ai fornelli, ricette tradizionali

Tartiflette, e il calendario “La France à table”

Il nuovo anno comincia alla grande.
Lo scorso gennaio iniziavo timidamente ad usare questa reflex di seconda mano, con poche nozioni di base e, devo dire, una certa diffidenza… i primi scatti e poi 

P { margin-bottom: 0.21cm; }«no, no, no…non mi piace affatto

P { margin-bottom: 0.21cm; }» e il consueto rifiuto che le novità provocano in me, abitudinario segno di terra, con le radici ben affondate nel solido terreno, anche se il vento mi agita i capelli.

Eccoci ad oggi. 
La diffidenza si è trasformata in amore per questo strumento con cui amo giocare. Certo la strada è ancora lunga, inizio solo ora a prendere confidenza con la luce, quella del mio cortile, quella che entra in cucina verso l’ora di pranzo.
Questo è il primo frutto di questo percorso, ed insieme è un’idea per passare insieme tutto l’anno.
http://issuu.com/ricettedicultura/docs/la_france_a___table_-_calendario_20
P { margin-bottom: 0.21cm; }

Per
ogni mese troverete un piatto della cucina tradizionale francese
, cucinato e talvolta rielaborato da me, con una
piccola curiosità sulla sua storia; la ricetta invece sarà sul blog ogni 1° del mese.
Se
vorrete seguirmi nell’avventura, mi piacerebbe se provaste a
reinterpretare il piatto del mese, a modo vostro, tutte le volte che la
ricetta vi ispirerà
. Se l’avete già cucinato in passato segnalatemi nei commenti la vostra versione…così potrò creare per ogni ricetta una
personalissima raccolta di versioni diverse.
Eccoci alla ricetta del mese di gennaio.

Perdonatemi se dopo i bagordi di Natale e Capodanno non pubblico un piatto detox. D’altronde siamo a gennaio, fuori fa freddo, ed è il momento giusto per i caldi piatti della cucina di montagna.

La tartiflette è un piatto nato negli anni ’80, messo a punto dal Syndicat Interprofessionnel du Reblochon, per promuoverne la vendita e l’utilizzo. I francesi dell’Alta Savoia probabilmente non l’avevano mai mangiata prima e se la sono trovata davanti, riproposta in tutti i ristoranti d’alta quota, posti ai limiti delle piste da sci.

Il Reblochon, per contro, è un formaggio molto antico; pare sia stato prodotto in Alta Savoia, in particolare nella zona del massiccio dell’Aravis, già dal XIII secolo, e la storia racconta che la sua “invenzione” sia legata ad una furberia degli allevatori.
Essi dovevano pagare un affitto, per gli alpeggi che occupavano, che era calcolato proporzionalmente in base al latte prodotto. Il giorno in cui era stabilita la misurazione delle “quote latte” essi mungevano un po’ di meno le proprie mucche, per ingannare il proprietario sulla quantità di latte che potevano produrre. Quando i proprietari, concluse le misurazioni, si allontanavano, gli allevatori effettuavano una seconda mungitura, anticamente detta il re-blochait: con questo latte producevano questo formaggio.
Nel 1958 il Reblochon ottiene la AOC, oggi trasformata in AOP, appelation d’origine protegée.
Si tratta di un formaggio a latte crudo, con una pasta morbida color avorio e una crosta dalle sfumature giallino-arancio. Ha un odore molto intenso, come molti formaggi di questa tipologia.
Ne esistono due qualità: il Reblochon latier, prodotto da più partite di latte, e il Reblochon fermier,  più pregiato, perchè prodotto dal latte di una sola fattoria. Inoltre il Reblochon può essere prodotto solo dal latte di alcune razze bovine: Abbondanza, Tarina e Montbéliarde.
Nella stagione dell’anno in cui le vacche sono in alpeggio e si nutrono di erbe, il sapore del Reblochon prodotto è arricchito dagli aromi dei fiori di montagna e dell’erba fresca e grassa dell’estate.
Come spunto per l’elaborazione della tartiflette, dal nome  patois della patata, la tartiflà, è stata scelta un’antica ricetta tradizionale, la pelà: si trattava di patate tagliate a grossi cubi, di solito senza togliere la buccia, e rosolate in padella con cipolla e pancetta, ricoperte poi da Reblochon e fatte cuocere a lungo finchè il formaggio non era sciolto e dorato e il cuore delle patate ben cotto. La preparazione prende il nome dalla padella in cui veniva cotta, la pelà, appunto, una grossa padella con un lungo manico.
Nella tartiflette troviamo gli stessi ingredienti, ma le patate sono prima lessate in acqua, poi sbucciate e tagliate a rondelle. Vengono alternate a strati di cipolla e pancetta e ricoperte infine da uno strato di Reblochon, che in forno andrà a sciogliersi, mentre gli strati si fonderanno ed insaporiranno.
Questo piatto è di una semplicità disarmante e per questo è così buono.

