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L’Oro di Napoli e le pizzelle ogg’ a otto Le pizzelle fritte, street food napoletano

Questa più che una ricetta è un pretesto per raccontare una storia: vi parlo dello street food napoletano per antonomasia, le pizzelle fritte. Si tratta di una frittura fatta con pasta lievitata, farcita all’interno con ricotta e salame o con i famosi ciccioli, gocce di grasso di maiale fritto.

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Lo Tsoureki, il pane greco con l’uovo rosso Un pane decorato con un uovo rosso, ricco di simbologia e di tradizione

Pasqua e uova vanno a braccetto. Così come nella simbologie dello tsoureki.
L’uovo rappresenta la rinascita e la primavera in cui tutto fiorisce e dà vita.  Chissà da quanti secoli si usava regalare uova come buon auspicio di fecondità e ricchezza nel raccolto e nelle nascite di bestiame, molto prima dell’avvento dei riti cristiani della Pasqua.
 

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ai fornelli, ricette originali, ricette tradizionali, storia & cultura

Estonian Kringle, la brioche che viene dal Nord

Il Kringle Estone è una brioche profumata, tradizionalmente farcita con burro, cannella e cardamomo. La cucina estone ha ereditato molto dalla Germania e dalle cucine vicine. 
La parola kringle in norvegese significa “chiocciola” ed esistono kringla (al plurale si dice così!) danesi e norvegesi che ricordano molto i pretzel tedeschi. Sul kringle estone, invece, non si trovano molte informazioni. Evidentemente la parola kringle (ma anche kringel e kringla) è usata solo per far riferimento alla forma, che anche in questo caso è intrecciata ed arrotolata, ma l’impasto è completamente diverso. 
Grazie a Edda vengo a sapere che questo dolce viene preparato per festeggiare i compleanni. La forma circolare, naturalmente, è carica di significati, penso al ciclo della vita e al rincorrersi delle stagioni…d’altronde abbiamo visto spesso la corona, la treccia, il vortice…tutte forme che ci riportano lontano nel tempo a piatti carichi di simbolismo.
Quando ho visto queste foto sul blog di Claudia me ne sono innamorata. Ho cercato diverse ricette per confrontarle e per quanto riguarda l’impasto differiscono di poco, ciò che si presta a mille rivisitazioni è proprio il contenuto.
La ricetta di impasto che ho trovato a me più congeniale è quella che trovate su questo bellissimo sito francese: ho tradotto il tutto e poi ho apportato le mie variazioni.
Per il ripieno ho deciso di restare sul classico, con la cannella, naturalmente, che con il sopraggiungere della primavera manderò in vacanza per un po’ [forse…] ma per ora è troppo presto, l’uva passa e le mele.
Con questa ricetta la pasta della brioche è sofficissima, forse merito della farina di segale che l’ha resa anche un po’ più scura di colore e dalla mollica finissima e aromatica. La crosticina esterna, grazie allo zucchero di canna, è croccante e dolce. Il tutto emana un profumo delizioso, irresistibile. In più la preparazione, pur trattandosi di un lievitato è abbastanza veloce. La riproporrò sicuramente, provando anche altre farciture, perchè la forma è davvero scenografica!
La ricetta: Estonian Kringle alla cannella, uvetta e mele
ingredienti:
100 g di farina 00
200 g di farina di segale per pane (+ altra per impastare)
120 ml di latte tiepido
4 cucchiai di miele
1 uovo intero
30 g di burro
10-12 g di lievito di birra
un pizzico di sale
per il ripieno:
50 g di uva passa
un bicchierino di grappa
1 mela verde ( non si disfa e resta a pezzettini)
zucchero di canna
30 g di burro
Ho messo l’uva passa a bagno nella grappa
Ho disposto le due farine setacciate a fontana in una ciotola grande.
Ho sciolto il lievito in qualche cucchiaio di latte e ho lasciato riposare un paio di minuti mentre scioglievo il miele nel latte restante.
Ho cominciato a impastare nella ciotola, prima con il lievito, poi con il latte e miele, mescolando bene. Poi ho aggiunto l’uovo leggermente sbattuto con un pizzico di sale.
Quando l’impasto era già ben formato ho trasferito sulla spianatoia e ho iniziato ad aggiungere il burro a pezzettini, impastando bene, con l’aggiunta di poca farina, finchè l’impasto non era più appiccicoso.
Ho trasferito in una ciotola e messo a lievitare al caldo per un’ora e mezza.
Ho tagliato la mela a cubetti di un centimetro di lato.
Ho ripreso l’impasto, l’ho schiacciato leggermente con le mani e poi steso con il mattarello fino a formare un rettangolo.
Sul rettangolo ho spalmato il burro sciolto con un pennello, poi vi ho disposto un po’ di zucchero di canna e poi l’uvetta strizzata e i pezzettini di mela.
Ho arrotolato il rettangolo dal lato lungo, fino a formare un rotolo.
Con un coltello affilato ho tagliato il rotolo in due parti uguali per il lungo e, senza farle aprire troppo, le ho attorcigliate tra loro. Non bisogna stringere troppo.
Poi ho chiuso il rotolo a forma di cerchio e l’ho messo sulla teglia da forno. (qui foto molto esaurienti per ricrearne la forma)
Ho coperto con pellicola unta e fatto rilievitare per un’ora. 
Ho spennellato con latte sbattuto con un tuorlo e ho cosparso di zucchero di canna. 
Ho infornato in forno caldo a 180° per 20 minuti. 
La mia versione del kringle è piaciuta! Se siete curiosi andate a leggere qua!

