonnata che dà il nome al piatto, viene preparata con il tonno sott’olio, le acciughe, aggiungendo man mano dell’olio, dei capperi sott’aceto tritati ed eventualmente un poco del brodo di cottura. In un altro punto del suo libro Artusi propone un’altra versione della salsa tonnata, preparata con l’aggiunta di rossi d’uovo sodi.

Al giorno d’oggi la salsa tonnata viene preparata così, con i tuorli sodi e, spesso, ma non sempre, con l’aggiunta di maionese.
In ogni caso il vitello tonnato resta un antipasto goloso, antico e sempre attuale!
Se vi ho messo un po’ di curiosità, andate ad assaggiare questo e gli altri affascinanti piatti della tradizione di Torino e del Piemonte in uno dei ristoranti che aderiscono all’iniziativa a partire dal 25 ottobre.
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Alla Fiera della Toma di Condove

Ieri sono stata alla Fiera della Toma di Condove, giunta ormai alla XXIII edizione.
Lascio che siano le immagini a parlare e a raccontare (solo in parte) questa ricchissima manifestazione, assolutamente imperdibile per chi ama il formaggio.

Siamo stati realmente travolti da una miriade di colori e profumi, come accade nelle autentiche Fiere di montagna. Non solo formaggi, la toma e tutte le sue varianti, ma i biscotti, canestrelli ancora caldi, e torcetti, le caldarroste, le mille sfumature del miele, e tante tante mele di montagna.
Al banchetto allestito per le foodbloggers, che proponevano una ricetta all’ora, ho avuto il piacere di salutare Ambra, Silvia, Anastasia e Ale. C’erano anche Alessandra e Lia.
Ma l’esperienza che ricorderò con più piacere è stata la visita guidata alla Cascina Vercellino, inserita nel programma Cascine Aperte.
Abbiamo avuto la possibilità di visitare la loro piccola impresa a conduzione completamnete familiare,  dove tutti sono coinvolti nel lavoro del caseificio, dall’anziana nonna, ai figli più giovani; abbiamo visto le mucche da latte, il piccolo laboratorio, la cascina tutta e abbiamo gustato formaggi e yogurt deliziosi, che conservano tutto il sapore dell’autenticità. Niente a che vedere con i caseifici dove ormai la produzione è del tutto industriale. Anche i loro prezzi di vendita sono estremamente competitivi, a prova che un prodotto veramente genuino non sempre si deve pagare di più.

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Il Tuffo del Pinguino – Pepino is on MyTable

