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Molini Bongiovanni – dal chicco di grano alla pagnotta Un visita ai Molini Bongiovanni di Cambiano

È finalmente giunto il momento di raccontare della mia esperienza di visita presso i Molini Bongiovanni di Cambiano
La visita è avvenuta a luglio e già tempo fa ho pubblicato lo storify della giornata, ma da Twitter mi sono giunte richieste di raccontare qualcosina in più riguardo al corso di panificazione tenuto dal Maestro panificatore Giovanni Gandino.

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Il Food Revolution Day 2013 e il Panbrioche facile facile con lievito madre

Dopo l’anteprima di domenica, con un pic nic svoltosi sul prato del Valentino a Torino, davanti al Fluido, entriamo nel vivo della settimana che ci porterà al Food Revolution Day del 17 maggio.
Molti di voi conoscono già questa iniziativa; per quelli che invece non ne hanno ancora sentito parlare consiglio di andare a leggere qui e qui e di fare un salto sul blog della promotrice e curatrice dell’evento a Torino: Mangia Che Ti Fa Bene Bimbo di Marcela Senise.
Ci sarà la possibilità di partecipare ad eventi a tema “cibo buono che fa bene” in diverse scuole di cucina Torinesi, e si potrà mangiare nei locali che hanno aderito all’iniziativa. Vi consiglio di guardare ben bene il programma.
 
L’anno scorso avevo partecipato con una ricetta.  Quest’anno sono arrivata tardi per proporre uno dei miei pani al contest organizzato da Marcela
No, rettifico, ho scoperto che il contest è prorogato fino a giovedì  ed ho ugualmente una ricetta da condividere con chi mi legge, all’insegna della buona alimentazione.
Trascinata anch’io nel vortice della panificazione con la pasta madre, (che mi è stata donata da Laura) ho voluto sperimentare questo panbrioche. La ricetta di Francy è a sua volta estratta da altri blog ed è diventata un bellissimo esempio di condivisione.
Io ho ridotto la quantità di impasto perchè, ancora non sicura della forza del mio lievito madre, non volevo rischiare di dover buttare tutto. Il risultato è stato sorprendente: per la mia quantità di impasto ho usato uno stampo da plumcake di 19x10x7,5 cm.
Il pane si conserva a lungo in un sacchettino di carta da pane messo poi all’interno di un altro  di plastica per alimenti: basta riscaldare leggermente le fette, in forno o su una padella antiaderente per ritrovarle soffici e profumate. La quantità di zucchero è tale da far sì che questo pane si possa accompagnare anche a ingredienti salati, ma con burro e marmellata è la fine del mondo!
Se avete già in casa vostra il lievito madre provate questa ricetta, oppure cercate di adottare la vostra pasta madre da uno spacciatore, qui trovate tutto l’elenco: spacciatori di pasta madre.
Oppure…continuate a parlare con le galline… 😉
La ricetta: Panbrioche con lievito madre
200 g di farina 0
70 g di pasta madre (rinfrescata al mattino)
50 g di burro 
50 ml di latte intero
60 g di zucchero semolato (nella ricetta originale ne sono indicati 30 g)
1 uovo
qualche cucchiaio di latte tiepido e zucchero di canna per decorare
La sera ho fatto sciogliere il burro nel latte e ho fatto intiepidire il tutto.
Ho spezzettato il lievito madre in una ciotola capiente e poi l’ho fatto sciogliere con il latte tiepido.
Ho aggiunto la farina setacciata, poi lo zucchero e l’uovo leggermente sbattuto con un pizzichino di sale.
Ho lavorato a mano, aggiungendo una manciata di farina, fino ad ottenere un impasto morbido e liscio.
Ho messo l’impasto a lievitare in una ciotola, coperta da un panno umido, in luogo tiepido, al riparo da correnti, per circa 8 ore.
Al mattino ho ripreso l’impasto, l’ho sgonfiato e diviso in 4 parti uguali.
Per ogni porzione d’impasto ho fatto un giro di pieghe, io per gli impasti burrosi normalmente non faccio le pieghe a libro ma quelle in tondo…appena trovo un video da postarvi lo aggiungerò qui sotto.
Poi ho formato una pallina e l’ho deposta nello stampo imburrato e infarinato, ed ho ripetuto il procedimento per le altre tre porzioni d’impasto.
Ho fatto lievitare il tutto fino a quasi triplicare di volume (4 ore) e poi ho infornato a 180° gradi, in forno ben caldo, dopo aver spennellato la superficie di latte tiepido e spolverato di zucchero di canna integrale.
In 25 minuti il pane sarà cotto e ben dorato, ma controllate picchiettandolo sul fondo il grado di cottura, se suonerà vuoto, sarà cotto.
Ho fatto raffreddare su una gratella, in modo che non si formasse umidità sul fondo della teglia.
Visto che sono ancora in tempo, partecipo con questa ricetta al Web Contest del Pane, lanciato da Marcela per pubblicizzare il Food Revolution Day del prossimo 17 maggio.