Aggiornamento del 28 ottobre 2013: questa ricetta è inserita nella raccolta Abbecedario Culinario d’Europa per l’Estonia.

ai fornelli

Panini che sembrano brioches e il mio Amore a lenta lievitazione

Il mio amore non è una torta al cioccolato o un bombolone alla crema. Se devo associare un cibo all’amore, così, generico, mi vengono in mente cose dolcissime e colorate e cremose…ma se penso all’Amore, al Mio Amore, mi viene naturale pensare al pane. Pane morbido, profumato, fragrante. Pane che solo a sentirne il profumo solletica lo stomaco…non è lo stesso sintomo dell’Amore?
Non parlo spesso di me sul blog, ma di questa cosa parlo volentieri.
Incontrati di corsa, di sfuggita, sette anni prima, quando eravamo ancora un impasto non ben definito; ci siamo piaciuti ma poi abbiamo continuato a vivere le nostre vite. Sette lunghi anni di cose belle e brutte…e poi ci siamo rivisti. E non c’è voluto molto perché ci innamorassimo. Una settimana – o poco più – ed eravamo già belli cotti!
<<Io sono felice che Tu mi abbia fatto posto tra i tuoi libri ed i tuoi dischi, e che ogni giorno tre quarti del tempo che passiamo insieme sia fatto di risate. Il nostro è un Amore croccante e sempre fresco…come il pane.>>

Per inaugurare le due settimane che precedono il famoso/famigerato San Valentino ho pensato di proporre questi panini; sono panini inglesi, dall’impasto bello ricco. La loro mollica è fitta ma morbida e non collosa, e la crosticina esterna è croccante. Profumano quasi di brioches. La loro lievitazione è in due tempi (ma non troppo lenta, si fanno in una mattinata) e la cottura è rapida… come il Nostro Amore.
La ricetta originale è presa dal libro Il Pane Fatto in Casa di Christine Ingram e Jennie Shapter; io ho apportato alcune variazioni, anche nella quantità di lievito, allungando poi i tempi di lievitazione.

 

La ricetta: Panini al latte (12 panini)
450 g di farina bianca (225 g di tipo 00 e 225 g di tipo Manitoba)
2 cucchiaini di sale
1 cucchiaino colmo di zucchero
1 cucchiaino di lievito in polvere
45 g di burro morbido
250 ml di latte tiepido
1 uovo

Ho mischiato in una ciotola capiente le due farine setacciate con il sale, poi ho aggiunto lo zucchero e il lievito in polvere, mescolando bene. Ho aggiunto il burro mescolando con un cucchiaio. Ho creato una fossetta nel centro ed ho iniziato ad aggiungere il latte, sempre impastando con il cucchiaio, e successivamente parte dell’uovo sbattuto; non tutto, perché altrimenti l’impasto risulta troppo molle.
Ho trasferito sulla spianatoia infarinata ed ho impastato per una decina di minuti con energia.
Ho deposto l’impasto nella ciotola, dopo averla unta, e coperto con pellicola sempre leggermente unta d’olio. Poi ho avvolto il tutto in due canovacci ed ho messo a lievitare in una stanza calda per 2 ore abbondanti.
Ho ripreso l’impasto, l’ho sgonfiato e poi l’ho diviso in 12 pezzi.
Ho modellato i pezzi di forma diversa, treccia, nodo, spiga…
Ho deposto i panini su carta forno, ben distanziati, coperto con la solita pellicola unta e lasciato lievitare un’ora buona.
Intanto ho scaldato il forno a 210°.
Prima di infornare ho spennellato i panini mischiando l’uovo avanzato dall’impasto con un goccino di acqua tiepida.
Ho cotto per 15 minuti, finchè non erano belli dorati.

 

Con questa ricetta partecipo al contest “Cibo & baci” di About Food in collaborazione con Smartbox, nella categoria “ricette salate”.