Domani 11 ottobre sarò, insieme ad alcuni chef di ristoranti torinesi del circuito MyTable.it ed alcune foodblogger, Un Tocco di Zenzero, Cucina Precaria e Cucina e Cantina, in piazza Carignano a Torino a festeggiare un super gelato torinese.
Protagonista della festa sarà il Pinguino Pepino, il primo gelato da passeggio su stecco, che domani verrà proposto anche come dessert da fine pasto.
Ma per introdurre questa storia tutta torinese, occorre fare un passo indietro nel tempo, anzi un bel balzo, perché arriviamo fino al 1884, quando Domenico Pepino gelataio napoletano arrivò a Torino ed aprì una gelateria in piazza Carignano, la stessa che potete vedere ancora oggi.
Nel 1916 egli cedette per la somma di 10.000 lire la sua attività al Commendator Giuseppe Feletti, che già si occupava di cioccolato, e a suo genero Giuseppe Cavagnino. I rilevatori dell’impresa danno un nuovo impulso commerciale alla gelateria Pepino, adottando il ghiaccio secco per facilitare il trasporto dei gelati, così il gelato Pepino arrivò ovunque.
La gelateria venne insignita negli anni di numerosi riconoscimenti diventando anche fornitrice della Real Casa.
Nel 1939, dopo anni di studio e di ricerca a riguardo, venne “inventato” il gelato da passeggio su stecco: il gelato Pepino alla vaniglia venne immerso in una colata di cioccolato fuso e divenne il Pinguino, conoscendo nuova celebrità e successo.
All’epoca costava una lira e quindi con 2 lire si poteva andare al cinema e prendere un Pinguino.
Negli anni vennero messi sul mercato nuovi gusti di Pinguino, oggi sono sei: crema, gianduja, nocciola, viola, menta e caffé. Cambiò soltanto il packaging del prodotto, adeguandosi ai tempi, ma conservando sempre quell’aria d’antan, delle cose buone di un tempo.
Domani il Pinguino, dopo 73 anni di successo, diventerà anche un dessert. Noi foodblogger insieme agli chef torinesi siamo chiamati a reinterpretare il Pinguino Pepino come un dessert da fine pasto e una giuria di giornalisti assaggerà le nostre opere golose.
Per la mia rivisitazione ho cercato un prodotto che, proprio come il Pinguino, potesse raccontare una storia. 
È il caso dei Nocciolini di Chivasso.
Intorno al 1850 un pasticcere chivassese, Giovanni Podio, creò i primi Nocciolini, con albume, zucchero e Nocciole Tonde Gentili del Piemonte, li chiamò Noasèt, o Noisettes per i clienti d’oltralpe. Nel 1900 suo genero Ernesto Nazzaro portò i Noasèt all’Esposizione Universale di Parigi e nel 1911 a quella di Torino, riscuotendo un enorme successo e facendo sì che il suocero ricevesse un brevetto per questa sua creazione. Poco dopo Podio fu insignito del titolo di “fornitore della Real Casa” da Vittorio Emanuele III, per i Noasèt, proprio come era accaduto con i gelati Pepino.
Il loro nome venne italianizzato in Nocciolini durante il fascismo, e tale restò anche in seguito.
A Chivasso due pasticcerie si contendono il primato per i preziosi bottoncini alle nocciole, la Bonfante, pasticceria storica del 1922, un piccolo gioiello in stile liberty, e la pasticceria Fontana del 1965. 
Dall’incontro di questi due dolci golosi del territorio nasce un dessert davvero principesco.
Ho abbinato una crema al cioccolato fondente con il Pinguino al gianduja, l’ho completata con la croccantezza dei Nocciolini di Chivasso e con una morbida meringa svizzera con yogurt bianco. Per completare qualche scaglia di fondente e naturalmente il Pinguino al gusto gianduja!
Il Tuffo del Pinguino nel bicchiere
La ricetta: Il Tuffo del Pinguino
(per 4 coppe)
per la meringa svizzera con yogurt:
75 g di albume (circa 2 albumi)
150 g di zucchero
3 gocce di limone
100 g di yogurt bianco intero
per la crema al cioccolato:
100 g di mascarpone
50 g di cioccolato fondente
1 Pinguino Pepino al gusto gianduja
80 g di Nocciolini di Chivasso 
per decorare 4 coppe: 4 Pinguini al gianduja
Procedimento:
Preparare la meringa svizzera: mettere in una ciotola, o in un pentolino che vada a bagnomaria, gli albumi con un cucchiaio di zucchero e ¾ gocce di limone; mettere questa ciotola dentro quella piena d’acqua sul fornello acceso e cominciare a montare aumentando man mano la velocità, quando gli albumi sono bianchi aggiungere lo zucchero restante e continuare a montare finchè la meringa non diventa bella lucida. L’operazione dovrebbe essere svolta a 60°, con l’aiuto di un termometro da cucina, riducendo eventualmente il bollore dell’acqua sottostante. 
Una volta che la meringa è ben montata mettere da parte.
Preparare la crema al cioccolato fondente: sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente precedentemente sminuzzato. Farlo intiepidire e mescolarlo al mascarpone e alla crema di un Pinguino al gianduja ammorbidito a temperatura ambiente. Porre in frigo per un quarto d’ora. 
Mescolare la meringa allo yogurt bianco e comporre il dolce.
Sul fondo delle coppe mettere uno strato di crema al mascarpone e cioccolato. Sulla superficie adagiare i Nocciolini di Chivasso, sopra questi mettere una cucchiaiata di meringa svizzera con yogurt. 
Decorare con qualche scaglietta di fondente e “tuffare” un Pinguino al gianduja.
Il Tuffo del Pinguino ancora nel bicchiere
Il Tuffo del Pinguino presentato in coppetta