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Nonnevotten, le frittelle dei Paesi Bassi

Dopo la Rijstevlaai, ancora una ricetta della Limburg per la raccolta Abbecedario Culinario dell’Unione Europea, che questo mese si svolge sul blog di Mony, Gata da Plar, dedicato ai Paesi Bassi, e ancora una ricetta dolce.
Archiviate le feste natalizie già si pensa al Carnevale ed arriva il tempo delle frittelle. I dolci fritti sono simili in ogni parte del mondo e queste frittelle olandesi non sono molto diverse dalle zeppole.
Una simpatica curiosità questa volta riguarda il loro nome: letteralmente nonnevot significa “sedere di monaca”; pare che le monache francescane nel tardo ‘800 avessero in effetti un nodo simile sul di dietro del loro saio e questi dolci sono stati chiamati così per questa ragione.
Ho cercato su
google delle immagini per capire come vengono servite: alcune sono
spolverate di zucchero e altre servite al naturale. Secondo me si
possono anche farcire di crema, come i classici krapfen…l’importante è
farle e gustarle quasi subito, quando sono ancora calde.

La ricetta: Nonnevotten

(per 12 pezzi)
275 g farina manitoba
125 g di latte
10 g di lievito di birra
30 g di burro
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale

olio per friggere

Ho sciolto il lievito di birra nel latte tiepido con mezzo cucchiaino di zucchero.
Ho mescolato 200 g di farina con il sale e lo zucchero.
Ho fatto sciogliere il burro.
Ho cominciato ad impastare versando il latte nella farina, fino a formare una pastella densa. Poi ho aggiunto il burro sciolto, ormai tiepido.
Gradualmente ho aggiunto i restanti 75 g di farina, fino ad ottenere un impasto lavorabile,  morbido ma non appiccicoso.
Ho messo a lievitare in un recipiente coperto da pellicola fino al raddoppio.
Ho diviso l’impasto in 12 porzioni ed ho lavorato ciascuna nel seguente modo: l’ho impastata dolcemente per qualche istante, ne ho ricavato un serpentello cicciotto e da questo ho ricavato un nodo.
Ho messo i nodi a lievitare per circa mezz’ora in un luogo caldo, ben distanziati e coperti da pellicola.
Ho fatto scaldare l’olio di semi e vi ho fritto ogni nodo finché non era dorato e poi l’ho fatto asciugare sulla carta assorbente.
Ho rotolato le frittelle nello zucchero semolato e subito servito.

 E anche questa ricetta finisce nell’Abbecedario Culinario dell’Unione Europea!!

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# 16 – Calendario dell’Avvento – Panettoncini di Natale

Fioccano i panettoni sulle pagine dei blog e su Facebook e su Twitter! C’è chi lo fa con la pasta madre, come questo di Loredana, che è l’attuale mio mito-panettonico…oppure con il lievito normale, come questo, che però non garantisce una sofficità a lunga durata…
Io non l’ho fatto quest’anno, ancora in dubbio se riproporre la Gubana che tanto ci era piaciuta, in versione classica o tropicale, però non ho saputo resistere al richiamo dei panettoncini di pan brioche di Claudia di Mon Petit Bistrot. Sono facili e relativamente veloci e se trovate i pirottini da panettone da 100g in cui farli cuocere il risultato è certamente di impatto visivo ed adattissimo per piccoli doni!!
 
Ho seguito la sua ricetta, che riporto per comodità, vi dò solo alcuni consigli:
– far riposare l’uva passa nel liquore, rum o grappa, fa sì che diventi molto più aromatica;
– io ho usato il mandarino, al posto della buccia d’arancia, ma anche un mix arancia-limone è adatto a questo tipo di impasto;
– prima di cominciare con l’impasto, pesate tutti gli ingredienti, sarà molto più veloce procedere;
– io ho una piccola impastatrice, che fa comunque il suo, per impasti di questo genere è decisamente faticoso procedere a mano…eppure l’anno scorso per la Gubana ho lavorato a mano e ce l’ho fatta ugualmente, con tanto olio di gomito!!

 

 

 

La ricetta: Panettoncini di Natale
 
Per la biga:
100 g di manitoba
50 g di acqua
1,5 g di lievito birra fresco
 
Ho unito gli ingredienti, formando un impasto sodo e ho lasciato crescere a temperatura ambiente (18°) per 12 ore.
 
Per il secondo impasto: 
380 g di farina manitoba
125 g di latte
65 g di acqua
150 g di zucchero
100 g di burro morbido
1 uovo intero
1 torlo
8 g di lievito di birra fresco
5 g di sale
1 cucchiaio di grappa
la buccia di un mandarino
1 semini di una bacca di vaniglia
 
200 g di uvetta
1 albume
zucchero e farina di mandorle
 
La sera prima ho preparato la biga, che deve restare a 18° per 12 ore circa.
Il mattino dopo ho messo in ammollo l’uva passa in acqua tiepida, poi l’ho strizzata ed ho aggiunto qualche cucchiaio di grappa di moscato.
 
