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Pumpkin pie per la Festa del Ringraziamento Il dolce più tradizionale della Festa del Ringraziamento

Cade ogni quarto giovedì di novembre da ogni anno dal 1621. Read more

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Canelés bordelais I dolcetti di Bordeaux con tanti tuorli

Secondo episodio della rubrica sui dolci francesi: questa volta vi racconto dei Canelés Bordelais, questi dolcetti sono talmente belli che, dopo averne assaggiato la consistenza particolare, e aver verificato che sono pure deliziosi, è impossibile non pensare di rifarli,  con l’obiettivo primario di fotografarli. Read more

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Piccole tartelettes Bordalue In rue Bordalue a Parigi verso la fine del XIX secolo...

tarte bordalue
 Da un po’ avevo in testa di iniziare una rubrica sui dolci francesi.

Quando sono stata a Parigi, a marzo, era la prima volta che ci andavo da foodies golosona… probabilmente per questo motivo durante la visita precedente non avevo realizzato che Parigi è un’enorme pasticceria a cielo aperto. Read more

Piccole tartelettes Bordalue In rue Bordalue a Parigi verso la fine del XIX secolo..." class="facebook-share"> Piccole tartelettes Bordalue In rue Bordalue a Parigi verso la fine del XIX secolo..." class="twitter-share"> Piccole tartelettes Bordalue In rue Bordalue a Parigi verso la fine del XIX secolo..." class="googleplus-share"> Piccole tartelettes Bordalue In rue Bordalue a Parigi verso la fine del XIX secolo..." data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2015/05/mini-bordalue-tarte_5_quad_ev-740x660.jpg" class="pinterest-share">
ai fornelli, lievitati, pane&co, ricette tradizionali

Pane carasau e frattau per Informacibo, la Cucina Italiana nel Mondo

 

Tutta presa dalla smania di fare mammagatta, sono stata un po’ lontana dal blog e quindi mi trovo a dover rincorrere i tempi per partecipare ai contest che avevo segnato in agenda.

Assolutamente non potevo mancare all’appuntamento con il contest Bloggalline in collaborazione con Informacibo, per far conoscere La Cucina Italiana nel Mondo in vista dell’Expo 2015.
 
Ho scelto un pane – e di conseguenza un piatto – che mi ricordasse da dove vengo. Ho rispolverato le mie origini sarde e mi sono buttata, senza remore, nello sperimentare questo pane che mi ricorda le estati al mare di quand’ero ragazzina. Compravamo quello morbido, non ripassato in forno. Lo farcivamo di tonno o di formaggio e pomodori a fettine e poi lo arrotolavamo su se stesso, come se fosse un kebab. Lo adoravo; soprattutto adoravo quelle bollicine scure che vengono solo con il calore del forno a legna e che purtroppo non sono riproducibili con il forno di casa.

Per il contest ho preparato il pane e, dopo un primo tentativo un po’ più stentato, l’ho visto gonfiare davanti ai miei occhi proprio come un palloncino. Ho poi elaborato una ricetta tradizionale, il pane frattau, che fa ritornare morbido questo pane, bagnandolo con il brodo e insaporendolo con sugo di pomodoro e pecorino semistagionato, e di solito coronandolo con un bell’uovo in camicia.
 
Il termine carasau significa “biscottato”, ovvero cotto due volte. Le forme di pane, sottilissime, vengono impilate frapponendo tra loro uno strato di tela di lino o di lana, chiamato pannos de ispica o tiazas, poi vengono cotte ad una ad una in forno a legna, finchè il calore non le fa gonfiare come palloncini. Vengono poi estratte dal forno e divise in due strati, con un coltello molto affilato, badando agli sbuffi di vapore bollente che esce all’istante. I due sottilissimi strati ottenuti vengono ripassati in forno a legna fino a diventare croccanti. 
L’eliminazione di ogni umidità permetteva una lunghissima conservazione e, cosa molto più difficoltosa con un pane normale, il sottile strato poteva essere reidratato con brodo o acqua per permetterne il consumo ai pastori che seguivano le loro greggi per mesi, senza mai tornare alla civiltà.
 