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Alla Fiera del Miele di Marentino…

Chi mi segue su Facebook e Twitter sa che in occasione della Fiera del Miele di Marentino, svoltasi il 29 e 30 settembre, ho partecipato al concorso gastronomico “C’era una volta il miele”.
Il tema del concorso era naturalmente il miele e dunque bisognava presentare una ricetta con questa significativa presenza tra gli ingredienti. Erano ovviamente benvenuti anche tutti gli altri prodotti del nostro territorio.
Io ho presentato i miei ravioli al formaggio di capra insaporiti con miele e more e sono stata scelta tra le cinque finaliste, andando poi proprio lì a Marentino a cucinare la mia ricetta sotto gli occhi vigili dei giudici.

La giuria era composta da tre membri dell’Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche del Piemonte, Andrea Mè, Marco Carena e Federico Bianco, dalla scrittrice e  blogger Norma Carpignano e dallo chef Davide Fiore del ristorante La Locanda delle Marionette di Sciolze.

E’ stata un’esperienza divertente e molto molto piacevole: per chi ama cucinare è sempre molto stimolante ricevere un giudizio da esperti del settore, e non da semplici assaggiatori occasionali… quando poi questo giudizio porta anche alla vittoria, potete immaginare che la soddisfazione è a mille!!!

Con le altre partecipanti ci siamo sistemate sull’ampio tavolo, abbiamo disposto i nostri ingredienti e attrezzi e abbiamo subito dato il via alle danze. Qualche tentennamento l’abbiamo avuto soltanto con l’approccio alle piastre ad induzione, ma anche quello è stato risolto.

Tra le ricette partecipanti c’erano altri ravioli, con il miele nel ripieno, un secondo di pesce e due dolci: dei muffins e dei biscotti.

Dopo le foto di rito, la giuria si è raccolta in camera di consiglio e dopo una decina di minuti la classifica era stilata: primo posto per me!! 😀
La mia ricetta sarà pubblicata nei ricettari dell’Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche del Piemonte; a casa ho portato gli attestati del Comune di Marentino e dell’Accademia e un invito a cena per due al ristorante Le Marionette di Sciolze. 
I complimenti che più mi hanno fatto piacere sono stati quelli di Davide Fiore che, rimasto particolarmente colpito dalla mia ricetta, la inserirà nel suo menù.
In attesa di raccontarvi anche della cena in questo ristorante particolarissimo, pubblico ancora il momento della premiazione che dice tutto sulla mia contentezza.

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Nice To “TwEAT” You alla Social Media Week di Torino

Venerdi 28 settembre io e le bloggers di Due Cuori e Una Forchetta  e Cucina Precaria, siamo state invitate ad assistere all’incontro Nice To “TwEAT” You, nell’ultima giornata della Social Media Week che si è appena conclusa a Torino e in altre dodici città in tutto il mondo.
Il tema della conferenza era #turismo & #social media, ovvero come cambia il mondo del turismo e della valorizzazione del territorio con la crescita dei canali social e del web 2.0, organizzata da Sviluppo Piemonte Turismo, promotore del #BITEG, la Borsa Internazionale del Turismo EnoGastronomico. (Per seguire l’evento su Twitter gli hashtag sono #biteg e #nicetotweatyou.)

Ospiti sul palco, moderati dalla bravissima e competente Maria Elena Rossi di Sviluppo Piemonte Turismo, c’erano Mauro Carbone, direttore dell’Ente Turismo Langhe e Roero, Fabrizio Musso, General Manager del Grand Hotel Sitea di Torino, Luca Bernardini dell’ufficio stampa di Slow Food, Guido Castagna, Maestro Cioccolatiere e Maestro del Gusto Slowfood, Alessandro Morichetti di Do You Wine, enoteca on line dell’azienda vitivinicola Ceretto e Silvia Cartotto, travel blogger di The Girl With The Suitcase.