E partecipo anche al romatico contest “CUCINANDO CON IL CUORE – Il contest degli innamorati” del blog L’aroma del caffè di Valentina.
ai fornelli

La chiamavano Nastrina…

Alla ricerca della colazione perfetta, sto provando – in gran segretezza nei miei laboratori sotterranei duemetriperdue – a confezionare vari tipi di dolcetti e torte da prima colazione. Prima o poi arriverò a pubblicare tutti gli esperimenti arretrati, alcuni anche piuttosto gustosi, ma che necessitavano di perfezionamento, chi nella cottura, chi nella farcitura.
Questa ricetta invece la pubblico subito, anche se la sfoglia a mio parere doveva essere tirata più sottile, per ottenere una sfogliatura uniforme e anche se, come vedete dalle foto, la forma è tutt’altro che perfetta.
Dovevano essere simili alle Nastrine del Mulino-che-tutti-conoscono, ma con la seconda lievitazione si sono deformate…beh, non importa!!! Perchè le loro pieghine croccantine ci sono piaciute ugualmente.
Sono poco dolci, sebbene abbia aumentato la dose di zucchero, rispetto alla ricetta originale della Cucina di Marble e di Frutta&Zafferano. Forse ci andrebbe una più generosa spolverata di zucchero che caramelli, poco prima di sfornare.
Il sapore del burro invece non è affatto invadente. 
La ricetta: La chiamavano Nastrina
Con queste dosi ne vengono 6 pezzi (vedrete strane dosi, ma ho preferito farne poche perchè come al solito la conservazione è la loro pecca)
112 g farina 
un pizzicotto (circa 3 g) di lievito di birra
50 ml  di latte tiepido
30 g zucchero
15 g burro (a temperatura ambiente!)
1/2 uovo (l’ho aperto, sbattuto con la forchetta e poi pesato)
1 pizzico di sale

per sfogliare:
50 g di burro
30 g di zucchero

Ho prima sciolto il lievito e la punta di un cucchiaio di zucchero in un po’ di latte intiepidito.

In uno scodellone ho messo la farina e vi ho aggiunto il latte con il lievito, mescolando. Ho poi aggiunto il restante zucchero, l’uovo sbattuto con il pizzico di sale e il restante latte.
Ho poi rovesciato l’impasto sul tavolo e, aggiungendo un po’ di farina perchè non si attaccasse, ho cominciato ad impastare a mano. L’impastatura deve essere energica e durare a lungo fino ad ottenere un impasto liscio.
A questo punto ho aggiunto il burro (i 15 g) spalmandolo sul palmo della mano e amalgamandolo all’impasto finchè non viene assorbito completamente.
Poi ho messo l’impasto in una ciotola, l’ho coperta con un velo di farina e la pellicola per alimenti e l’ho messa a lievitare in un luogo riparato. Deve raddoppiare. Con il caldo di questi giorni ci sono volute due ore circa, io l’ho lasciato anche un pochino in più.
Poi ho proceduto con la sfogliatura.
Ho preparato la crema al burro, montando il burro morbido (i 50g) con lo zucchero.
Ho deposto l’impasto sulla spianatoia infarinata, l’ho lavorato velocemente per sgonfiarlo un po’. Poi l’ho steso in una sfoglia lunga-lunga e larga circa 12 cm. Tirate questa sfoglia molto sottile, circa 2 millimetri. La mia non era sottilissima e poi la sfogliatura ne risente.
Bisogna spennellare la crema al burro su metà sfoglia, e ripiegare sopra l’altra metà. Lo strato di crema deve essere sottile ma uniforme.
Si ripete l’operazione per quante volte riuscite, tenendo conto che la sfoglia tende un po’ a ritirarsi e che bisogna fare almeno 5 o 6 pieghe. Si mette sempre la crema su metà strato e si ripiega sopra l’altra metà. (spero che sia chiaro il procedimento, ma per chiarezza andate a guardare le foto qui)
Una volta effettuate tutte le pieghe, si schiaccia leggermente con il matterello  ho tagliato delle strisce di circa 2 cm. A volerle fare più sottili a me usciva il burro di lato.
A quetso punto si depongono sulla teglia, distanziate perchè cresceranno ancora, effettuando una mezza torsione come con l’incarto delle caramelle.Si lasciano lievitare fino al raddoppio, circa 30 o 40 minuti. 
Infine ho spennellato con uovo sbattuto e zucchero e infornato in forno caldo a 180°.
Le mie hanno cotto in 25 minuti e prima di sfornarle le ho bagnate con acqua e zucchero e tenuto in forno ancora un minuto. 
Il suggerimento è di congelarle, trasferirle in frigo la sera prima e scaldarle poi in forno al mattino, prima di gustarle.
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La Soppressata Calabra e la Cipolla Rossa di Tropea si danno appuntamento per uno spuntino

