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#Polska – il contest culinario dedicato alla cucina polacca – piatto principale

spezzatino_slideshow_miniIl contest sulla cucina polacca è arrivato alla terza puntata, questa volta era in gioco un piatto principale. Ho scelto di fare un piatto di carne accompagnato da ravioli.

Se vi fa piacere votare la mia ricetta potete trovarla qui.

Anche questa volta ho deciso di provare prodotti polacchi nuovi, che ancora non avevo usato: Read more

ai fornelli, foodblogging, pasta, primi piatti, ricette originali

Sedici: l’alchimia dei sapori – il contest – ep. 7 Carnosi

noodles-maiale-arachidi-carnosi

Brave-bravissime le due vincitrici di #Sedici questo mese per i Fruttati Fioriti:

La dolce eterea delicatezza di Alexandra con i suoi sablé alla rosa e mandorla:

e la formaggiosità golosa di Simona con il suo risotto ai fichi, taleggio e cannella:

Ed eccoci arrivati ad una nuova puntata di #Sedici…andiamo come treni o forse semplicemente tempus fugit e ci troviamo quasi a metà percorso.

Questa volta, temo, i partecipanti saranno un po’ meno perchè dovremo rinunciare alle ricette vegetariane e vegane, ma non potevamo esimerci dal proporre a tutti gli altri anche questi abbinamenti, perchè ce ne sono alcuni davvero stimolanti.

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Sedici: l’alchimia dei sapori – il contest – ep. 4 Fruttati Freschi

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Eccoci giunti alla conclusione della terza puntata di #Sedici, e già siamo dentro alla quarta fino al collo!

Partecipazione tiepida, ma ricette molto belle – e noi badiamo più alla qualità che alla quantità – perciò ci tenevamo a ringraziarvi, perchè i fedeli di #Sedici mostrano in realtà grandissimo entusiasmo. Gli abbinamenti più arditi sono ancora pochini, ma contiamo che vi scioglierete sempre più! Read more

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Tonno di coniglio, un piatto antico per tempi moderni

Se l’idea di un “tonno di coniglio” vi evoca alla mente immagini di personaggi mitologici, mezzo leporide e mezzo pesce, allora non siete piemontesi.
Qui in Piemonte il tonno di coniglio è una ricetta diffusa e conosciuta, in particolar modo nelle campagne, che ora sta ripopolando anche i ristoranti più raffinati.
La parola “tonno” fa riferimento alla consistenza del piatto finito e alla sua conservazione sott’olio, mentre la carne utilizzata è proprio quella del coniglio, ma può essere fatto, con risultati ottimi, anche con altri tipi di carne bianca. Il segreto sta proprio nella fase-tonno: la carne bollita a lungo diventa tenera e si sfilaccia, senza disfarsi, ma è l’olio con gli aromi e il riposo a fare la magia. Dopo 24 o ancora meglio 48 ore vi troverete con una carne saporita, tenera, profumata di aglio e salvia e che si conserva a lungo in frigorifero.


Pare che la ricetta sia stata inventata nel Monferrato, ma è attualmente anche una specialità Langarola: in realtà era diffuso in tutte le realtà contadine della regione, per alcuni motivi.
I conigli venivano macellati ma non esistevano i frigoriferi e i congelatori per conservarli, dunque si ricorreva all’olio, il conservante più antico (e sano!) del mondo.
In secondo luogo i contadini lavoravano per molte ore nelle vigne e nei campi, dall’alba al tramonto; il tonno di coniglio era facilmente trasportabile in vasi di vetro, si gustava freddo e poteva essere preparato con anticipo, interrompendo il lavoro giusto il tempo di rifocillarsi.
E infine…perchè è strepitosamente buono: la lunga cottura in un brodo ricco di aromi, insaporisce la carne, l’olio e la marinatura fanno il resto.
Se siete abituati a portarvi il pranzo in ufficio, questa ricetta è assolutamente da provare, con un po’ di insalatina, magari con l’aggiunta di rondelline di sedano e nocciole spezzettate, sarà un pranzo strepitoso.