Mentre mi metto al lavoro per ricapitolare i temi affrontati, mi faccio aiutare da un pezzetto di cioccolato gianduja di Guido Castagna; nel momento in cui il cioccolato si scioglie contro il palato parto per un viaggio dei sensi e in un attimo vedo già le nocciole e le fave di cacao che sono servite per confezionare quel cioccolato perfetto ad ogni morso. Subitanea è la voglia di approfondire, di visitare i luoghi in cui si creano queste meraviglie del gusto che fanno l’eccellenza del nostro territorio. 

Quello che accade con i social è un percorso simile, anche se talvolta in senso inverso: bisogna emozionare prima ancora di far gustare, prima ancora di vendere; la comunicazione attraverso i social deve invogliare all’esperienza.

Mauro Carbone di TuLangheRoero sottolinea come sia ormai indissolubile il rapporto tra internet e turismo, ma è fondamentale un lavoro di rete tra i produttori per valorizzare un intero territorio e non solo il singolo

Guido Castagna aggiunge, nel suo intervento, quanto sia importante fornire ad un turista che viene da lontano un’ampia gamma di eventi e visite perché possa scegliere quelle a lui più congeniali; anche qui la comunicazione e lo scambio tra le varie realtà produttive e le strutture ricettive è importantissimo, ma anche l’utilizzo dei social da parte dei professionisti del settore diventa fondamentale per invogliare il viaggiatore alla visita reale.

Un discorso a parte viene fatto da Fabrizio Musso del Grand Hotel Sitea riguardo ai riscontri che arrivano dalle recensioni in rete. Non solo su TripAdvisor ma anche su Facebook le critiche vengono lette attentamente e diventano sempre nutrimento motivazionale e spunto per migliorare. Twitter e Instagram invece, nella loro immediatezza e nella loro essenza di strumenti a caldo, aiutano nella condivisione totale dell’esperienza di soggiorno: da qui si vede come le promesse vengano mantenute e questo sicuramente rappresenta un valore aggiunto.

Luca Bernardini di Slowfood afferma quanto sia leggibile, osservando Twitter, il movimento di utenti verso gli eventi del Salone del Gusto e di Terra Madre che si svolgeranno dal 25 al 29 ottobre a Torino; approdata alla rete relativamente tardi, solo da 3 anni, la macchina organizzativa di Slowfood trae dai social una miniera di informazioni utili e li ritiene essenziali nel momento di monitoraggio ed ascolto. Dove ci sono ancora problemi di accesso alla rete elettrica, come accade nelle comunità del cibo africane, la comunicazione avviene tramite tecnologie telefoniche (sms e tablet), ma non è meno efficace allo scopo.

Purtroppo la risposta dei partner sul territorio non è ancora così omogenea e Alessandro Morichetti di Do You Wine fa notare come nel settore vinicolo dove lui opera esistano ancora molti produttori che ignorano nel modo più assoluto cosa sia Twitter o Facebook e scelgano ancora canali tradizionali per il loro commercio. Do You Wine infatti si colloca come costola social di un’azienda di impianto tradizionale: lavora al fianco dell’azienda vitivinicola Ceretto, rispondendo all’esigenza di interattività e raggiungendo ancora più utenti che potranno in seguito decidere se acquistare on line o in modo tradizionale.

La travel blogger Silvia Cartotto racconta come un diario di viaggio in rete può diventare un travel blog e rispondere alle esigenze di altri viaggiatori: bisogna rispondere alle domande, conquistare il lettore con belle immagini e fornire un itinerario pensato e sperimentato, ricco di consigli utili. Silvia preferisce godersi il viaggio e fare scorta di immagini e suggestioni per poi portare sulle pagine virtuali del blog un resoconto ormai maturo e digerito.