Ci sono quei giorni in cui non si ha molta voglia di cucinare…a Torino non sta facendo troppo caldo, ma oggi avevo un po’ di commissioni da fare e quindi il pranzo si è risolto con qualcosa che c’era in frigo.
Beh, non proprio una cosa arrangiata, visto che il pane l’ho fatto io e il salume con cui l’abbiamo farcito era della Soppressata piccante originale made in Calabria!!! 😀
Per i panini ho usato l’ormai consueta ricetta del pane veloce, ma ci ho voluto mettere le cipolle rosse di Tropea che con la Soppressata Calabra andavano a nozze!!!
Ho semplicemente tagliato a cubettini minuscoli due cipolle medie, le ho velocemente rosolate in padella e poi asciugate dall’olio in eccesso, aggiungendole all’impasto del pane prima della lievitazione.
Passate due ore ho disposto l’impasto sulla teglia a cucchiaiate, in modo da ricavare dei paninetti rotondini. Eccoli qui:
Passiamo alla Soppressata.
Con questo nome vengono indicati salumi di diverse regioni italiane, anche molto diversi per conformazione e contenuto. Il termine deriva da “soppressare”, “stringere con soppressa”, ma a parte il procedimento il contenuto del budello può essere diversissimo. 
Ad esempio la soppressata senese è un salume composto da parti di scarto, ad esempio la testa, la lingua e le cartilagini del maiale, unite a spezie e poi cotte e stagionate; invece la soppressata molisana è un salume pregiatissimo, confezionato solo con le parti migliori e più magre del maiale.
In Calabria la soppressata viene prodotta in diverse varianti, può essere ad esempio supprizzata ‘ffumicata, ovvero sottoposta ad affumicatura, oppure con la denominazione del luogo dove viene prodotta, famosa è quella di Decollatura, prodotta da maiali allevati solo a ghiande e crusca.
Può essere dolce, aromatizzata con il pepe nero, o ancora piccante, cioè addizionata di un buon quantitativo di peperoncino che non solo le dà un gusto particolarissimo, ma aiuta anche la conservazione perfetta della carne, essendo un antimicrobico.
La Soppressata Calabrese è un salume DOP, denominazione di origine protetta, e viene garantito che per produrla sono stati utilizzati solo maiali allevati in Calabria. La produzione viene fatta in zone montane, ad un clima asciutto e fresco. 
Le parti di carne utilizzate sono sceltissime, coscia, spalla e filetto, e vengono tagliate a coltello, a grana un po’ più grande della salsiccia. Poi vengono miscelate con un 3% di grasso proveniente dalla parte vicina al capocollo. Gli ingredienti aromatici naturali sono sale, spezie e il peperoncino calabrese, per la nostra soppressata piccante. 
Le sacche di budello in cui la carne viene messa sono ricavate dall’intestino crasso del maiale. Vengono riempite, legate e bucate e lasciate asciugare all’aria. Dopo due settimane tutte le soppressate vengono stese su un telo di lino, lasciando tra l’una e l’altra lo spazio di un centimetro. Ricoperte con un altro telo, viene posta al di sopra una tavola di legno con dei pesi che “soppressano”  il salume. Dopo una settimana di pressatura la soppressata va messa a stagionare.
La stagionatura deve durare almeno un mese e mezzo, ma ancor meglio se viene prolungata a tre mesi.
A me piace moltissimo, deve piacere il piccante ovviamente, ma ne esistono anche varianti dolci e quindi, trovandosi da quelle parti, bisogna assolutamente provarla!!!
Ed eccola qui, finalmente affettata e avvolta dal panino. 
Basta accompagnare il tutto da una fresca insalata e il pranzo è risolto!!! 😀
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Focaccia integrale per San Giovanni

La ricetta è quella del pane, con l’aggiunta dell’olio.
Non mi dilungo troppo sulla ricetta, che trovate qui, aggiungo solo che per due focacce 20×30 ho utilizzato le solite dosi, (250 g di farina così composta: 180 g di farina bianca e 70 g di farina ai 5 cereali) con l’aggiunta di due cucchiai d’olio d’oliva, e lasciato lievitare due ore abbondanti nel recipiente.
Successivamente ho diviso in due l’impasto, l’ho disteso sulla carta da forno aiutandomi con le dita unte d’olio e lasciato lievitare per un’altra mezz’ora.
Io le ho condite, una con pomodori a fette, l’altra con cipolle fatte rosolare velocemente in padella con un filo d’olio.
Tenerle d’occhio in forno perchè, essendo sottili, cuociono più in fretta del pane.
L’impasto era buono, areato e ben cotto. La prossima volta ci voglio mettere stracchino e rucola!!! 
Poi di corsa a vedere i fuochi che quest’anno mi sono piaciuti particolarmente, anche se le foto non rendono, per la cornice con cui sono stati presentati, musiche e racconti dall’Unità d’Italia ad oggi.
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