La ricetta: Tonno di Coniglio (ricetta modificata da Sapori Piemontesi)
1,5 kg di coniglio (cosce e davantini, già pulito, senza le interiora e la testa)
1 cipolla media
1 pezzo di porro
1 carota
2 coste di sedano
2 foglie di alloro
2/3 rametti di timo
1 ciuffo di prezzemolo
2/3 chiodi di garofano
3 grani di ginepro schiacciati
sale

dopo la cottura:
foglie di salvia e spicchi d’aglio a piacere
olio extravergine di oliva

In una pentola capiente mettere tutti gli aromi per il brodo. Portare ad ebollizione, poi salare ed immergere i pezzi di coniglio lavati bene con acqua e aceto. Far riprendere l’ebollizione e far poi sobbollire per un’ora e mezza.
Spegnere e lasciar intiepidire il coniglio nel suo brodo (brodo ottimo, magro, filtratelo e consumatelo come più vi piace).
Quando la carne è tiepida, ripulirla da tutte le ossa e i nervetti e metterla in una ciotola capiente. Condirla con un filo d’olio ed aggiustare di sale, se occorre.
In vasi di vetro disporre il coniglio a strati e su ogni strato mettere un paio di foglie di salvia e uno (o mezzo) spicchio d’aglio, a seconda del vostro gusto. Coprire di olio, eliminando le bolle d’aria e far riposare al fresco per 24 ore.
Se aspettate 48 ore, il vostro tonno di coniglio sarà ancora più buono.

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Coq au vin per la Borgogna e per il Calendario Culinario

Siamo in Borgogna terra di storia, arte e gastronomia.
So che l’ho già detto per quasi tutte le altre 10 regioni francesi attraversate quest’anno, mache devo fare? La Francia, al di là della celebre capitale, è davvero ricca di sorprese eccellenti.
La storia della Borgogna inizia con i Galli, precisamente la tribù del Burgundi che aveva un regno ben più vasto dell’attuale regione francese. Il territorio venne annesso dai Franchi e in seguito diviso tra vassalli e valvassori per formare diversi piccoli ducati e contee indipendenti: il Ducato di Borgogna, la Franca Contea di Borgogna, la Provenza, il Delfinato, la Savoia, la Svizzera francofona, ed altri più piccoli.
Il Ducato di Borgogna era vassallo del Re di Francia, mentre la Franca Contea era assoggettata al Sacro Romano Impero. Esse furono però riunite nuovamente sotto un unico sovrano fino al 1477 quando furono definitivamente divise per ragioni dinastiche.

Se parliamo di patrimonio artistico è impossibile non pensare all’architettura cluniacense e cistercense, entrambe originate in Borgogna, e di cui un esempio eloquente sono le due abbaziali, patrimonio dell’UNESCO, Vézelay e Fontenay.

Vézelay esterno

Vézelay interno
Abbazia di Fontenay esterno

Fontenay interno
A questo proposito pare che proprio allo zelo dei monaci lavoratori si debba la diffusione in queste terre della coltivazione della vite. La Borgogna è la prima zona di Francia come territorio vocato, assieme al Bordeaux. I vini rossi sono prodotti a partire da Pinot Nero, quelli bianchi a partire da uve Chardonnay; in minor quantità sono gli appezzamenti di Gamay e Aligoté. Tutta la zona di produzione segue il corso del fiume Saône, in una lunga e stretta striscia di terra; le aziende vitivinicole sono piccole, di non più di 5 ettari di estensione, e spesso ancor più piccole, e i vini hanno un sistema identificativo proprio, da “régionale“, il più basico, a Grand Cru, il più pregiato.

Date queste premesse per la Borgogna non potevo che scegliere un piatto in cui il vino fosse protagonista.

Il coq au vin, letteralmente gallo al vino è in realtà una ricetta contesa tra più regioni, Borgogna, Alsazia, Champagne e Auvergne.