Da Nice To TwEAT You è però emerso come l’immediatezza di Twitter sia essenziale nella valorizzazione di un’esperienza turistica: il tweet fornisce l’emozione istantanea e lo spunto per approfondire, quindi rappresenta uno strumento validissimo nella promozione e valorizzazione di un territorio ampio e variegato come quello piemontese. Allo stesso tempo le nuove tecnologie e i nuovi canali social offrono opportunità di lavoro nel mondo del turismo e nelle attività ad esso collegate.
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Abbiamo messo l’Estate nel barattolo!!!

Riassunto delle puntate precedenti:vi avevo annunciato della giornata “Metti l’Estate nel Barattolo” organizzata da Cucina Precaria e Tangram ed avevo preparato la mia confettura di pomodorini, perchè fosse di buon auspicio alla sfacchinata di domenica.
E poi cosa è successo…?

Sabato ho raccolto il materiale a casa, come dalle indicazioni fornite da Anna:

– barattoli rigorosamente di vetro, già usati, ma ben puliti, con tappi in ottimo stato e pronti per il nuovo utilizzo;
– grembiuli d’ordinanza e strofinacci puliti; 
– forbici, penna e giornali vecchi; 
– macchina fotografica;
– una bottiglia vuota da un litro e mezzo, per uno scopo misterioso e imprecisato e alla fine rimasta inutilizzata…
Poi ci siamo recati al supermercato per comprare i barattoloni per le pesche sciroppate, che dovevavano essere da 500 g o da 1 litro. Dopo dieci minuti davanti allo scaffale dei barattoli, oscillando indecisa tra i lunghi e i larghi ho optato per 2 lunghi e 2 larghi. Dopo esserci allontanati di 20 metri dallo scaffale, ho pensato che quelli larghi erano più belli per le mie foto e quindi sono tornata indietro per cambiarne due!
A casa dei futuri suoceri ci siamo procurati le bottiglie vuote di birra per la passata, di storico utilizzo in famiglia, la tappatrice per i tappi a corona e una grande cassetta per raccogliere tutto il nostro materiale.
Il mattino seguente, domenica 26, assonnati e confusi, ci siamo recati al luogo del misfatto, il Kitchen Club, dove abbiamo trovato i ragazzi di Tangram e altri aspiranti conservieri come noi!
Le ricette da preparare erano:
– conserva di pomodoro
– pesche sciroppate
– marmellata di peperoni
– giardiniera di verdure
Abbiamo scoperto che:
1. fare una spesa comunitaria è conveniente; avevamo verdura e frutta di ottima qualità e lo scarto è stato minimo;
la conserva di pomodoro
2. persone provenienti da luoghi e realtà diverse possono
lavorare insieme nel migliore dei modi per perseguire uno scopo comune,
soprattutto se si tratta di uno scopo goloso;
le pesche sciroppate
3. se si lavora tutti insieme, chiacchierando, ci si stanca di meno, anche se le ricette da realizzare erano ben quattro;

la marmellata di peperoni

4. le ricette e i modi per fare la salsa di pomodoro, le marmellate e le pesche sciroppate sono tanti e diversi e c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare;

la giardiniera
5. il mondo è popolato di Bloggers  di ogni tipo che si nascondono dietro le più diverse professioni;
6. il mondo è popolato di persone che amano lavorare con le proprie mani e poi gustarsi il frutto della fatica;
7. la focaccia di Silvia e il cous cous di Annalisa a metà giornata possono scaldare il cuore;
8. Anna di Cucina Precaria è la Regina del Molleux al cioccolato;
9. grazie ai nuovi amici, un compleanno – il mio – normale, può diventare speciale!!!

La giornata si è svolta secondo le migliori aspettative, l’organizzazione di Cucina Precaria e Tangram è stata davvero impeccabile: dal taglio delle verdure, a gruppi che si alternavano sulle diverse preparazioni, all’utilizzo dei fornelli, all’imbarattolatura dei prodotti, alle etichette su cui scrivere il contenuto ed infine l’equa spartizione dei vasetti.
Sicuramente, visto il successo della giornata, è un’esperienza da ripetere su altre preparazioni in cui mi piacerebbe portare anche le mie conoscenze!