Fin qui ho descritto la procedura molto semplicemente, ma in realtà il rituale di produzione di questo pane coinvolgeva molte donne in una sorta di catena di montaggio con un nome preciso per ogni operazione che veniva compiuta.
S’inthurta, la fase che prevede l’impasto vero e proprio della farina con l’acqua dove è stato sciolto il lievito; la fase del cariare o hariare, ricorda l’aratura per la violenza con cui il pane viene impastato sul tavolo, anche molto a lungo finchè non diventa liscio ed omogeneo; poi il pane deve pesare, ovvero alzarsi, lievitare, in speciali conche di terracotta; sestare significa dividere: l’impasto viene suddiviso inporzioni uguali e poi messo nuovamente a riposare per completare la lievitazione. 

Illadare significa stendere: le porzioni di impasto lievitato vengono appiattite con le dita e poi stese in cerchi – tundas – sottilissimi con l’aiuto di un piccolo mattarello. A questo punto ogni tunda viene depositata su una porzione di pannos de ispica che poi viene ripiegato sulla tunda stessa. I panni, che si conservano arrotolati, erano chiaramente tessuti a telaio ed arrivavano ad essere lunghissimi, anche dieci metri, per poter accogliere tantissime tundas e renderle trasportabili fino al forno a legna del paese.
Kokere è il momento della cottura, le tundas vengono deposte sul piano del forno a legna. Il forte calore le fa gonfiare e in questa fase diventano come palloni. Vengono tirate fuori dal forno e subito si sgonfiano. A questo punto un’altra donna si occupa di dividere le due metà, di fresare, una faccia sarà liscia, l’altra ruvida e rustica. Da notare che il verbo utilizzato per definire questa operazione evoca il nome delle friselle pugliesi, proprio perchè anche questi pani vengono divisi longitudinalmente a metà.
Le metà vengono poste sotto un peso, perchè non si curvino prima di essere nuovamente infilate in forno per pochi istanti; è la fase del carasare, ovvero della biscottatura. 
I pani dopo questa fase sono croccanti ed hanno perso ogni traccia di umidità che potrebbe farli ammuffire.
Qui un video bellissimo che illustra tutto il procedimento: 

 

[fonte per le fasi di preparazione: http://it.wikipedia.org/wiki/Pane_carasau]

 
Preparare questo pane in casa è possibile, pur scontrandosi con la difficoltà di un forno elettrico che non vi garantirà mai un risultato perfetto ma, vi assicuro, accettabile e molto soddisfacente. 
Le cose importanti che ho imparato sono tre:
1.  la stesura: deve essere davvero sottile; 
2.  la cottura: il forno caldo e chiuso fino al completo rigonfiamento; 
3. l’impilamento: bisogna schiacciare le forme divise in due con un peso, altrimenti i bordi si arricceranno e curveranno come è successo a me.
 
Non potevo che proporre anche un’idea di consumo per questo pane; il più tradizionale è il guttiau, insaporito solo con olio e sale, quello che vi illustro io è il frattau.
Il pane frattau, un tempo diffuso solo in Barbagia, è oggi diventato una prelibatezza per turisti. I suoi ingredienti semplici e la magia del pane spezzato fanno molto più di ricette complicate. 

 

 

 
La ricetta: Pane carasau e frattau
per il pane*:
250 g di semola di grano duro
140 g di acqua a temperatura ambiente
3 g di lievito di birra
3 g di sale 
 
per farlo diventare frattau:
pane carasau (1 sfoglia e 1/2 a testa circa)
300 ml di passata di pomodoro o polpa di pomodoro fresco a tocchetti
1/2 cipolla
sale
olio extravergine di oliva
erbe aromatiche
pecorino sardo tenero (una stagionatura che permetta di tagliarlo a fettine ancora umido, ma anche di grattugiarlo)
1 uovo in camicia a testa (per farlo in camicia potete seguire questo procedimento)Preparazione del pane: 
sciogliere il lievito nell’acqua, versarla nella farina e cominciare ad impastare, prima con una forchetta e poi con le mani. L’impasto sarà asciutto e compatto; aggiungere ancora il sale e lavorarlo a lungo sulla spianatoia, almeno dieci minuti o un quarto d’ora. 
Mettere l’impasto a riposare nella ciotola al riparo da correnti. Dopo circa un’ora riprenderlo e dividerlo in 4 panettini. Arrotondarli bene e metterli a lievitare al coperto, sotto una pellicola, ben spolverati di semola perchè non si attacchino al tavolo o alla pellicola che li copre.
Quando sono raddoppiati di volume si possono riprendere e si può iniziare a formare le tundas. Appiattire ogni panetto con il mattarello, schiacciando delicatamente e facendogli mantenere sempre una forma circolare. Il cerchio alla fine dovrà essere molto sottile e del diametro di circa 25-30 cm.
Stendere un canovaccio, spolverarlo di semola e deporvi il primo cerchio. Coprire con un altro canovaccio e procedere fino all’esaurimento dei panetti.
Accendere il forno a 220° e attendere il raggiungimento della temperatura. Infornare la prima tunda, l’ideale sarebbe su pietra refrattaria, ma anche una teglia calda va benissimo. Richiudere il forno ed attendere che il pane si gonfi, ci vorrà circa 1 minuto. 