La ricetta: Tartiflette
(per due persone)
2 patate medie
1 grossa cipolla
50 g di pancetta  
circa 1/3 di una formetta di Reblochon
olio evo
sale, pepe
Far lessare le patate in acqua, già sbucciate e tagliate a rondelle, per qualche minuto in modo che si ammorbidiscano, ma restino sode.
Nel frattempo tagliare finemente la cipolla e farla ammorbidire, senza che scurisca, in un paio di cucchiai d’olio. Quando hanno assorbito l’olio, aggiungere la pancetta tagliata a cubetti e mescolare per qualche minuto, a fuoco vivace, assieme alla cipolla.
In due cocottine da forno ho messo le patate a strati intervallati da cipolla e pancetta. In cima ho completato con fettine di reblochon, con tutta la buccia, fino a coprire completamente le patate sottostanti.
Ho infornato a 180° per circa 20 minuti, fino a doratura.

Ed ora che aspettate a provarla?

L’hanno reinterpretata:
Irene di Stuzzichevole: con la verza e la fontina.






 

ai fornelli, Natale, primi piatti, ricette tradizionali, storia & cultura

Canederli: la tradizione sbarca sulla tavola del Natale Gli gnocchi di pane tipici dei paesi di lingua tedesca

Vi presento i canederli, creature mitologiche metà gnocco e metà polpetta, che al primo assaggio vi conquisteranno in modo definitivo.

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Canederli: la tradizione sbarca sulla tavola del Natale Gli gnocchi di pane tipici dei paesi di lingua tedesca" class="facebook-share"> Canederli: la tradizione sbarca sulla tavola del Natale Gli gnocchi di pane tipici dei paesi di lingua tedesca" class="twitter-share"> Canederli: la tradizione sbarca sulla tavola del Natale Gli gnocchi di pane tipici dei paesi di lingua tedesca" class="googleplus-share"> Canederli: la tradizione sbarca sulla tavola del Natale Gli gnocchi di pane tipici dei paesi di lingua tedesca" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2013/12/canederli_3_w-1.jpg" class="pinterest-share">
ai fornelli, ricette tradizionali

Le paste di meliga con il Pignoletto Rosso di Giaveno Un mais antico riportato al successo

La farina di mais nei biscotti regala sempre un po’ di croccantezza e rustico in più.

 

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Le paste di meliga con il Pignoletto Rosso di Giaveno Un mais antico riportato al successo" class="facebook-share"> Le paste di meliga con il Pignoletto Rosso di Giaveno Un mais antico riportato al successo" class="twitter-share"> Le paste di meliga con il Pignoletto Rosso di Giaveno Un mais antico riportato al successo" class="googleplus-share"> Le paste di meliga con il Pignoletto Rosso di Giaveno Un mais antico riportato al successo" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2018/09/meliga_4_w.jpg" class="pinterest-share">
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Una giornata al Training Center Lavazza: un biscotto ispirato dal caffé!

Lavazza è in Italia e nel mondo sinonimo di caffè ed è una delle più grandi aziende della mia città.

Io mi ricordo delle campagne pubblicitarie con Nino Manfredi, i miei genitori ricordano certamente le lattine sottovuoto con l’apertura ad anello, e il caballero misterioso con la dolce Carmencita.
L’azienda nasce a Torino nel 1895 dallo spirito imprenditoriale di Luigi Lavazza, figlio di agricoltori ma con un’anima votata al commercio. Nel 1910, proprio dalla sua intuizione nasce il caffé in miscela, mentre i concorrenti si limitavano a commerciare le singole varietà. La miscela ha il meritato successo e la Lavazza si trasferisce nei locali più grandi di via San Tommaso.
Nel 1923 il caffè comincia ad essere venduto già confezionato, cosa che migliora la conservazione e il trasporto, e nel 1927 la Lavazza diviene Società per Azioni.
L’azienda supera le difficoltà di due guerre mondiali e del periodo di autarchia, e non smette di espandersi, fino a culminare con una vera e propria rivoluzione per l’epoca: la creazione dei sacchetti con il proprio marchio.
Nel 1950 il primo slogan pubblicitario è “caffè Lavazza, paradiso in tazza… e credo che i moderni pubblicitari prenderanno da qui ispirazione per le pubblicità televisive ambientate in paradiso.
A proposito di pubblicità, Lavazza collabora con lo studio Testa fin dal 1959.