 
Proprio dall’Alvernia proviene la leggenda secondo cui un capo della tribù degli Alverni, pur sotto assedio da parte dei Romani, mandò a Cesare un gallo combattivo ed aggressivo, come simbolo del coraggio dei Galli. Cesare, che non era privo di senso dell’umorismo, ma neppure di sarcasmo, gli restituì il favore inviatndolo a cena e servendogli il gallo cotto nel vino. Ora, non è questo il luogo più adatto a capire se i Romani utilizzavano questo tipo di cottura, ma certo con le carni tenaci di certi galli, era necessaria una lunga marinatura in un altrettanto forte vino rosso.
Per un galletto “moderno” o un pollo ruspante la marinatura di 48 ore pare forse un po’ eccessiva, ma di sicuro conferisce sapore ed aromaticità alle carni e contribuì a suo tempo a far diventare questo piatto uno dei preferiti dai francesi, anche da “esportare”.
Stendhal insegnò alla sua cuoca a preparare il coq au vin durante la propria permanenza in Brianza.
Georges Simenon, creò sul personaggio della moglie di Maigret la perfetta divisa dell’altrettanto perfetta cuoca casalinga francese, affibbiandole il coq au vin come sua ricetta meglio riuscita.

La ricetta: Coq au Vin (ricetta rivisitata da Oenoperwez)
 
ingredienti:
1 galletto tagliato a pezzi
1 bottiglia di vino rosso (per me Nebbiolo)
2 cipolle bianche (in origine cipolline o cipollotti)
100 g di pancetta
1 cucchiaio di zucchero
1/2 bicchiere di brandy
2 cucchiai di farina
1 spicchio d’aglio
1 bouquet garni (timo, maggiorana, salvia, alloro)
300 g di champignons
olio extravergine d’oliva
1 noce di burro
sale
pepe
 
Rosolare la pancetta in pentola con tre cucchiai d’olio. Aggiungere le cipolle tagliate sottili e farle dorare rimestando per 10 minuti. Togliere cipolla e pancetta dal fuoco e tenerle da parte.
Al posto di cipolla e pancetta mettere i pezzi di galletto e farli rosolare per bene, aggiungendo un filo d’olio. Da parte riscaldate il vino con un cucchiaio di zucchero.
Quando il galletto è rosolato, salare e pepare e versarci un bicchiere di brandy e fiammeggiare, poi togliere dalla pentola anche la carne.
Sul fondo della pentola mettere a questo punto la farina, facendo leggermente imbrunire, poi mettere i pezzi di carne e il vino caldo. Aggiungere lo spicchio d’aglio schiacciato e il bouquet garni coprite e lasciate cuocere a fuoco bassissimo per un’ora.
Nel frattempo pulire gli champignons, tagliarli in quarti e farli rosolare in una noce di burro.
Aggiungere al galletto la pancetta, la cipolla e gli champignons e continuare la cottura per ancora circa 20 minuti.

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Brasato di maiale della Stiria

Questo mese, per l’Abbecedario Culinario dell’Unione Europea, ospitato da Torte e Dintorni, abbiamo fatto un viaggio in Austria
Ne approfitto per ricordarvi che da lunedì 10 tocca a me ospitare l’Abbecedario Culinario, con un dolce che non è stato semplicissimo riprodurre in casa…quindi fate un salto da queste parti!
 
