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La merenda ottocentesca e il biscotto Garibaldi Al fondo la ricetta dei deliziosi biscotti Garibaldi con frolla ovis mollis

 

Esattamente due anni fa vi avevo parlato della mia merenda reale a Palazzo Chiablese.
Si trattava della rievocazione di una tipica merenda settecentesca con cioccolata calda, rigorosamente preparata con acqua calda, e bagnati, i caratteristici biscotti e dolcetti da inzuppo, che venivano serviti nel ‘700, nelle case nobiliari dove l’abitudine della merenda si stava diffondendo. Tazza nella mano sinistra e biscottino nella destra, queste occasioni mondane “casalinghe” duravano dalle 2 del pomeriggio fino alle 10 di sera. L’assortimento di dolcetti, preparati dai cuochi della Casa Reale e delle famiglie nobiliari che ospitavano la merenda, era notevole, dai savoiardi, i più antichi biscotti piemontesi, ai torcetti, ai canestrelli, ai baci di dama, alle immancabili meringhe. La serata si concludeva con un diablottino, l’antenato di tutti i cioccolatini.

 
 

La merenda che ho gustato due settimane fa si rifaceva, invece, ad uno stile ottocentesco.
Nei caffè torinesi si diffondeva il Bicerin*, bevanda a base di cioccolato, caffé e crema di latte, inventata da Giuseppe Dentis, alla fine del ‘700, nell’omonimo locale torinese che sopravvive ancor oggi. Nei caffè entravano ormai anche le donne, senza suscitare scandalo, all’uscita dalla messa, per rifocillarsi con qualcosa di caldo e sostanzioso e il rito del bicerin sembrava nato apposta: un bicchiere colmo di una bevanda calda e dolce e un biscotto per riempire lo stomaco. Il rito si diffonde a tutti i livelli sociali, accanto alla gran dama si trovava l’ambulante; accanto a qualche azzimato signore, faceva colazione la lavandaia: per questo a Torino si dice che il bicerin è democratico! Il costo era popolare, solo 15 centesimi e si poteva scegliere come comporlo: “pur e fiòr”, caffè e latte, “pur e barba”, caffè e cioccolato e infine “un po’ ’d tut”, composto dai tre ingredienti, il bicerin proprio come lo conosciamo ancora oggi.

 
 

I biscotti da accompagnare andavano dai più leggeri ai più sostanziosi: ancora dolcetti come i baci di dama o i torcetti, arrivati dalle panetterie delle valli montane; se ne diffondono di nuovi: il chifel, delizioso e leggero croissant importato dalla regina austriaca Maria Adelaide, il foré di meliga, i biscotti bicciolani di Vercelli, ricchi di spezie esotiche, il democratic e il parisien. Il garibaldin, altro non è che una fetta di pane e burro, mentre il biscotto Garibaldi arriva dall’Inghilterra  per celebrare l’Eroe dei due mondi.
Pare che nel 1854 Giuseppe Garibaldi passò da Tynemouth vicino a Newcastle e gli inglesi decisero di dedicargli questo biscotto: due strati di pastafrolla al limone, e nel mezzo uva passa ammorbidita nel liquore (o più spesso ribes) e confettura di albicocche. Il biscotto Garibaldi è un grosso e lungo rettangolo, che si spezza poi in porzioni più piccole, si prepara con una frolla ovis mollis e viene fatto riposare almeno una notte, dopo la cottura: diventa più buono con il tempo!

Io vi lascio la ricetta, ma se passate da Torino non perdete l’occasione di gustarvi una #merendareale, senza prenotazione, e in molti caffé del centro o delle residenze reali: 10 euro per la settecentesca e 12 per quella ottocentesca. La cioccolata o il bicerin viene servito con una selezione di raffinati biscotti di pasticceria e un piattino, rispettivamente, di torroncini e diablottini, oppure di nocciolini di Chivasso e gianduiotti. Tutte le informazioni e i locali aderenti li trovate qui.

*della storia del bicerin e dell’omonimo locale torinese vi ho parlato diffusamente qui

La ricetta: Biscotto Garibaldi
150 g di farina
100 g di burro di ottima qualità
50 g di zucchero a velo
3 tuorli sodi
la buccia di un limone
1 pizzico di sale
60 g di uva passa
grappa per ammorbidire l’uva passa
confettura di albicocche

Preparare la frolla ovis mollis facendo sabbiare la farina con il burro freddo e lo zucchero, aggiungere i tuorli passati al setaccio, la buccia di limone e il sale, ed impastare rapidamente fino ad ottenere un panetto liscio ed omogeneo. Riporre in frigorifero per un’oretta.
Mettere ad ammorbidire l’uva passa nella grappa.
Dividere il panetto in due parti uguali e stenderle con il mattarello ad un’altezza di 3-4 mm. Riporre ancora in frigo per mezz’ora.
Stendere sulla prima sfoglia un sottilissimo strato di confettura, poi spargere l’uvetta scolata.
Scaldare il forno a 180°
Intanto coprire con la seconda sfoglia e schiacciare leggermente con il mattarello. Per creare una decorazione, passarvi sopra il dorso di una grattugia. Trasferire il tutto su una placca rivestita di carta forno. Tagliare i biscotti in lunghe strisce e separarle leggermente, o aspettare il dopo cottura.
Spennellare con bianco d’uovo e una spolverata di zucchero a velo ed infornare per circa 12-13 minuti, controllando che non scuriscano. Sfornare ed attendere che raffreddino prima di spostarli, perchè molto fragili.

 

 

 

 immagine di copertina: J. Beraud – La pasticceria – 1889

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