Nel 1979 nasce il Centro Luigi Lavazza per gli Studi e le Ricerche sul Caffè, attuale Training Center, mentre nel 1982 l’azienda apre la prima filiale estera a Parigi.

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Nel 1993 la Lavazza abbraccia l’arte e nasce il primo calendario firmato da Helmut Newton.
Senza mai abbandonare la tradizione del caffè italiano con la moka, Lavazza ha percorso con entusiasmo la ricerca tecnologica per un sistema che faccia affezionare gli italiani anche all’espresso da casa.

La Lavazza Blue viene lanciata nel 2003 ed è solo il primo passo verso l’espresso da casa.
Nell’ottobre del 2007 nasce A Modo Mio: la macchina funziona con capsule predosate acquistabili al supermercato; se prima possedere una macchina da espresso era davvero uno status symbol, oggi  l’espresso da casa diventa davvero alla portata di tutti!
Ancora di più con il nuovo sistema

P { margin-bottom: 0.21cmÈspria, appena uscito sul mercato, dove il sistema  A Modo Mio è coniugato con un design davvero essenziale e misure ridottissime, che permettono di collocarla in qualsiasi cucina.

La visita al Training Center Lavazza, non è stata per me soltanto molto istruttiva, ma in un certo senso d’ispirazione. Non avete idea di quanto si possa nascondere in una tazzina di caffè! Una storia che si perde nella leggenda, dal pastorello etiope Khaldi fino ai giorni nostri; la sorpresa della tostatura, dal profumo di popcorn a quello di cioccolato; l’armonia di un flavour, sensazione simultanea di gusto, aroma e percezione tattile.

Un espresso di qualità si riconosce dalla tessitura della crema, l’aroma fruttato e tostato abbinato alla dolcezza e alla corposità e noi abbiamo provato a lasciarci condurre in un’approfondita analisi sensoriale
Siamo foodblogger, e il nostro senso principe è il gusto, quindi se all’analisi dei profumi abbiamo incontrato qualche difficoltà, gli abbinamenti di gusti ci hanno lasciate a dir poco entusiaste. 
Ogni miscela A Modo Mio è stata associata ad alcuni sapori/abbinamenti che ne valorizzano le note più aromatiche. 
Da lì all’idea di abbinarci un biscotto il passo è stato breve.
Così nasce questo biscotto divino, da abbinare all’espresso “Divinamente”, una delle selezioni particolari di A Modo Mio (in tutto troviamo ben 10 miscele, tra cui il decaffeinato e il caffé lungo).

Il gusto del dattero e quello del cioccolato fondente, risvegliano le stesse note presenti nella miscela, un espresso che viene descritto come <<vellutato, con gusto raffinato e cioccolato>>, e ricordano la medesima texture…perchè a volte solo il caffè non basta!! 😉

La ricetta: Biscotto morbido con cioccolato fondente e dattero per un espresso …divinamente A Modo Mio

ingredienti per 30-40 biscotti:

una ventina di datteri
2 cucchiai di grappa 
175g di farina 00
1/2 cucchiaino scarso di lievito in polvere 
140 g di cioccolato fondente (meglio al 70%)
 
45 g di burro
150 g di zucchero
 
2 uova grandi

Dividere i datteri a metà, togliere il nocciolo e metterli a bagno in acqua tiepida con la grappa.
Far fondere in un pentolino il burro con il cioccolato tagliato a pezzetti.
Sbattere le uova con lo zucchero con l’aiuto di una forchetta.
Quando si sarà intiepidito, aggiungere il burro e il cioccolato fuso, e mescolare bene. Poi aggiungere la farina addizionata del lievito, facendola ben assorbire all’impasto.
Riporre l’impasto in frigorifero per 1 ora e mezza.
Passato il tempo, scolare i datteri, che saranno diventati morbidissimi; inumidirsi le mani e formare una piccola biglia di impasto, del diametro di circa 2,5 cm, schiacciarla sul palmo della mano, mettere una metà dattero e ricoprire con un’altra biglia di impasto, senza schiacciare troppo, come per formare un sandwich e deporlo su una teglia foderata di carta forno.
In cottura il biscotto avvolgerà il dattero quasi completamente, lasciando intuire qualcosina del ripieno…
Ripetere l’operazione fino ad esaurire tutto l’impasto e i datteri.
Infornare ogni teglia per circa 12 minuti a 170°C.
Lasciar raffreddare completamente prima di gustare con la miscela Divinamente di Lavazza A Modo Mio.