Per l’Austria mi sono ingegnata a cercare una ricetta che non fosse il solito strudel (che peraltro adoro!), sono incappata in dolci deliziosi, come la Linzer Torte o quel pasticcio di bontà che deve essere la Kaiserschmarren…ma di non soli dolci vive l’uomo (e la donna), e visto che per S.Valentino e poi Carnevale ho in programma di pubblicare sul blog diversi dolcini deliziosi, ho pensato di optare per un piatto salato. Ho scovato questa ricetta proprio sul sito turistico dell’Austria
La ricetta proviena dalla regione della Stiria, il cuore verde della nazione, una regione montuosa e ricca di boschi situata nella parte sud orientale del paese, al confine con la Slovenia ed un tempo unita ad essa. Il suo capoluogo, Graz, è la seconda città più popolata dell’Austria, con una storia antichissima che risale al Medioevo, ma con una fondazione addirittura romana. Spesso bersaglio di invasioni per la sua posizione strategica nelle rotte commerciali, ha una collina sopraelevata dove si situa il suo castello, lo Schlossber, con la torre dell’orologio e una visuale privilegiata su tutta la città. Graz è dal 1999 Patrimonio dell’Umanità dell’ Unesco e dopo Vienna, sicuramente un luogo da visitare.
La ricetta che ho scelto è tradotta in inglese e francese, rispettivamente, Styrian Pot Roast o Porc Braisé; esaminando però il procedimento la carne sembra più bollita che brasata.
Ho quindi apportato delle modifiche al procedimento rispettando tutti gli ingredienti. Ultima curiosità: vedete le mele nella ricetta? La Stiria è la regione che produce più mele in tutta l’Austria, esistono addirittura una “Strada delle Mele” che si snoda tra coltivatori e produttori di eccellenza e molti Apfelmänner, ossia esperti di mele che, in abito tradizionale e seguendo un rituale rigorosissimo, producono l’Abacus, famoso distillato stiriano a base di mela.

La ricetta: Brasato della Stiria (ricetta tradotta e modificata a partire da Johann Lafer – Meine Leibspeisen aus Österreich)

ingredienti per 4 persone:
500 g di carne magra di maiale (filetto o schiena)
3 carote
2 coste di sedano
100 g di sedano rapa
1 porro
3-4 bacche di ginepro 
1 peperoncino essiccato
3 spicchi grossi d’aglio
3 rametti di timo
1 rametto di prezzemolo
500 g di patate
sale pepe zucchero
25 g di rafano
1 mela
il succo di 1/2 limone
olio extravergine di oliva
1 cucchiaino di burro
cumino q.b.
1 cucchiaio di farina
Preparare un brodo con 1,5 l di acqua, 2 carote, le coste di sedano e un pezzo di porro, un cucchiaio d’olio e 1 cucchiaino di sale.
Da parte tagliare a pezzettini il restante porro, il sedano rapa, la carota; sciacquare la carne.
In una casseruola dal fondo spesso mettere un giro d’olio e far rosolare per quache istante  l’aglio, il porro con il peperoncino e lebacche di ginepro schiacciate. Aggiungere la carne a pezzo intero o in due pezzi e far sigillare da tutti i lati. Coprire con il brodo e lasciar cuocere a seconda della dimensione della carne (a me è bastata un’ora). A dieci minuti dalla fine della cottura aggiungere alla carne il sedano rapa e la carota, prelevando anche quella bollita. Tenere la carne e le verdure sempre coperte di brodo.
Mentre la carne cuoce preparare le patate: pelarle, tagliarle in quarti e deporle nel brodo che sobbolle per 20 minuti, poi scolarle e tenerle da parte.
Preparare la mela con il rafano, tagliando entrambi a striscioline minute e condendoli con succo di limone, sale, pepe e un cucchiaino di zucchero di canna.
Quando la carne è pronta, prelevarla dal brodo di cottura e tagliarla a fette sottili. Filtrare il brodo rimasto e farlo raddensare con poca farina o maizena.
Ultimare la preparazione delle patate, passandole in padella con il burro e i semi di cumino e facendole rosolare qualche minuto.
Impiattare la carne con le verdure, aggiungendo le patate al cumino e nappando con il fondo di cottura raddensato e bollente. In cima aggiungere le striscioline di mela e rafano condite.