AGGIORNAMENTO:

Qui trovate anche il racconto della giornata, dal punto di vista di Anna! 🙂
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Confettura di pomodorini con peperoncino e “Metti l’Estate nel Barattolo”

Fine agosto è tempo di conserve! Non solo marmellate di frutti estivi – per me è irrinunciabile quella di pesche e quella di fichi – ma anche di conserve salate, peperoni e melanzane sott’olio, che adoro, e soprattutto La Conserva per antonomasia, quella di pomodoro.
Della salsa di pomodoro si ha notizia certa fin dal 1778 nel “Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado, dove non viene ancora presentata come condimento della pasta e della pizza, come avverrà invece un anno più tardi, nel 1779, ne’ “Il Cuoco Maceratese” di Antonio Nebbia.
La versione più moderna di questo condimento verrà poi messa per iscritto da Pellegrino Artusi nel 1891, che la introduce così: «C’era un prete in una città di Romagna che cacciava il naso per tutto e, introducendosi nelle famiglie, in ogni affare domestico voleva mettere lo zampino. Era, d’atra parte, un onest’uomo e poiché dal suo zelo scaturiva del bene più che del male, lo lasciavano fare; ma il popolo arguto lo aveva battezzato Don Pomodoro, per indicare che i pomodori entrano per tutto; quindi una buona salsa di questo frutto sarà nella cucina un aiuto pregevole.»
Da ciò si comprende come la salsa di pomodoro non potesse venir a mancare durante l’anno e quindi l’importanza dell’invenzione di conservarne la polpa già parzialmente cotta in bottiglie in modo da averla sempre a disposizione.
L’appertizzazione, ovvero la possibilità di conservare gli alimenti in contenitori ermetici, sottoponendoli a riscaldamento a temperatura molto elevata prende il nome da Nicolas Appert, che la perfezionò nel 1795.
Il sistema permise anche a Francesco Cirio di elevare la sua piccola impresa ad azienda di importanza nazionale. La storia di Francesco Cirio, è affascinante, ma la approfondirò un’altra volta. Questa volta invece volevo soprattutto introdurre la giornata di domani.
Anna di Cucina Precaria ha organizzato l’evento “Metti l’Estate nel Barattolo“. 
immagine per gentile concessione di Cucina Precaria
Domani ci troveremo a Torino in un folto gruppo di giovani entusiasti per preparare, imbottigliare ed imbarattolare conserva di pomodoro, marmellata di peperoni, giardiniera di verdure e pesche sciroppate. L’evento è stato organizzato molto bene e nei minimi dettagli, grazie ad Anna e Tangram, e sono certa che sarà una bellissima esperienza di cucina e condivisione di saperi e di esperienze.
Ci vediamo quindi qui, nei prossimi giorni per le foto e il resoconto della giornata.
Intanto, se non volete ridurre tutti i vostri pomodori in conserva, vi consiglio di fare questa marmellata eccezionale che ho già preparato l’anno scorso ed ho replicato quest’anno. Si abbina in modo eccezionale con i formaggi di media e lunga stagionatura grazie al suo sapore piccantino.
Io l’ho fatta con i pomodorini tondi, ma potete usare anche altre qualità, l’importante è che siano ben maturi. 

La ricetta: Confettura di pomodorini al peperoncino

500 g di pomodorini rossi (ancora da pulire)