Nella ciotola dell’impastatrice ho messo la biga a pezzetti con l’acqua e il latte leggermente intiepiditi. Ho fatto ammorbidire la biga nei liquidi, aggiungendoli a filo.
Ho aggiunto il lievito di birra sbriciolato e qualche cucchiaio di farina.
Ho unito il primo tuorlo, 30 g di zucchero e qualche cucchiaio di farina, finchè l’impasto non si è nuovamente formato.
Ho unito il secondo tuorlo, 40 g di zucchero e qualche cucchiaio di farina.
Ho unito l’albume (1), 50 g di zucchero, il sale e la farina restante, tenendone 1 cucchiaio da parte.
Ho impastato fino a far incordare.
Ho aggiunto il burro in tre parti, facendo assorbire ogni volta.
Ho unito il rum, la buccia grattugiata del mandarino, i semini di vaniglia e l’ultimo cucchiaio di farina.
Ho fatto incordare di nuovo.
Ho aggiunto l’uva passa ben strizzata, facendola ben distribuire nell’impasto.
 
Ho coperto l’impasto con pellicola unta e l’ho fatto crescere per 1 ora in  luogo riparato.
L’ho rovesciato sul tavolo infarinato e lasciato adagiare per 5 minuti. Poi ho cominciato a suddividerlo in palline del peso di 100 g ciascuna. Per ogni pallina ho fatto un giro di pieghe circolari e poi ho arrotondato la pallina, con il gesto della pirlatura.
Ho deposto ogni pallina nel suo pirottino e ho messo a lievitare al caldo, fino a che l’impasto non sporgeva di 2 cm dal bordo del pirottino.
Ho spennellato con albume, zucchero e farina di mandorle e poi infornato a 200° per 5 minuti, poi abbassato a 180° per altri 25 minuti.
Claudia li fa cuocere molto più a lungo, ma il mio forno è piccino-piccino e quindi scalda molto di più!!
 
 
 

 

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Il 7° World Bread Day e il Pane Polacco al Cumino

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione ed è anche il 7° World Bread Day, la giornata mondiale del pane, che rappresenta l’essenza più arcaica dell’alimentazione umana.
Il pane è nutrimento e simbolo e così non mi lascio sfuggire l’occasione di panificare proprio per questa giornata, giunta ormai alla settima edizione.
Sul blog di Zorra troverete un archivio delle ricette che da ormai 7 anni sono state preparate dalle foodbloggers di tutto il mondo. D’obbligo fare un salto anche sul blog di Cindy che si fa promotrice dell’iniziativa per l’Italia.
Anch’io ho dato il mio contributo, l’anno scorso, con il treccione di pane, e quest’anno con un pane scuro profumato di cumino, che è perfetto, nella stagione invernale, con gli stufati ricchi delle regioni dell’Europa del Nord, ma che resta morbido ed ottimo anche per una ricca colazione dolce.
Rispetto alla ricetta originale che ho trovato sul libro Il Pane fatto in casa di Christine Ingram e Jemmie Shapter, ho dimezzato la quantità di lievito, aumentando il tempo di lievitazione ed ottenendo un pane più leggero e che si mantiene morbido più a lungo.
Buon World Bread Day a tutti!! 

La ricetta: Pane polacco di segale al cumino
225 g di farina di segale per pane nero
225 g di farina bianca tipo 0
1 cucchiaio di semini di cumino
1 cucchiaino colmo di sale
10 g di lievito di birra fresco
140 ml di latte tiepido
1 cucchiaino di miele
120 ml di acqua.
Ho mischiato le farine con il sale e i semini di cumino.
Ho sciolto il lievito in parte del latte intiepidito e vi ho mischiato il miele, mescolando bene fino a sciogliere tutti i grumi.
Ho iniziato a versare al centro della farina questa mistura di latte e lievito, impastando con una forchetta. Ho aggiunto gradualmente il latte restante e poi l’acqua, fino a formare un impasto morbido.
Ho rovesciato tutto sulla spianatoia ed ho iniziato ad impastare, lavorando bene la palla per dieci minuti.
Ho messo il tutto a lievitare in un luogo ben riparato, in una ciotola unta, coperta di pellicola oliata.
Quando era raddoppiato, dopo circa 3 ore, ho diviso l’impasto in tre pezzi. Li ho lavorati brevemente ed ho formato tre ovali di pane, rimettendoli a lievitare al riparo, fino al completo raddoppio.
Ho poi informato le pagnotte a 220° per 20 minuti. Se sono cotte suonano vuote.
Appena sformate saranno molto croccanti, ma poi diventeranno morbidissime e si conserveranno bene per 3 giorni.
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Il panino Granata