Con questo brasato partecipo alla puntata di Abbecedario Culinario dedicato all’Austria.

http://abcincucina.blogspot.com.es/2012/12/benvenuti-in-europa.html

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Polpettine di salsiccia e mela con salsa agrodolce

Questa ricetta è una rivisitazione di una ricetta de La Cucina Italiana di gennaio 2012.
Io ho utilizzato della salsiccia in proporzione minore alla carne tritata che era prevista per la ricetta, ed ho aumentato la quantità di pane ammollato nel latte. Ovviamente trattandosi già di una carne grassa ho omesso mortadella e pancetta previste nella ricetta originale. Per quanto riguarda le mele ho usato delle Golden, che ben si prestano alle preparazioni salate, sia per la loro dolcezza ed assenza di acidità presente ad esempio nelle mele granny, sia per la buona consistenza, al contrario di alcune mele rosse. Ho preferito una cottura in forno infine, invece della frittura.
La salsa, copiata dalla ricetta originale, è davvero da provare: il giusto grado di agro e la giusta dolcezza senza essere stucchevole, secondo me starebbe benissimo anche accanto a della carne grigliata.

La ricetta: Polpettine di salsiccia e mela con salsa agrodolce
250 g di salsiccia
60 g di pane raffermo
1 bicchiere di latte
2 mele Golden
100 g di aceto (bianco o di mele)
50 g di zucchero
alloro
ginepro
peperoncino
1/2 bicchiere di brodo vegetale (o di bucce di mela)
sale
pepe 
per impanare le polpettine farina, uovo, pangrattato
Tagliare una mela a cubetti di un centimentro di lato e saltarla in padella con un filo d’olio per 4 minuti.
Sbriciolare la salsiccia e, in un recipiente capiente, mescolarla con i dadini di mela e con il pane, precedentemente fatto ammollare nel latte. Aggiustare con un spolverata di pepe.
Far riposare e insaporire questo composto dieci minuti, poi formare le polpettine, piccole come grosse noci. Passarle nella farina, poi nell’uovo sbattuto ed infine nel pangrattato. Disporle in una teglia da forno larga su carta da forno precedentemente oliata.
Infornare in forno già caldo a 190°finchè non sono dorate, rigirando da tutti i lati.
Preparare la salsa: in una casseruola mettere 80 g di aceto e 50 g di zucchero; far caramellare, poi aggiungere altri 20 g di aceto, 2 foglie di alloro, 2 bacche di ginepro pestate e peperoncino essiccato.
Aggiungere una mela tagliata a pezzetti e poi bagnare con il brodo vegetale. Quando le mele cominceranno a disfarsi la salsa sarà pronta: togliere le bacche e le foglie di alloro e frullare il tutto.
Ho servito con l’accompagnamento di un’insalata di radicchio.

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La carne bovina di razza piemontese

Vi ho già parlato della giornata del 14 settembre dove, a Busca, ho potuto partecipare alla Sagra del Toro allo Spiedo e al press tour ad essa dedicato.
Questa volta, però volevo lasciare qualche nota in più riguardo alla carne di Razza Piemontese.
In casa consumiamo decisamente poca carne, ma ci piace e, proprio perchè il consumo è così selettivo, vogliamo scegliere il meglio. 
Conoscere tutte le caratteristiche della razza bovina piemontese ci ha aiutato in questo senso e abbiamo definitivamente capito la fortuna di avere una vera eccellenza ad un passo da casa.
Mi sono innanzitutto documentata sulle varie razze ed ho scoperto che è la Piemontese la razza bovina più diffusa in Italia, un tempo utilizzata anche per il latte e per il lavoro nei campi, ed oggi essenzialmente per la carne.
Per la loro conformazione i bovini di Razza Piemontese hanno una resa di carne superiore alle altre razze, grazie alla ridotta dimensione delle ossa e al basso contenuto di grasso di copertura e tessuto connettivo.

Durante la visita di un allevamento tipico della zona di Busca, ci è stato spiegato che i bovini piemontesi hanno bisogno, per la loro corretta crescita, di stalle di tipo tradizionale, quelle che vediamo nelle immagini sono strutture risalenti agli anni ’20 del XX secolo. L’ambiente deve essere tranquillo e silenzioso e già questo fa capire che un allevamento di tipo intensivo non potrebbe conciliarsi con la salute di questi animali.