230 g di zucchero
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro per ravvivare il colore (facoltativo)
mezzo limone spremuto
1/2 cucchiaino di peperoncino tritato, ma regolatevi a seconda della piccantezza che volete ottenere
Ho tolto i piccioli e ho lavato i pomodorini. Ho inciso le bucce a croce e li ho immersi per pochi minuti in acqua bollente per poter togliere la buccia agevolmente. Se avete un passapomodori che separa le bucce questo passaggio non sarà necessario; basterà sbollentare i pomodori per qualche minuto e poi passarli al passaverdure.
Io ho poi tagliato i pomodorini spellati e tolto gran parte dei semini e frullato il tutto.
Ho messo la purea di pomodori in un pentolino e l’ho pesata: era circa 400 g. Per questa quantità ho aggiunto 230 g di zucchero. Ho aggiunto il concentrato di pomodoro e mescolato con cura.
Ho messo il pentolino sul fuoco mescolato bene e atteso che prendesse il bollore. Poi ho abbassato il fuoco e fatto cuocere finchè non si è un po’ ristretta. Ho aggiunto il peperoncino in polvere, sempre mescolando bene. A questo punto è fatta, basterà aggiungere il succo di limone e attendere che si addensi un po’…Io non la faccio restringere troppo e resta abbastanza fluida.
Invasare ancora bollente in barattolini da 150 g (ne verranno due), chiudere i coperchi e lasciar raffreddare capovolti, finchè non si forma il sottovuoto.

Per confezionare questa confettura ho dato nuova vita a due barattolini di marmellata, e nella giornata di domani useremo tanti barattoli e bottiglie di vetro, sia nuove, sia riutilizzate, perchè io e Cucina Precaria siamo amiche del vetro e di Friends of Glass!

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Aperitivo all’NH Lingotto Hotel in Torino

Giovedì 28 giugno ho avuto l’occasione di partecipare ad un aperitivo splendidamente inserito nella cornice del giardino dell’NH Lingotto Hotel in Torino.

Adoro partecipare a questi incontri soprattutto per la possibilità di vedere de visu tante blogger piemontesi conosciute soltanto attraverso i loro blog. Ho potuto incontrare Silvia e Margherita, già incrociate ad Aperitò, come Francesca e Valeria (ricordatevi della sua raccolta “Io la mafia me la mangio” che scade il 7 luglio), e Anna di Cucina Precaria. Poi ho conosciuto Valentina di Cucina e Cantina (anche lei da andare a trovare sul suo blog perché ha un contest attivo su Pinterest!), Ambra, che considero una delle più dotate food-photographer tra le blogger, la “mitica” (nel senso che ne avevo tanto sentito parlare ma mai avevo avuto l’occasione di incontrarla) Francesca Martinengo di Fornelli in Rete, Giovanna Gallo, Carlo Vischi ed altri…

Protagonista dell’evento era una degustazione di birre del Birrificio Artigianale Sant’Andrea di Vercelli. Il BSA, presente a Vercelli dal 2010, produce una vasta gamma di birre con caratteristiche proprie e gradazioni diverse. L’immagine è quella di una birra giovane e facile da bere, anche grazie ai colori delle etichette e al packaging travolgente.
Io assaggio la Fog, Lost Beer di gradazione 4.4. E’ una birra bianca prodotta con malto d’orzo, frumento e fiocchi d’avena. Ci viene spiegato che è adattissima per l’aperitivo, con un gusto fresco e leggero, poco amaro. L’infusione di buccia d’arancia e coriandolo le dona una leggera acidità che la rende ottima per antipasti di pesce e formaggi delicati.
La Roarrr Beer di gradazione 5.3 è invece una bionda classica, dal gusto decisamente più amarognolo, adattissima per la pizza o i primi piatti.
Assaggio anche la Riot, la Combat Beer del BSA di gradazione 8.1. E’ una Golden Strong Ale in stile belga, una vera birra da combattimento che sostiene il gusto anche dei formaggi più stagionati o dei fritti di pesce.

Presso il Birrificio Artigianale Sant’Andrea di Vercelli si possono assaggiare tutte queste birre e le altre che fan parte della vasta gamma, e gustare taglieri e piatti veloci, nonchè acquistare tutti i formati prodotti. Noi vorremmo andarci per visitare anche tutto il ciclo di produzione della birra e speriamo di farlo presto! Vi consiglio anche di fare un giro sul loro sito internet, dallo stile molto accattivante, dove presto si potrà anche acquistare on line.