Questi panini al latte sono superbi: soffici soffici e profumati, adattissimi da farcire perchè sono così morbidi che ogni morso è una goduria. Per questa ragione ho subito pensato a loro per partecipare al contest di Una cucina per ChiaMa, “Un panino per ChiaMa“, che proponeva di realizzare un panino goloso e ben presentato.
Ho preparato il pane, con questa ricetta supercollaudata e veloce, realizzandolo in due diverse forme, rotondo e allungato, e poi l’ho farcito con ingredienti adatti al primo fresco di questi giorni: caprino di latte di capra, funghi trifolati e speck AltoAdige.
Benchè io non sia una patita dei 22 uomini in mutande che si contendono una palla su un prato rettangolare, mi sento coinvolta con pathos nei preparativi pre-partita, anche se questo comporta soltanto preparare una cena “asportabile” per il mio fidanzato che va allo stadio a seguire la sua squadra del cuore. Di solito i miei panini riescono a dargli la carica giusta per affrontare i 90 minuti di trepidazione e sofferenza emotiva, dunque ecco a voi il Panino Granata!!

La ricetta: Panino Granata
per 12 paninetti:
400 g di farina bianca (200 g manitoba e 200 g tipo 00)
1 cucchiaino e mezzo di sale
1 cucchiaino e mezzo di zucchero
12 g di lievito di birra fresco (1/2 cubetto)
200 ml di latte tiepido (o più a seconda dell’umidità dell’aria)
Ho mescolato insieme in una capiente ciotola farina, sale e zucchero.
Ho sciolto il lievito in 50 ml di latte ed ho cominciato ad aggiungerlo all’impasto, mescolando con una forchetta. Ho aggiunto il latte restante, sempre mescolando, aggiungendone se necessario, fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Ho trasferito l’impasto sul tavolo infarinato ed ho impastato a mano per dieci minuti. Ho deposto l’impasto in una ciotola oliata e coperto con pellicola da cucina leggermente unta.
Ho fatto lievitare al caldo finchè l’impasto non raddoppia (un’ora abbondante).
Ho diviso l’impasto in 12 porzioni ed ho formato i paninetti, ricavandone 6 palline e 6 sfilatini lunghi. Sulle palline ho fatto un profondo taglio a croce con un coltello infarinato. Ho coperto i paninetti con pellicola oliata e li ho fatti crescere al caldo per circa 40 minuti. 
Sui paninetti lunghi ho ricavato dei taglietti con la punta delle forbici, poi ho spennellato tutti con latte a temperatura ambiente ed ho infornato a 200° per 15-20 minuti, fino a doratura.

per la farcitura:
caprino fresco di latte di capra (occhio che i caprini possono essere anche di latte di vacca)
speck Alto Adige affettato fine
funghi orecchione trifolati (ho tagliato i funghi orecchione a striscioline sottili, li ho passati in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio e li ho fatti ammorbidire, sfumando poi con due dita di vino bianco e aggiungendo acqua se necessario. Ho poi regolato di sale e aggiunto del prezzemolo tritato, poco prima di spegnere il fuoco.)

Ho tagliato a metà i paninetti, ho spalmato uno strato sostanzioso di caprino, vi ho adagiato una cucchiaiata di funghi trifolati e sopra una fetta di speck, come una sciarpa granata.
Buon appetito!! 🙂

Con questa ricetta partecipo al contest “Un panino per ChiaMa” del blog “Una cucina per ChiaMa” di Marco e Chiara.
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Pizza ripiena di caprino ed erbette all’aglio

Dall’alto sembra una focaccia alta, quasi banale nella sua semplicità: olive e pomodorini. In realtà nasconde una sorpresa, un soffice ripieno di caprino fresco, con la marcia in più, saporitissima, di un’aggiunta di aglio ed erbette, che danno a questo piatto un tono così rustico, ma al tempo stesso un’aria un po’ chic alla francese…
Il segreto è stendere lo strato superiore sottilissimo, in modo che resti un po’ croccantino e leggero; più corposo e gonfio sarà lo strato inferiore, e la morbidezza nell’odoroso ripieno.