***aggiornamento del 2 agosto: recupero dal cellulare la foto del pane in cottura…un palloncino perfetto!

 
Quando sarà ben gonfio aspettare ancora qualche secondo e poi estraetelo. In questo video Vittorio lavora a forno aperto, probabilmente il suo forno è molto più potente…quando io ho provato ad aiutare il pane a svilupparsi, come fa lui, ho ottenuto il risultato contrario…quindi sperimentate ma in linea di massima il forno deve restare chiuso. Mentre procedete con la cottura degli altri pani, iniziate a separare le due metà del primo, facendo attenzione al vapore che fuoriesce dall’interno. Una volta separate le due metà copritele con un canovaccio e schiacciatele con un peso.
A cottura ultimata procedete biscottando ogni cerchio per un minuto in forno caldo.

Preparazione del pane frattau:
preparate il sugo affettando finemente la cipolla, facendola dorare leggermente in due cucchiai d’olio ed aggiungendo poi la passata di pomodoro in conserva o fresca. Far cuocere ed insaporire il sugo e profumarlo con erbe mediterranee a piacere (basilico, maggiorana, timo, santoreggia…) 
Ammorbidire circa 1 cerchio e mezzo per ogni commensare, prima spezzettandolo grossolanamente e poi inumidendolo di brodo o di acqua. Non inzuppatelo, però, il pane deve mantenere consistenza!
Disporre nei piatti il carasau umido, coprirlo con il sugo di pomodoro, facendone un paio di strati ed aggiungendo qualche sottilissima fettina di pecorino fresco.
Completare con l’uovo in camicia e una grattugiata finale di pecorino.
Servire subito.

 
Durante la fase di spezzettamento le bricioline piccole di pane non vengono gettate ma conservate per essere inzuppate nel caffelatte a colazione!
 
*ricetta del pane rivista e rielaborata da qui
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Con questa ricetta partecipo al contest La Cucina Italiana nel Mondo, lanciato in collaborazione con Bloggalline e Informacibo!

 

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Gli appuntamenti di Ortinfestival: ce n’è per tutti i gusti.

Come anticipato qui, volevo raccontarvi qualcosa sui tanti appuntamenti di Ortinfestival alla Venaria Reale dal 30 maggio al 2 giugno, per invogliarvi a partecipare.
 
 
 
Il Potager in cui la manifestazione/esposizione si articola è una maglia quadrata di spazi tenuti a verde e completati con una collezione frutticola, orti, cereali, prato e fioriture, divertissement d’acqua e gallerie verdi. 
Immaginate in questo spazio una composizione regolare e studiata di:
varietà antiche di alcuni ortaggi, accanto al paniere dei prodotti agricoli tipici del Piemonte;
piante aromatiche, da quelle alpine, alla macchia mediterranea e quelle più esotiche; 
fiori eduli, dall’Italia e da altre latitudini, accanto a più di 50 nuove specie vegetali dal mondo che si sono adattate con grande successo ai nostri climi;
erbe spontanee, negli ultimi anni quasi dimenticate, che oggi riaffiorano nell’uso in cucina e cosmesi.
 
Per i pollici neri, però curiosi come me, ci saranno affascinanti visite guidate attraverso gli orti per imparare a riconoscere le diverse specie vegetali.
Per i pollici verdi, invece, ci saranno veri e propri workshop di orto, per costruirlo da sé, in vaso o nei cassonetti. 
Per i pollici neri che aspirano a diventare pollici verdi ci saranno basici corsi di alfabetizzazione orticola.
 
Come in ogni manifestazione che si rispetti non mancherà l’area dedicata ai piaceri del palato: si andrà dalla cucina d’autore di chef talentuosi e stellati, al BistrOrt, con cucina semplice del mercato e di stagione, ai Pop-up Kiosk, dove verrà servito al volo street-food in chiave “orticola“.
Sarà allestita un’area pic-nic, la iPlaid zone, per i dejeuner sur l’herbe o le merende sinoire, come vogliate chiamarle…
Infine non mancheranno gli showcooking e le cooking classes, con blogger, chef e autori gastronomici.
 