ai fornelli, lievitati, lievitati-dolci, Natale, ricette tradizionali, storia & cultura

Lussekatter, i panini dorati di Santa Lucia I soffici panini nordici da preparare per il 13 dicembre

 Oggi pubblico una ricetta  di panini talmente buoni che non posso non dare anche a voi la possibilità di farli subito!!
Sono i panini che vengono preparati proprio oggi in Svezia, per essere gustati dopodomani, 13 dicembre, nella festività di Santa Lucia che, nel paese nordico, è il giorno che dà ufficialmente inizio ai preparativi per il Natale.

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Lussekatter, i panini dorati di Santa Lucia I soffici panini nordici da preparare per il 13 dicembre" class="facebook-share"> Lussekatter, i panini dorati di Santa Lucia I soffici panini nordici da preparare per il 13 dicembre" class="twitter-share"> Lussekatter, i panini dorati di Santa Lucia I soffici panini nordici da preparare per il 13 dicembre" class="googleplus-share"> Lussekatter, i panini dorati di Santa Lucia I soffici panini nordici da preparare per il 13 dicembre" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2013/12/lussekatter_1.jpg" class="pinterest-share">
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ConsuMare Giusto, un aiuto per scegliere il pesce giusto

Qualcuno, molto molto attento, avrà notato il simbolo di Consumare Giusto già da qualche mese presente nella colonna laterale.
http://www.consumaregiusto.it/
Con l’arrivo delle festività, probabilmente molti di noi sceglieranno di consumare del pesce nei pasti tradizionalmente “di magro” delle vigilie. Il pesce fa bene, ma non tutto il pesce può essere consumato a cuor leggero, considerando l’impatto che una pesca troppo aggressiva può avere nei confronti dell’ambiente. Per questa ragione diventa importante saper scegliere e Consumare Giusto ci aiuta a farlo.
Gli oceani sono considerati, per il senso di vastità che trasmettono, una risorsa inesauribile. Non è vero ed alcune delle specie ittiche che consumiamo abitualmente sono sull’orlo dell’estinzione o mettono a serio rischio l’equilibrio dell’ecosistema mare.
I gamberetti che durante le feste fanno bella mostra sui buffet, sono in realtà pescati, con un sistema che mette a rischio molte altre specie; il sistema di allevamento dei gamberi tropicali è dannoso per l’ambiente, sia per la diffusione di parassiti, sia per l’utilizzo di medicinali vietati in Europa, sia per lo sfruttamento delle popolazioni locali; il consumo di tonno è il più pressante del pianeta, rinunciarvi per un po’ in favore di altre specie non può che far bene; i tonni ingrassati e i salmoni si nutrono con una dieta carnivora e quindi non sono sempre una buona scelta a tavola; ostriche, cozze e vongole sono una buona scelta se provengono da allevamenti naturali.
Consumare Giusto fornisce uno strumento di facile consultazione per scoprire se il pesce che vuoi acquistare è la tua scelta migliore; inoltre organizza gruppi d’acquisto se nella tua zona non trovi un pescivendolo etico pronto a consigliarti sulla scelta migliore; inoltre sul sito trovate gli eventi, cene, conferenze e vendite di pesce, per restare sempre aggiornati.
Se l’argomento vi sta a cuore, a partire da queste feste, cominciate ad imparare a consuMare giusto!!