La ricetta: Pizza ripiena di caprino ed erbette all’aglio

300 g di farina
1 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di miele
acqua
1 cucchiaio d’olio
1/3 di cubetto di lievito di birra
200 g di caprino fresco
maggiorana, menta, origano,dragoncello ed erba cipollina
1 spicchio di aglio
Ho preparato la pasta per la pizza, sciogliendo il lievito in circa 50 ml di acqua tiepida, aggiungendo 1/2 cucchiaino di miele e lasciando riposare per 10 minuti, fino alla formazione di una ricca schiumetta. Ho cominciato ad impastare la farina setacciata con il sale con questa mistura di acqua e lievito, aggiungendo poi altra acqua tiepida e un cucchiaio d’olio extravergine finchè non si è formata una bella palla morbida. Ho impastato per dieci minuti circa, poi ho messo l’impasto a lievitare per 2-3 ore.
Ho ripreso la pasta e l’ho divisa in 4 palline, due delle quali leggermente più piccine perchè serviranno per gli strati superiori. Ho steso le palline più grandi ed ho foderato due teglie tonde da 21 cm, lasciando riposare questo strato, spennellato leggermente di olio, per dieci minuti. Ho spalmato poi il caprino che avevo precedentemente insaporito con un pizzico di sale, le erbette tritate e lo spicchio d’aglio tritato finissimo (o, se preferite, spremuto).
Poi ho steso le altre due palline ed ho ricoperto il ripieno, sigillando bene il bordo esterno. Ho spennellato anche la superficie con un filo d’olio e vi ho deposto le olive tagliate a rondelle e i pomodorini, tagliati a metà, infine ho messo tutto in forno a 220° per circa 20 minuti (ma controllate che il fondo sia dorato, perchè il tempo di cottura varia da forno a forno!)

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Il Pane Marocchino che non viene dal Marocco

Il pane che vi presento questa volta è frutto di un equivoco non del tutto chiarito.
La ricetta l’ho trovata sul mio solito libro del pane e l’ho preparata assieme al pollo con i limoni confit. Mentre mi apprestavo a preparare quella ricetta tipica marocchina, mi era caduto l’occhio su questa dorata pagnotta con farina di mais e semini, ed avevo pensato di prepararla per accompagnare tajine e cous cous. Sul libro era indicato con il nome di “pane marocchino delle feste” ed era in realtà un pane piuttosto semplice, con la farina di mais e la sola aggiunta di semini in superficie o, volendo, nell’impasto.

Ripresa in mano la ricetta e le foto per la rubrica sul pane, ho fatto alcune ricerche su internet per sapere qualcosa di più su questa pagnotta e cosa vengo a scoprire? Nessuna traccia di un pane marocchino a base di farina di mais. Qualcuno sa fornirmi qualche indicazione? Esiste davvero un pane marocchino di farina di mais??
In effetti dalle mie ricerche qualcos’altro è emerso: esiste una qualità di pane tipica toscana, precisamente dalla zona di Montignoso e Massa Carrara a base di farina di mais.
Non mi sarei stupita, poiché i pani a base di mais sono molti in area mediterranea, se non fosse che la forma della pagnotta è pressocchè identica e il nome dà l’indizio cruciale: si chiama pane Marocco.

A questo punto mi è sembrato abbastanza plausibile che il pane fatto da me, seguendo la ricetta del libro fosse in realtà una versione molto semplificata del ricco pane Marocco. Quest’ultimo, stando alle indicazioni fornite in rete, è un vero trionfo di sapori, preparato con olio, olive nere, salvia, rosmarino, aglio e peperoncino tritato. Il vero pane Marocco ha una marcia in più in quanto viene cotto in forno a legna, avvolto nelle foglie di castagno.

In attesa di provare a fare qualcosa che assomigli, anche se non ho il forno a legna, al promettente Pane Marocco vi lascio il Pane Marocchino, con un trionfo di semini in superficie!


La ricetta: Pane Marocchino delle Feste

(tratta da Ingram-Shapter, Il Pane fatto in casa, cit.)
(ingredienti per una pagnotta di circa 22 cm di diametro)
275 g di farina tipo 0
50 g di farina di mais fioretto
1 cucchiaino di sale
20 g di lievito di birra fresco
120 ml di acqua tiepida
120 ml di latte tiepido
1 cucchiaio di semi di zucca
2 cucchiai di semi di girasole
1 cucchiaio di semi di sesamo

Ho mischiato insieme farine e sale in una grossa terrina.
Da parte ho sciolto il lievito con un po’ d’acqua, aggiungendo poi la restante acqua ed il latte. Ho cominciato a versare i liquidi al centro della farina e ad impastare con un cucchiaio, fino ad inglobare tutta l’acqua e latte.
Ho rovesciato sulla spianatoia ed impastato per dieci minuti.
Ho rimesso la palla d’impasto nella terrina e coperto con pellicola unta. Poi lasciato lievitare nel forno leggermente intiepidito e poi spento per 1 ora, o fino al raddoppio.
Se volete mettere dei semini anche all’interno dell’impasto potete farlo dopo la prima lievitazione, inglobandoli delicatamente. Io li ho messi solo in superficie, quindi dopola prima lievitazione ho ricavato una palla ben tonda, facendo girare l’impasto tra i palmi. L’ho deposto sulla teglia da forno ricoperta di carta da forno e ricoperto con pellicola unta e lasciato lievitare nuovamente fino al raddoppio (circa 50 minuti).
Ho riscaldato il forno a 200°, ho spennellato la superficie del pane con acqua tiepida e cosparso con i semini di zucca, girasole e sesamo. Poi ho infornato finchè non era ben dorato; ci vorrà mezz’ora.
Questo pane ha una bella crosta dorata e croccante e una mollica fitta, con i granellini di saporita farina di mais ben evidenti. 