I controlli sono rigorosissimi anche per quel che riguarda il tipo di cibo che viene somministrato agli animali e solo dopo una lunghissima serie di controlli la carne si fregia del marchio COALVI, consorzio di protezione della razza piemontese.

Ma non è finita perchè l’etichetta con tutte le informazioni sulla carne, accompagna il prodotto sezionato fin sulla nostra tavola. Dalle informazioni presenti sulle etichette, nei preconfezionati, o leggibili sugli scontrini, possiamo sapere esattamente da dove proviene la nostra bistecca.

Per prevenire le polemiche vi confesso che è sempre difficile parlare di carne, poichè il modello di vita vegetariano è sempre più diffuso. Io ho il massimo rispetto per questo tipo di scelta e limito al massimo, per ragioni ambientaliste, il mio consumo di carne, che in media è di una o due volte alla settimana. Però è importante poter scegliere un prodotto che sappiamo provenire da bovini che hanno vissuto la loro vita nelle migliori condizioni possibili per ciò che riguarda pulizia, tranquillità e spazio vitale.

Nella carne di Razza Piemontese sono poi presenti altre virtù.

Innanzitutto una bassa presenza di grassi

L’indice aterogenico, indicatore delle probabilità della comparsa di ateroscelosi, è per la carne di razza piemontese paragonabile a quello di alcuni tipi di pesce, come l’orata selvatica, il caviale e la trota fario.
Per quanto riguarda il colesterolo i dati sono piuttosto bassi in tutti i tagli di carne, tutti sotto i 62mg/100g di carne e per il sottofiletto, perfetto per le bistecche, cala a 48,8mg/100g di carne.

Naturalmente un grande ringraziamento va a TerraViva che mi ha permesso di scoprire tutte queste informazioni. 
Con queste indicazioni in più spero che diventi più semplice scegliere il meglio, sempre limitando il consumo di carne a quella di ottima qualità e scegliendo un’alimentazione quanto più possibile varia e ricca di verdure e cereali.

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Insalatina di petto di tacchinella al profumo di agrumi, con il mandarino Pepino

La primavera quest’anno si sta facendo attendere e sinceramente la voglia di cucinare piatti più freschi e leggeri comincia a farsi sentire. Così ho approfittato di una rara giornata asciutta, in questo inizio aprile di pioggia battente, per preparare una fresca ed aromatica insalata di petto di tacchino, con il profumo di erbette aromatiche e agrumi. 
Il tocco in più è dato, naturalmente, dal mandarino Pepino, il sorbetto di mandarino, racchiuso in una vera scorza di mandarino. 

Assaporandolo da solo si trova nel cucchiaio un’esplosione di mandarino, come mangiare il vero frutto, con la stessa dolcezza e le note agrumate, ma in una consistenza vellutata; di complemento ad un piatto salato si è rivelato davvero sorprendente!

La ricetta: Insalatina di petto di tacchinella al profumo di agrumi, con il mandarino Pepino.
200 g di petto di tacchinella
1 limone
1 arancia
1 mandarino Pepino
salvia, timo, alloro
1/2 cipolla
1/2 carota
1/2 patata
olio
sale
pepe
1 cucchiaino di maizena
Per prima cosa ho preparato il brodo con le verdure, le erbe aromatiche, sale e olio. Quando il brodo era aromatico al punto giusto, vi ho fatto lessare il petto di tacchino per alcuni minuti.
L’ho lasciato raffreddare nel suo brodo, poi l’ho affettato finemente.
Ho mescolato il succo di mezzo limone, di mezza arancia ed alcuni cucchiai di brodo, aggiustanto di sale e pepe. Ho aggiunto un cucchiaino di maizena e rimesso il tutto sul fuoco, mescolando con cura, per non formare grumi. Raggiunta una consistenza di salsa, ho spento il fuoco ed aggiunto un cucchaio di sorbetto al mandarino Pepino. Ho distribuito questa salsina sul tacchino a striscioline aggiungendo un poco di timo e un filo d’olio evo crudo ed ho lasciato insaporire per una mezz’ora. Ho poi portato in tavola, decorandoil piatto con piccole palline di sorbetto al naturale e la scorza del mandarino. 