Nella filosofia green, i materiali di recupero verranno utilizzati per allestire orti verticali, sui tetti, sui terrazzi o sui davanzali urbani.
 
La Blogger-area sarà allestita con le tende eco-chic di Ferrino e per alcuni vi sarà la possibilità di pernottare all’interno dei giardini della reggia.
 
Infine l’area shopping riguarderà diverse categorie, dal verde (piante, tuberi, sementi), al food, al design e arredamento, al wellness e verranno presentati diversi Gruppi di Acquisto Solidale operanti sul territorio.
 
A completare il tutto ci saranno le performance degli artisti di strada e la presenza del partner d’eccezione di quest’anno, il Peru, che presenterà il rito andino della Pachamama, la Madre Terra, un tempo venerata dagli Inca e oggi da molte popolazioni autoctone del centro e sud America.
 
Vi saluto e vi dò appuntamento ad Ortinfestival con la mia semplicissima ricetta di dolce con le fragole. Mentre scrivo penso a molte amiche blogger che sicuramente saranno attratte da questo calendario così ricco ed allettante. La manifestazione aprirà alle ore 16,00 del 30 maggio e si concluderà il 2 giugno; per altre informazioni cliccate qui!
 
 
 
La ricetta: Pudding di fragole al profumo di lime

 

150 g di fette di pane integrale (il mio ai cereali preparato con Multicereali QB Molino Grassi)
20 g di burro
200 g di fragole mature
200 ml di latte intero
2 cucchiai di miele
1 uovo grande
1 cucchiaio di zucchero di canna + un po’
la buccia di un lime
 
Tagliare il pane a fette e poi a rettangolini. Lavare le fragole e tagliarle a pezzettini.
Far sciogliere il burro e spennellarlo sulle fette di pane.
In una pirofila disporre uno strato di pane e poi uno strato di fragole e continuare fino ad esaurimento degli ingredienti.
Scaldare il latte con il miele e la buccia gratugiata di un lime. Montare l’uovo con il cucchiaio di zucchero, poi miscelare questo composto con il latte e miele intiepidito.
Versare il tutto sulle fette di pane e fragole e lasciare assorbire, per circa 10 minuti, mentre il forno si scalda.
Infornare poi a 180°C fino a doratura delle fette di pane in superficie. Consumare tipiedo o freddo.
 
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6 settembre 2017
Ho provato una nuova versione di questo pudding: ho utilizzato 7 fette di plumcake all’uva passa, tagliate ancora a metà e disposte su una teglia rotonda di 20 cm di diametro. Ho sbattuto con 50 g di zucchero 2 albumi e 1 uovo intero, con la buccia di mezzo limone bio. Alle uova ho aggiunto 300 ml di latte di soia tiepido. Poi ho irrorato il pane all’uvetta con questo composto, disposto delle fragole surgelate sul tutto e fatto riposare per 10 minuti e poi infornato a 180°C per 30 minuti.
 
Eccolo qui:
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Hot Cross Buns Dalla tradizione inglese i famosi panini soffici con la croce

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Parliamo di Hot Cross Buns, che facevano già parte delle ricette che avrei voluto provare per la Pasqua di quest’anno. Si tratta di un lievitato, e già questo è un incentivo che da solo basterebbe, ma la spinta che mi dà proprio lo slancio è la ricchissima storia che questi piccoli panini semidolci si portano dietro.

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Le bugie che uniscono l’Italia… Il dolce di Carnevale più amato e conosciuto

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Forse e senza forse, le bugie sono il dolce carnevalesco più conosciuto e diffuso, tanto che tutte le regioni d’Italia ne hanno la propria versione e danno loro un nome tipico, caratteristico ed evocativo.
 

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Fritole venete, per un… Carnevale di Venezia Le frittelle veneziane con uvetta e pinoli dall'antica storia

Il quadro con cui si apre questo post è La venditrice di fritole di Pietro Longhi, dove una popolana veneziana, vestita di abiti dimessi, vende le frittelle carnevalesche a un signore ben vestito e dall’espressione decisamente poco simpatica, che sventola un grande fazzoletto con il quale, probabilmente, si proteggeva dai terribili miasmi che provenivano dai canali di una Venezia settecentesca.

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