ai fornelli

Gnocchi di zucca con funghi orecchione e scaglie di Wensleydale Blue

Tra le varie ricette con la zucca, protagonista acclamata della mia tavola di ottobre e novembre, spiccano questi gnocchi, impastati con pochissima farina, in modo da non coprire il gusto dell’ortaggio e da non produrre uno gnocco troppo duro. Per cuocerli mi sono aiutata con due cucchiai e li ho formati gettandoli direttamente nell’acqua bollente con una sorta di precottura per un paio di minuti, poi li ho scolati con una schiumarola e deposti su un grande piatto piano, per poi finire la cottura in modo uniforme dopo averli sbollentati tutti.
Accanto ai funghi orecchione che, tagliati a listarelle sono perfetti da abbinare alla dolcezza della zucca, ho voluto mettere delle scaglie di Wensleydale Blue, un formaggio blu inglese pregiatissimo, e premiato in diverse manifestazioni, che ho avuto il piacere di assaggiare a Cheese2013.
La storia dice che il Wensleydale venne introdotto in Inghilterra da un gruppo di monaci-casari proveniente dalla zona del Roquefort in Francia. Ciò significa che i due formaggi potrebbero essere parenti, inizialmente prodotti entrambi con latte di pecora e poi di mucca a partire dal XIV secolo, per ciò che riguarda il Wensleydale. Il latte di pecora era ancora utilizzato in quanto favoriva la formazione delle particolari muffe blu; di contro la versione bianca era diffusa pochissimo, al contrario di ciò che avviene oggi.
La lavorazione di questo formaggio venne a tal punto acquisita dalle popolazioni locali che anche con lo scioglimento dei monasteri, durante la riforma anglicana, la produzione fu portata avanti.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la maggior parte del latte venne destinata alla produzione del tradizionale Cheddar, ma dopo la fine del conflitto si tornò a produrre il Wensleydale.
Attualmente la produzione di quello bianco è preponderante e il Wensleydale Blue è un prodotto di nicchia e per questa ragione pregiatissimo! George Orwell lo definì secondo solo allo Stilton tra i formaggi britannici, nel suo saggio “In Defence of English Cooking“.
Se vi è venuta la curiosità di assaggiarlo potete trovare la vendita online anche qui.
Non lasciatevi scoraggiare dal prezzo: è un formaggio premiato, paragonabile ai migliori formaggi italiani!

La ricetta: Gnocchi di zucca con funghi orecchione e Wensleydale Blue

(per 4 persone)
circa 500 g di polpa di zucca
150-200 g di farina 
1 uovo piccolo
200 g di funghi orecchione
50 g di Wensleydale Blue

Perchè la zucca sia ben asciutta occorre cuocerla in forno, a spicchi, finchè non è morbida. Una volta cotta, l’ho liberata dalla buccia, tritata e fatta asciugare in padella per qualche minuto con un filo d’olio.
Ho messo il tutto in una ciotola, ho fatto intiepidire ed ho aggiunto la farina e l’uovo. Può darsi che 150 g di farina sia sufficiente, altrimenti bisognerà aggiungerne un po’. L’impasto resterà comunque molto morbido.
Io preparo una pentola d’acqua, la porto ad ebollizione e regolo di sale, poi tuffo gli gnocchi, pochi per volta, formandoli con due cucchiai. Man mano che vengono a galla li scolo subito su un grande piatto piano.
Esaurito tutto l’impasto, verso di nuovo tutti gli gnocchi in pentola e faccio finire la cottura, prima di passarli in padella con il condimento.

Il sugo l’ho preparato in precedenza, rosolando un grosso spicchio d’aglio nell’olio, senza farlo scurire. Poi ho aggiunto i funghi, puliti e tagliati a lunghe listerelle sottili. Ho fatto insaporire ed ammorbidire, aggiungendo una spruzzata di vino e un poco d’acqua all’occorrenza. Infine ho regolato di sale.

Quando gli gnocchi sono cotti, passarli nella padella con i funghi; completare ogni piatto con le scaglie di Wensleydale Blue, tenuto in frigo fino all’ultimo.

ai fornelli, contest, dolci, torte

Torta di semola con polpa di pera e cardamomo Profumata, umida e golosa

Arriva ancora una ricetta per #Mangiare Matera, proprio poco prima della scadenza.
Mangiare Matera – Vero Lucano è nata per esprimere con i suoi prodotti la vera essenza di un territorio: dopo l’assaggio di ciò che è giunto fin qui, direi che ci sono proprio riusciti! Il pane, innanzitutto, che da semplice accompagnamento diventa ingrediente per mille altri utilizzi…e poi la pasta ruvida-ruvida-ruvida…e ancora le semole dal buon profumo che mi hanno affascinato tanto che, anche a contest terminato, arriveranno di sicuro altri utilizzi.
Ho concluso in dolcezza, con una torta rustica semplice e aromatica con il cardamomo che in infusione, durante la cottura delle pere, rilascia un profumo delicato. 
P { margin-bottom: 0.21cm; }L’interno del dolce resta umido e fragrante per diversi giorni, senza seccare, grazie alla polpa di pera inserita proprio nell’impasto.È una torta perfetta per accompagnare il té, soprattutto un té nero speziato, ma è resa fresca dalla salsa di pere che l’accompagna e può essere gustata anche da sola.