Ecco la scheda riassuntiva del pane:
PANE MAROCCHINO DELLE FESTE 
PROVENIENZA: Toscana
RICORRENZA-STAGIONE: Tutto l’anno
TIPO DI FARINA: Farina bianca + farina di mais
TIPO DI LIEVITO: Lievito di birra fresco
TEMPO DI LIEVITAZIONE: 2 ore
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La Pagnotta di Doris Grant

Per la mia rubrica sulla panificazione e per presentare ancora una ricetta inglese per il mercoledì social di Micol e Cecilia questa settimana ho preparato il mitico pane di Grant, in inglese Grant Loaf

Se vi state chiedendo perché “mitico”, è perché questo pagnottone squadrato ha una lunga storia, anche se non antichissima, legata all’inventiva di una donna ingegnosa, Doris Grant; perché è velocissimo da fare, avendo tempi di lievitazione ridotti; perché si fa con il lievito liofilizzato, che potete tenere sempre in casa senza paura che vada a male, e, infine, perché si mantiene per 3/4 giorni come se fosse fatto poche ore prima, e risulta perciò comodissimo da tenere in dispensa per fare dei tramezzini da portarsi a spasso – o in spiaggia, per chi ci va – o da tenere come pane da emergenza, quando finisce il pane in casa.

La ricetta, anche questa volta presa dal libro Il Pane Fatto in Casa di Christine Ingram e Jennie Shapter, è stata sperimentata da me molte volte, allungando anche leggermente i tempi di lievitazione.
Il segreto, scoperto per caso da Doris Grant e poi da lei perfezionato, sta nel “non impasto” del pane, che può sembrare un controsenso, in quanto una delle regole per ottenere un pane che ben si sviluppi in lievitazione è quello di impastarlo a lungo. A venire in soccorso è una grande idratazione e l’utilizzo dello zucchero integrale di canna che contribuisce alla lievitazione e a tenerlo particolarmente umido all’interno e quindi a far sì che non si secchi dopo poche ore.
Doris Grant e il Dr. William Howard Hay
Doris Cruikshank, nata nel 1905 e diplomata alla Glasgow School of Art, divenne la Signora Grant nel 1925, sposando Gordon Grant. 
Scoprì il segreto di questo pane in tempo di guerra, nel 1940. Pare che, sovrapensiero, mise il pane in teglia senza lavorarlo; convinta di aver fatto uno sbaglio pensò di dover gettar via il tutto, ma si decise ugualmente a cuocere la pagnotta, perché evidentemente non era tempo di fare grandi sprechi e, a fine cottura, si accorse di quanto il gusto del pane fosse più soddisfacente rispetto a quello di un pane lavorato a lungo. Da qui partì con ulteriori affinamenti fino a giungere alla ricetta che venne pubblicata nel suo ricettario e che oggi viene divulgata.
Doris Grant si era già avvicinata alle teorie del Dottor William Howard Hay, riguardo alla combinazione dei cibi, teorie comunemente conosciute come “Dr. Hay Diet”; in particolare Hay costruì una teoria alimentare sulla non-mescolanza di alimenti acidi e alcalini nello stesso pasto, che possono, secondo le sue ricerche, portare più facilmente all’obesità.
Partendo da queste teorie la signora Grant, proseguendo i suoi studi arrivò ad affermare con certezza che l’osservanza di una dieta ricca di alimenti integrali aiutava la salute e la naturale reazione del corpo alle malattie. Doris Grant diceva: «If you love your husbands, keep them away from white bread . . . If you don’t love them, cyanide is quicker but bleached bread is just as certain, and no questions asked.»
«Se amate i vostri mariti, teneteli alla larga dal pane bianco… Se non li amate, il cianuro è il metodo più veloce, ma il pane sbiancato è altrettanto infallibile, e senza suscitare domande.»
Quindi era ben al corrente già negli anni ’40, dei danni portati al nostro organismo dagli alimenti troppo raffinati, in particolare cibi confezionati con farine bianche o zucchero raffinato. Qui trovate il suo libro.
Doris Grant venne a mancare nel 2003, ma in questi lunghi anni molte delle cose che lei aveva intuito sono state dimostrate scientificamente. Che l’attenzione su di lei non sia mai calata è dimostrato dal fatto che la sua pagnotta è stata recentemente riproposta da Lorraine Pascale nella propria trasmissione televisiva sulla BBC, dopo centinaia di imitazioni e rielaborazioni fatte nel corso degli ultimi 70 anni.
Inutile ripetere che la Grant Loaf va confezionata con una farina integrale, io uso una farina mista integrale e di segale, ma a seconda dei vostri gusti potete usare quella che preferite. Lo zucchero deve essere di canna integrale, non quello a granelli, ma quello che si presenta in polvere, molto scuro, il Muscovado è perfetto.