Partners della serata sono stati:
– la rigogliosa vegetazione del giardino interno dell’NH Lingotto, una sorta di oasi all’interno della città di Torino;
– i formaggi sontuosi dell’Azienda Agricola Vallenostra in Val Borbera [AL], agriturismo che è possibile visitare per degustazioni gastronomiche e visite al caseificio.
– Il Riso della Riserva San Massimo, cucinato divinamente dagli chef dell’NH Hotel Lingotto.

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Aperitò – Aperitivo a Torino con Muffin E Dintorni e Cucina Precaria

L’aperitivo ha una storia antichissima. Nasce addirittura nell’Antica Grecia come medicinale quando Ippocrate consigliò ai suoi pazienti affetti da inappetenza di bere prima del pasto un vino bianco dolce aromatizzato con erbe amare, il vinum hippocraticum. L’usanza venne ereditata dai romani che lo chiamarono vinum absinthiatum, perché dal gusto notevolmente amaro. L’erboristeria medievale dimostrò effettivamente che le sostanze amare conciliassero l’appetito e il gusto della “medicina” venne nei secoli via via migliorato con l’utilizzo di spezie sempre nuove, provenienti prima dall’Oriente e poi dai paesi delle grandi scoperte geografiche: noce moscata, chiodi di garofano, cannella, rabarbaro, china, mirra, pepe e via dicendo.

Nel 1786 a Torino Antonio Carpano inventa un vino aromatizzato con china ed oltre 30 varietà diverse di erbe e spezie che battezza vermouth, dal tedesco wermut che si traduce artemisia, la pianta da cui si ricava l’assenzio, ma anche amarezza, e ne inizia la distribuzione al pubblico in eleganti bottiglie di vetro nero. E’ l’epoca dei caffè, e il rito dell’aperitivo si stacca sempre più dalla cura contro l’inappetenza per diventare sempre più un evento mondano.
Anni dopo una cassetta di vermouth Carpano viene inviata in omaggio a Vittorio Emanuele che si appassiona a questa bevanda per il “punt e mes” di amaro in più che aveva rispetto alle bevande simili. Il Punt e Mes Carpano diventa bevanda ufficiale dell’aperitivo reale, ricevendo consensi entusiasti anche da Garibaldi e Cavour.

Si può dire che l’aperitivo moderno sia nato a Torino? E che proprio qui abbia avuto un’evoluzione in crescendo trasformandosi in ritrovo mondano, esperienza sociale, ed infine apericena?

Torino si riappropria di questa identità, e festeggia con Aperitò, una manifestazione di 4 giorni, dal 21 al 24 giugno che culminerà proprio stasera con la festa per il patrono della città, San Giovanni.
La manifestazione è ricca di incontri, laboratori e degustazioni guidate e ricca di foodblogger invitate per dire la loro sul rito dell’aperitivo e sul cibo, sfizioso, fresco e goloso che lo accompagna, ormai trasformando l’aperitivo accompagnato da sole olive & patatine in apericena, leggera e fresca, ma pur sempre una cena!
Anche noi, io di Ricette di Cultura, Cecilia di Muffin e Dintorni e Anna di Cucina Precaria ci siamo date appuntamento venerdì sera ad Aperitò, per assaggiare e curiosare nei segreti del rito dell’aperitivo. 
E’ stato un appuntamento non privo di difficoltà, concordato tramite Twitter…cose da film di spionaggio… «io appunterò un fiore fucsia sul petto» «io sarò pettinata come Olivia di Braccio di Ferro»
E ci troviamo infine!!

Se volete leggere di come abbiamo conosciuto Silvia Tacconi di  La Cucina di Nonna Papera e Margherita di A Casa Mia, di come abbiamo gustato gli stuzzichini preparati da Francesca di Spadelliamo Insieme e da Valeria di Due Cuori e Una Forchetta alle prese con l’Aperisfizio de La Bottega di Olivia&Marino…e tutto il resto, correte a leggere il seguito di questa divertentissima serata su Muffin e Dintorni e su Cucina Precaria.

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