 
 

La ricetta: Torta di semola con polpa di pera e cardamomo
2 uova intere
280 g di purea di pere
110 g zucchero
40 g di burro
1 cucchiaino di lievito per dolci
 
per la purea di pere:
5 pere grosse
5 bacche di cardamomo
1 bicchierino di grappa
2 cucchiai di zucchero
1 bicchiere d’acqua
 
per rifinire:
zucchero a velo
cannella
 
Per prima cosa ho preparato la purea di pere. Ho messo le pere lavate, sbucciate e tagliate a pezzetti in un pentolino con l’acqua, la grappa, lo zucchero e i semi di cardamomo. Ho fatto cuocere finchè la pera non era morbidissima. Ho scolato dall’acqua in eccesso ed ho frullato il tutto; poi ho passato al setaccio, per ottenere una crema perfettamente liscia. Una parte di questa purea servirà per la preparazione della torta, la restante per accompagnamento.
 
Per la torta: ho lavorato le uova intere con lo zucchero, ho aggiunto poi il burro sciolto e intiepidito, 280 g di purea di pere e gradualmente la farina di semola rimacinata ed infine il lievito setacciato. 
Ho imburrato una teglia del diametro di 22 cm e vi ho versato l’impasto.
Ho infornato a 180°C per 35 minuti.
In superficie ho spolverato di zucchero a velo con una punta di cucchiaino di cannella.
 
Al momento di servire ho accompagnato la fetta con un cucchiaio abbondante di fresca purea di pere al cardamomo. 
 
Torta di semola con polpa di pera e cardamomo Profumata, umida e golosa" class="facebook-share"> Torta di semola con polpa di pera e cardamomo Profumata, umida e golosa" class="twitter-share"> Torta di semola con polpa di pera e cardamomo Profumata, umida e golosa" class="googleplus-share"> Torta di semola con polpa di pera e cardamomo Profumata, umida e golosa" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2013/11/torta-semola_pere_5_w-1.jpg" class="pinterest-share">
ai fornelli, ricette originali

Fagottini di platessa al profumo di erbe fini per #MangiareMatera

I prodotti di #MangiareMatera e VeroLucano non fanno che ispirarmi ricette molto semplici, dove gli ingredienti sono pochi e dal gusto equilibrato. Dopo l’Acquasala (o acquasale) lucana, ecco che arriva questa pasta ripiena, dove la sfoglia è a base di semola di grano duro della varietà pregiata Senatore Cappelli.
Il ripieno è delicato, composto di platessa e patate schiacciate, semplicemente condite con olio extravergine, sale ed erba cipollina sminuzzata.
Il condimento, volto ad esaltare il ripieno, è burro fuso, insaporito con erbette fini, ancora erba cipollina, maggiorana e timo, e aglio in polvere. La delicatezza della salsa e del ripieno permette di gustare pienamente il sapore intenso della sfoglia di granoduro.

Anche con questa ricetta partecipo al contest MangiareMatera con Teresa de Masi di Scatti Golosi!

La ricetta: Fagottini di platessa e patate al profumo di erbe fini

Ingredienti (per 2 persone)
per la sfoglia:
150 g di semola di grano duro Senatore Cappelli
acqua tiepida
1 pizzico di sale

per il ripieno:
circa 200 g di patate (pesate crude e con buccia)
2 filetti di platessa
1 cucchiaio di erba cipollina tritata
sale
olio extravergine d’oliva

per condire:
burro di alta qualità
erbette aromatiche miste: timo, maggiorana, erba cipollina
aglio in polvere

Preparazione:
Ho messo a lessare le patate sbucciate e i filetti di sogliola, poi ho schiacciato le patate e sminuzzato il pesce. Ho mescolato il tutto, regolando di sale ed aggiungendo l’erba cipollina e un filo d’olio.
Ho preparato la pasta, aggiungendo alla farina un pizzico di sale e acqua tiepida fino a formare un impasto morbido ma asciutto. L’ho lasciato riposare per mezz’ora coperto da una ciotola.
Ho steso la pasta ed ho creato tanti piccoli quadrati con il lato da 6 cm e su ognuno ho posto una pallina di ripieno. Per creare i fagottini è sufficiente unire tutte le punte del quadrato proprio al centro e poi sigillare i quattro lati.

Ho sciolto in padella il burro con le erbette, poi l’ho lasciato riposare ed insaporire mentre l’acqua per i fagottini prendava il bollore. Ho lessato i fagottini e poi li ho spadellati nel burro fuso e servito subito.