La ricetta: Pagnotta di Grant
ingredienti per uno stampo rettangolare:
460 g di farina per pane (io cambio le proporzioni, mettendoci sempre un 30% di farina integrale, o per pane nero o di farro)
1 cucchiaino e 1/2 di sale 
1 cucchiaino di lievito di birra liofilizzato
400 ml di acqua tiepida (37°)
1 cucchiaino colmo di zucchero Muscovado
Ho preparato 50 ml abbondanti di acqua tiepida e ho cosparso in superficie il lievito liofilizzato. Dopo un paio di minuti ho mescolato e aggiunto lo zucchero Muscovado e fatto fermentare al coperto per circa 10 minuti.
Nel frattempo ho scaldato la ciotola, d’inverno si può tenere un po’ sul termosifone, oppure passare velocemente in forno tiepido, poi vi ho messo la farina e il sale e mescolato.
Con olio d’oliva e un pennello da cucina ho unto accuratamente uno stampo per pane, su tutta la superficie interna e un foglio di pellicola da cucina per ricoprirlo durante la lievitazione.
Passati i dieci minuti ho cominciato ad aggiungere i liquidi alla farina, dentro la ciotola intiepidita, mescolando bene con un cucchiaio di legno; prima si versano i 50 ml di acqua con il lievito, poi i restanti 350 ml, sempre appena tiepidi. Deve formarsi un impasto omogeneo e un po’ grumoso, molto fluido, mescolando sempre con il cucchiaio o se volete con l’impastatrice per 1 o 2 minuti.
A volte, a seconda delle condizioni atmosferiche può essere necessario aggiungere ancora un po’ d’acqua, 20 ml circa. L’impasto deve essere appicciocoso e assolutamente non-lavorabile su una spianatoia. Dalla ciotola si versa direttamente nella teglia, che poi si ricopre con pellicola unta e con un panno pulito. Il tutto si mette a lievitare in forno tiepido e spento per mezz’ora. Può restare anche un po’ di più, ma mezz’ora sarà sufficiente perchè l’impasto raggiunga il bordo superiore della teglia. 
qui si vede la crescita del pane in mezz’ora; mentre il forno scalda, crescerà ancora qualche millimetro.
A questo punto si tiene al caldo fuori dal forno e nel frattempo si scalda il forno a 200°.
Si inforna per 30-40 minuti. A me 30 minuti sono sufficienti. Per verificare la cottura, bisogna estrarre il pane dalla teglia e picchiettarlo sul fondo: se è cotto suona come se fosse cavo. Se è ancora morbido sulla parte inferiore, rimetterlo in forno ancora per un po’.
La pagnotta di Grant va fatta raffreddare su una gratella. Una volta fredda sarà croccante in superficie e molto umida all’interno. Il giorno dopo perderà la croccantezza superficiale e al’interno sarà un po’ più asciutta, ma sempre morbidissima.

ai fornelli, ricette originali, ricette tradizionali

Una Gubana…Tropicale

Avevo già proposto la gubana nella sua versione più o meno tradizionale. Questa volta, in particolare per presentare una ricetta originale per il bellissimo contest di La Cucina di Barbara ho pensato di riutilizzare l’impasto della gubana, con tutti i suoi passaggi ed il pochissimo lievito, per un dolce da colazione soffice e profumato ispirato ai colori e ai profumi dell’estate.
Ho sostituito il classico Picolit con del Rhum e la frutta secca e candita del ripieno tradizionale con  frutta disidratata tropicale: papaya, mango, ananas e cocco, con l’aggiunta di buccia di limone, mandorle tritate grossolanamente e amaretti sbriciolati. Rispetto al procedimento originale, grazie alle alte temperature di questi giorni, sono riuscita ad accorciare i tempi, ottenendo ugualmente un impasto sofficissimo e che resta morbido, avvolto in un panno, per 4 giorni.
Vedrete che la seconda giornata è la più impegnativa, richiedendo ben 3 momenti.
Potete gustare questa Gubana Tropicale accompagnandola con una spremuta d’arancia o un frullato di pesca e albicocca o con del succo A.C.E. senza zucchero. Buona colazione!! 😀

La ricetta: Gubana Tropicale
(dosi per ottenere un dolce del diametro di 17-18 cm, del peso di circa 900g)
per l’impasto:
300 g di farina Manitoba
100 g di latte intero
55 g d’acqua
90 g di zucchero
80 g di burro
½ uovo + 1 tuorlo
7,5 g di lievito di birra fresco
1 pizzico di sale
½  cucchiaino di miele
buccia grattugiata di ½  limone
½  baccello di vaniglia.

per il ripieno:
150 g di frutta disidratata mista (papaya, mango, ananas, cocco)
45 g di Rhum
100 g di mandorle spellate e tostate
buccia grattugiata di ½ limone
½  uovo
20 g di burro
½ cucchiaio di miele
50 g amaretti secchi tritati

per la glassatura:
1 albume
zucchero di canna

Giovedì: ho messo la frutta disidrata a bagno nel rhum, dopo averla tagliata a dadini. Ho coperto e tenuto in frigo per tutta la notte.