 
Aggiornamento: scopro solo ora chi è Ivana Di Martino e il suo ambizioso progetto di una corsa lungo tutto lo stivale, 21 mezze maratone in 21città italiane in 21 giorni consecutivi, per far sentire la propria voce a tutte le donne vittime di violenza che non riescono ad alzare la testa e a tutte coloro che hanno un sogno e non il coraggio per provare a realizzarlo. 
La tappa di Torino partirà domani alle 11 da piazza Carignano, quindi se volete approfittarne per mangiare un mandarino da Pepino e poi conoscere questa donna straordinaria, sapete dove andare.
I fondi che riuscirà a raccogliere, tolte le minime spese di viaggio, verranno devoluti a DoppiaDifesa.
Sul blog 21 Volte Donna dove racconta giorno per giorno questo viaggio.
Se volete leggere qualcosa di più su questa donna e sulla sua sfida, potete cliccare qui.
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Polpettine di tacchino in zuppetta di verdure e mela al curry

Questa ricetta merita davvero di essere divulgata perchè è uno dei curry migliori che io abbia mai mangiato!
La ricetta originale l’ho trovata su La Cucina Italiana di questo mese ed io ho apportato alcune leggere variazioni, ma solo marginali, mantenendo la sostanza: avevo del tacchino, al posto del pollo, ed ho usato il mio solito procedimento per le polpettine, abbondando con il pangrattato e usando il latte normale al posto di quello di cocco; ho usato il radicchio, con cui ho sostituito la verza, ottenendo anche un buon contrasto tra l’amaro dell’indivia e il dolce della mela. In ultimo il tipo di spezia indicato nella ricetta originale era garam masala in pasta, io ho usato una miscela in polvere.
Perfetto per questa stagione è un piatto pieno di calore e sostanza, pur essendo piuttosto povero di grassi, cosa che ci piace molto!!
La ricetta:  Polpettine di tacchino in zuppetta di verdure e mela al curry.
400 ml di brodo vegetale (cipola, carota, sedano e foglia di alloro)
1/2 cespo di radicchio lungo trevisano
250 g di petto di tacchino
1/2 bicchiere di latte
pangrattato
1/2 uovo sbattuto
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
1 mela (la mia era una rossa Gala)
olio evo
mild curry in polvere
Ho preparato il brodo vegetale. Nel frattempo ho tritato al coltello la carne di tacchino e l’ho mescolata in una terrina con il latte, un pizzico di sale, l’uovo e tanto pangrattato da formare un composto lavorabile.
Ho tagliato mezza cipolla a julienne e l’ho messa ad appassire in un paio di cucchiai d’olio, aggiungendo poi il radicchio tagliato a striscioline e facendolo poi stufare con un poco d’acqua.
Ho tagliato a dadini la mezza cipolla restante, la carota e il sedano e ho rosolato il tutto in una casseruola, con un giro di olio evo. Ho poi aggiunto anche la mela tagliata a dadi. Dopo qualche minuto ho aggiunto 1 cucchiaino di curry in polvere e il brodo vegetale. Ho lasciato cuocere per 10 minuti finchè non era tutto ammorbidito e il liquido si era ristretto, poi ho passato al frullatore.
Nel radicchio appassito ho aggiunto le polpettine di tacchino. Le ho formate del diametro di circa 2 cm e le ho direttamente buttate in padella.
Dopo un paio di minuti le ho immerse nella zuppetta di curry ed ho lasciato completare lì la cottura per circa 5 minuti.
Ho versato in ciotole dai bordi alti, completando con il radicchio stufato a cui avevo aggiunto una spolverata di sale.
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