Venerdì mattina: Ho preparato una biga con 75g di farina, 35g d’acqua e 1g (un pizzichino) di lievito. Dopo un’impastatura veloce ho coperto con pellicola e messo a lievitare a temperatura ambiente (25°) per 12 ore.

Ho poi finito di preparare il ripieno mescolando alla frutta disidratata ammollata nel rhum, anche le mandorle tritate grossolanamente , la buccia di limone e gli amaretti sbriciolati, poi il burro fuso e il miele. Ho coperto e riposto in frigo.

Venerdì pomeriggio:
Ho preparato un poolish con 100g di latte tiepido, 50g di farina, zeste grattugiate di ½ limone, 3g lievito. Ho coperto e lasciato a temperatura ambiente per 4 ore, in un luogo riparato e lontano da fonti di calore.

Venerdì sera:
Ho preso il poolish ormai gonfio e l’ho mescolato. Ho preparato una pastella con gli ultimi 3,5 g di lievito, il miele, 20gr di acqua  e 20g di farina e lasciato gonfiare. Poi ho unito a questa pastella il poolish.
Ho pesato 105 g di farina, e l’ho aggiunta quasi tutta ai preimpasti, cominciando a mescolare per farla assorbire. Si forma quasi subito un impasto consistente. Ho aggiunto la biga a pezzi e poi successivamente, sempre mescolando energicamente, ½  tuorlo, 40g di zucchero, la farina rimanente ed incordato. Ho poi inserito 30g di burro morbido, lasciato a temperatura ambiente per un’ora, con i semini della bacca di vaniglia. Con l’inserimento del burro l’impasto diventa lucido ed elastico e la consistenza migliora. Ho cominciato ad impastare all’interno della ciotola con una mano, sollevando l’impasto e tirando verso l’alto. Ho lavorato per un po’ in questo modo, fino ad ottenere un impasto elastico e ben legato. Poi ho coperto con pellicola e lasciato riposare per un’ora a circa 28°, in forno spento.
Ho ripreso l’impasto, l’ho impastato per qualche istante e poi, mescolando nuovamente con il cucchiaio, ho aggiunto gradualmente ½ albume seguito da circa metà della farina rimanente; ad assorbimento ho unito ½  tuorlo con metà dello zucchero; poi ancora farina, l’altro ½ tuorlo, con zucchero e sale. Ho impastato con cura, poi aggiunto il burro morbido con la buccia di limone grattata, come fatto prima, impastando con la mano verso l’alto, ribaltando diverse volte l’impasto. Ho coperto e trasferito di nuovo in forno tiepido per circa mezz’ora.

Passato questo tempo ho rovesciato l’impasto sulla spianatoia – sarà ancora molto morbido – ed ho fatto un giro di pieghe del tipo 2, ovvero portando porzioni di impasto verso il centro, per tutta la circonferenza della palla di impasto. A questo punto ho rimesso la palla di impasto in una ciotola infarinata, coperto con pellicola unta e posto in frigo fino al mattino.

Sabato:
Ho tirato fuori dal frigo l’impasto e lasciato riscaldare per un’oretta.
Ho preparato uno stampo di carta forno per la gubana, del diametro di 17-18 cm, pinzandolo molte volte con i punti metallici dal lato esterno.
Poi ho steso con il mattarello un ovale di pasta spesso circa 1/2 cm.
Ho aggiunto l’uovo al ripieno, mescolando bene e poi l’ho steso sull’ovale di pasta lasciando due cm di bordo esterno, spennellato con albume. Ho arrotolato in diagonale, stringendo e allungando l’impasto simultaneamente. Poi ho attorcigliato il tutto come fosse una chiocciola, mettendo il capo terminale sotto al tutto e depositando la gubana nello stampo di carta forno.
Ho fatto lievitare in forno spento fino al raddoppio (circa 1 ora- 1 ora e mezza). Poi ho riscaldato il forno a 180° e intanto spennellato la gubana con l’ultimo albume restante e poi cospargendo di zucchero di canna.
Ho infornato per 45 minuti, facendo attenzione che la superficie non si scurisse troppo.

Una volta sfornata si lascia raffreddare la gubana avvolta da un panno di cotone, su una gratella che la faccia raffreddare anche sulla superficie inferiore.

Con questo dolce partecipo al contest Get an AID in the kitchen – second edition, del blog La Cucina di Barbara.


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